Undici.

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And if I fall

I'll never fail

I'll just get up and try again

Brian McKnight


Non doveva mollare.

Continuava a ripeterselo, come un mantra, mentre stringeva i denti per mascherare il dolore e portare avanti la partita fino alla fine. Non voleva che gli avversari se ne accorgessero, anche se temeva che, ormai, sospettassero qualcosa.

Aveva corso e saltato come se la gamba non gli facesse male, aveva dovuto farlo. Per sé stesso, per la squadra, e per Alessia. Glielo aveva promesso. Voleva che fosse fiera di lui e che si dimenticasse di Nikola, almeno per un po'.

Ma i suoi sforzi non erano stati ricompensati: avevano diversi punti di distacco da Cuneo e lui non riusciva più ad essere incisivo come durante i primi parziali. Aveva chiesto al coach di poter restare in campo, nonostante tutto. L'uomo, pur preoccupato per il suo stato di salute, era stato d'accordo; d'altronde, l'opposto di riserva era un ragazzo molto giovane e senza nessuna esperienza e schierarlo in un set come quello sarebbe stato un mezzo suicidio.

Aleksandar respirò a fondo e guardò i compagni intorno a lui: Manuel gli fece un cenno di incoraggiamento e il libero lo osservò con preoccupazione. Lui sorrise per tranquillizzarli e poi si concentrò sull'azione che stava per iniziare.


Più il tempo passava, più Aleksandar caricava tutto il peso sulla gamba destra. Alessia se ne era accorta nel set precedente: quando era fermo, si appoggiava sempre sull'arto destro. Era quel particolare che l'aveva messa in allarme. Alla fine del quarto parziale, che Cuneo stava guidando, anche le sue rincorse erano diventate sbilanciate; era comprensibile che non riuscisse più a giocare ai suoi soliti livelli. La ragazza sapeva anche che il sostituto non sarebbe stato all'altezza di un match così importante; tuttavia, non poteva fare a meno di preoccuparsi per l'amico.


L'ultimo pallone cadde nel campo di Perugia con un tonfo secco che infranse le ultime speranze dei giocatori umbri. Rimasero immobili per alcuni secondi, a fissare l'ombra che la palla aveva lasciato nel punto in cui aveva toccato il taraflex, per poi rimbalzare e trascinare con sé i loro sogni di gloria.

Mentre i suoi compagni salutavano gli avversari, dopo che essi ebbero festeggiato la vittoria, Aleksandar si trascinò, avvilito, verso la panchina. Adesso che tutto era finito non si preoccupava più di nascondere la sua sofferenza e ogni passo era accompagnato da una smorfia e da gocce di sudore che gli solcavano il viso. Si lasciò cadere sulla panchina, accanto al secondo allenatore, e fu raggiunto presto dal medico della squadra e dai compagni.

Tutti si informarono delle sue condizioni, ma lui rispose a monosillabi: non era solo il dolore alla gamba, era infuriato con sé stesso per aver sprecato un'occasione come quella. Aveva desiderato vincere, ardentemente. Ma non era riuscito ad aiutare i suoi compagni come avrebbe voluto.

Una voce alle sue spalle lo distolse dai suoi sensi di colpa. Girò la testa e la vide, dietro la balaustra; lo stava guardando preoccupata. Il suo umore si risollevò un po' quando i loro occhi si incrociarono. Le fece cenno di raggiungerlo e la seguì con lo sguardo finché non fu accanto a lui.


Alessia aveva esultato. Moderatamente, ma lo aveva fatto. Non riusciva ancora a provare sentimenti pieni che non fossero il dolore e la solitudine che l'assenza di Nikola le aveva lasciato dentro. Ma Goran e Juan avevano vinto lo Scudetto e non poteva non gioire per loro.

E, sotto sotto, era consapevole di essere felice anche per Nikola. Lo amava ancora disperatamente e sapeva quanti sacrifici aveva fatto e quanto duro lavoro ci fosse dietro quella vittoria.

Ma poi si era ricordata di Aleksandar e aveva scacciato quei pensieri dalla sua mente.

Avrebbe voluto festeggiare con Goran, Juan e Betty, ma non osò avvicinarsi al centro del campo; non poteva rischiare di trovarsi davanti Nikola.

Così scese verso le panchine e raggiunse l'opposto serbo, che si era da poco seduto nel tentativo di alleviare il dolore alla gamba. Dopo averlo chiamato, lo raggiunse e gli si sedette accanto, abbracciandolo.

Il giovane la strinse a sé e tentò di scherzare:

<<Guarda che i vincitori sono dall'altra parte del campo>>

Alessia si staccò, sorridendo.

<<Questo era l'abbraccio di consolazione>> rispose. Poi lo fissò. <<Che cosa è successo?>>

By your SideWhere stories live. Discover now