Capitolo 25

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~ Londra, Capodanno 1992 ~

Jasper vide le porte della sala operatoria chiudersi davanti a lui. Da quel momento non poteva fare altro che sperare che tutto andasse per il meglio: che Jane sopravvivesse e che Daisy nascesse sana e forte. In cuor suo, sapeva che le probabilità che Jane ce la facesse fossero poche, ma non voleva arrendersi al pensiero di vivere senza di lei. Era stato un anno meraviglioso e intenso e non poteva - non voleva - credere che fosse tutto finito.

Lentamente si diresse verso la sala d'attesa. Lì vide per la prima volta i signori Smith, terrei per la preoccupazione. Si tenevano per mano, Noah avvolgeva le spalle della moglie con un braccio e si costringeva a farsi forza per entrambi. Elenoire si passava un fazzolettino sugli occhi per asciugare lacrime che non smettevano di scorrerle via dagli occhi, rigandole le guance.

Jasper voltò l'angolo e si appoggiò al muro del corridoio, indeciso se mostrarsi a loro o meno. In quel momento aveva bisogno di qualcuno che capisse il suo stato d'animo, che condividesse le sue stesse preoccupazioni. In pratica, capì che aveva bisogno di quei due mondani per affrontare la situazione.

Disattivò la runa dell'invisibilità, fece un gran respiro ed entrò nella sala d'aspetto.

I signori Smith sollevarono contemporaneamente lo sguardo su di lui e la consapevolezza di chi avevano di fronte si materializzò nelle loro menti come un fuoco d'artificio appena esploso.

«Tu!» esclamò Elenoire, il volto contorto dalla rabbia e dal dolore. Scansò il braccio del marito dalle sue spalle e si alzò in piedi per fronteggiare Jasper.

«È colpa tua se mia figlia sta morendo!» gli gridò contro la donna.

Noah le si affiancò e le prese una mano. «Tesoro, non è colpa sua. Jane era già malata.»

«No!» urlò, liberando la mano. «Jane poteva vivere ancora! Aveva altro tempo davanti a sé!»

Jasper non riusciva a ribattere, era paralizzato dal dolore e non poteva fare altro che ammortizzare quei colpi verbali e guardare i mondani devastati dal suo stesso dolore.

Un paio di infermieri entrarono nella sala d'attesa, allarmati dalle grida della donna.

«Signora, va tutto bene?» chiese un giovane con occhiali spessi come fondi di bottiglia.

Elenoire scosse la testa, scoppiò a piangere e se il marito non l'avesse prontamente afferrata, sarebbe caduta a terra. L'infermiere aiutò Noah nel far sedere la moglie e si congedò promettendo di tornare con un calmante.

Jasper si azzardò a mettersi sulla sedia blu di fianco a quella della mondana e cercò le parole più giuste da dire, sempre se esistevano.

«Signora Smith, voglio che lei sappia che io amavo... che io amo sua figlia. Non voglio certo che muoia prima del tempo, ma Jane...» gli si spezzò la voce e chiuse gli occhi per qualche secondo. Il viso sorridente della ragazza gli comparve nella mente.

Sospirò e quando riaprì gli occhi vide che i due mondani lo stavano fissando.

«Jane mi aveva detto di aver superato il limite di tempo che le avevano dato i medici. Diceva che ogni giorno era un dono e che se avesse potuto scegliere, sarebbe stata fiera di dare la sua vita per un'altra, per Daisy. Era il modo migliore per andarsene ed era felice di sapere che una parte di lei avrebbe continuato a vivere in sua figlia.»

L'infermiere tornò con un bicchiere d'acqua e una pastiglia. Elenoire prese la medicina e per un immediato effetto placebo si calmò un po'.

«Grazie, Jasper» gli sorrise Noah. «Sono convinto che tu la vita gliel'abbia allungata e gliel'abbia resa migliore di quanto non sia mai stata.»

SHADOWHUNTERS - CONNECTIONWhere stories live. Discover now