Capitolo 26

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Daisy era corsa via, ma non aveva idea né di dove si trovasse, né che direzione prendere per raggiungere la camera che le aveva dato Isabelle. Col fiato corto, si fermò in un corridoio sconosciuto le cui finestre bifore davano su un cortile mai visto prima. Si appoggiò con la schiena al muro e scivolò fino a terra, poggiò la fronte sulle ginocchia e si concentrò sulla respirazione. Non voleva pensare, cercò in tutti i modi di svuotare la mente e di mantenere integro il suo cuore. Ma la verità era che si era già frammentato in mille scampoli e non aveva idea di come ricucirli insieme.

Più cercava di scacciare le parole di suo padre, più quelle le echeggiavano nella testa. Jasper disprezzava i mondani e disprezzava i mezzosangue. Se uno più uno fa due, suo padre la riteneva spazzatura.

«Daisy.» La voce di Alec era calma, il ragazzo si era avvicinato senza che lei se ne accorgesse e si era seduto a terra affianco a lei. Non disse altro, sapeva benissimo come si sentiva e non c'erano parole che potessero alleviare il suo dolore. Le mise un braccio intorno alle spalle in un raro gesto affettuoso che non era solito mostrare così apertamente.

Daisy sollevò la testa, la fronte arrossata per il contatto con le ginocchia le dava un'aria buffa. «Perché è diventato così cattivo?»

«Forse dovresti fartelo dire da lui» suggerì Alec.

«No, grazie. Mi è bastato.»

Lo Shadowhunter la guardò in viso, non c'era traccia di lacrime, eppure percepiva quanto Daisy stesse male dentro. «Forse non siete così diversi» le disse.

«Vorrai scherzare!» esclamò.

Alec sorrise. «Ricordi la nostra connessione? Sai che non puoi mentirmi. Avverto il tuo stato d'animo.»

«Non ti sto mentendo. Su cosa, poi?» chiese confusa.

«Dire che sei triste è un eufemismo. Stai piangendo dentro e non capisco perché tu non lo riversi anche fuori.»

«Non sono così frignona...» borbottò.

«Non volevo dire questo» ridacchio il Cacciatore. «Intendo dire che ti stai irrigidendo, per così dire.»

Daisy sollevò un sopracciglio. «Irrigidendo? E sentiamo, caro il mio psicologo, perché questo dovrebbe rendermi uguale a mio padre, che ha denigrato mondani e mezzosangue?»

Alec pensò per qualche secondo al modo migliore per spiegarle quello che intendeva. «Dopo aver sofferto tanto, si comincia a costruire un muro» disse. «Ogni giorno si aggiungono mattoni e se non c'è nessuno che li toglie, in poco tempo si formerà una roccaforte inespugnabile. Io sono qui per togliere i tuoi mattoni, ma ricorda che Jasper non aveva nessuno.»

«Che vorresti dirmi con questa bella metafora?»

«Che se vuoi buttare giù il suo muro, ti serve un ariete resistente, non un'altra roccaforte. Non chiudere il rancore e la tristezza, usa la tua forza per sfondare le barrire di tuo padre e ricordargli chi è. Sotto quella scorza dura c'è ancora il Jasper Everwood che ama Jane Smith. Devi solo trovarlo.»

Daisy appoggiò la testa sulla sua spalla e sorrise. «Bastava dire che non devo arrendermi.»

«Sì, beh, era molto meno poetico!» rise, ottenendo una gomitata sulle costole. «Ahi! Questo perché?» chiese massaggiandosi il fianco.

«Perché quando vuoi sai essere un tenerone! Solo che detesti darlo a vedere! Chi è che innalza il muro, adesso?»

«Evidentemente per togliere i mattoni ho bisogno di Daisy Smith tanto quanto lei ha bisogno di me!»

SHADOWHUNTERS - CONNECTIONWhere stories live. Discover now