The love of a warrior

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Un ragazzino greco viene imprigionato durante la battaglia contro i soldati romani

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Un ragazzino greco viene imprigionato durante la battaglia contro i soldati romani.

Viene portato dritto nel Colosseo per far divertire il popolo di Roma, ma una divinità non riesce a starsene a guardare.

Il ragazzo ha l'amore per la guerra che brucia nelle vene...

Amore per il Dio della Guerra stesso al quale ha offerto tutta la sua vita e la sua anima al termine di essa.

Portato nella grande arena guardò gli uomini con il quale doveva combattere e non ebbe altra scelta che sopravvivere con le armi a sua disposizione: arco e frecce, spada e scudo.

Con le frecce eliminò svariati avversari per liberarsi la strada, ma sapeva che nello scontro corpo a corpo era svantaggiato e pensò: Ares, se vuoi la mia anima aiutami in questa battaglia...

Fu scagliato contro la parete poco distante e si ritrovò a carponi cercando di sopprimere il dolore che gli percorreva il corpo.

La spada era ancora stretta nelle sue mani, la fissò svariati minuti ed alla fine lo vide...

Lo stemma di Ares, il Dio della Guerra, brillava di luce scarlatta impresso sulla lama e con una forza del tutto nuova si rialzò e portò a termine quello scontro.

Privo di energia crollò in avanti, ma si ritrovò sorretto da forti braccia.

Guardò solamente i bracciali in metallo che circondavano i suoi polsi e capì chi fosse a sorreggerlo anche se non ne vedeva il volto: «Ares...»

«La tua fedeltà mi sorprende ogni volta» rispose lui tranquillamente comparendo completamente nell'arena nella sua forma umana.

Il ragazzo sorrise divertito: «L'amore per la guerra ed il suo Dio in me è più forte di qualsiasi altra cosa»

L'imperatore seduto sul suo trono urlò: «Nessuno deve interrompere i giochi!»

«Nessuno!» disse Ares con un tono di voce normale, ma che fece tremare le mura del Colosseo.

L'uomo sul suo trono si fece piccolo, piccolo ed il Dio della Guerra prese in braccio il ragazzo: «Si torna a casa, Kyros»

«Va bene...» rispose lui chiudendo gli occhi, legando le braccia al collo della divinità stessa che scomparve in un'accecante luce scarlatta.

Fecero la loro comparsa a casa del ragazzo stesso che sfinito dormiva tra le braccia del suo Dio.

Ares si guardò attorno per svariati minuti sorridendo e lo distese sul letto coprendolo per non fargli prendere freddo.

Non aveva molto da fare mentre attendeva il suo risveglio per questo contro ogni sua natura bellicosa si mise a preparargli qualcosa per recuperare le forze.

Al suo risveglio Kyros trovò Ares che metteva da mangiare a tavola e si mise seduto tra le coperte lasciandosi scappare un gemito di dolore.

«Tutto bene?» chiese perplesso mascherando in parte un ondata di preoccupazione.

«Si ho solo preso una brutta botta alla schiena» ammise lui lasciandosi andare ad un sorriso.

Ares annuì a quelle sue parole e s'accomodò a tavola come se niente fosse, il ragazzo lo raggiunse poco dopo e mangiarono tranquillamente.

«Cosa vorresti fare oltre al guerriero?» chiese il Dio della Guerra.

Kyros non ci pensò molto, aveva fatto secoli prima la sua scelta: «Se mi fosse concesso vorrei restare giovane e diventare immortale per servirti»

«Non ambisci ad avere una famiglia? Una moglie? Dei figli?» chiese perplesso il Dio della Guerra.

«Ho affidato il mio cuore e la mia anima solo a te, Ares. Nessun altro è degno di averlo» rispose il ragazzo tranquillamente terminando il suo pasto.

Ares l'osservò alzarsi e mettere le cose sotto l'acqua per poterle lavare, ma l'avvicinò posando il petto contro la sua schiena mettendogli al dito il suo anello: «Se mi chiami arriverò da te...» detto questo se ne andò com'era arrivato.

Kyros guardò l'anello e sorrise stringendolo la mano al petto: «Farò del mio meglio per renderti orgoglioso di me»

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