Sessantanove.

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I remember you

I remember me

I remember

I remember how things used to be

I remember every word that you said

I remember, how could I forget?

Lou Reed



Quando rientrarono in casa si stupirono di trovare Maja da sola.

//Magari è di sopra...//

Goran provò a chiamarla, ma non ebbe risposta.

//Dove può essere?//

Chiesero alla piccola, che disse loro di averla vista uscire in giardino un pò di tempo prima, dopo aver letto qualcosa su un giornale.

Sapendo che Alessia non era in grado di leggere l'alfabeto ciricllico, il giovane si diresse verso il giardino per capire cosa fosse realmente accaduto. In un primo momento non la vide; poi si accorse di una figura appoggiata al tronco di un albero, al limitare del bosco.

La trovò rannicchiata con il viso nascosto tra le ginocchia.

Si chinò accanto a lei, chiamandola dolcemente, e attese che lei lo guardasse. Ma la ragazza non lo fece.

Fu allora che vide la rivista sull'erba lì vicino; la prese e fissò le pagine. Gli fu immediatamente chiaro cosa avesse sconvolto l'amica in quel modo: anche senza capire il testo, le foto di Nikola e Nataša intenti a provare i vestiti per il matrimonio erano abbastanza eloquenti. Quel giornale risaliva a qualche giorno prima del funerale di suo padre.

Goran costrinse Alessia a guardarlo e vide che aveva pianto. Aveva gli occhi arrossati e le lacrime avevano lasciato delle tracce sulle guance.

<<Ale...>>

<<Cosa dice l'articolo?>> lo interruppe lei.

Lo schiacciatore era certo che dirglielo non sarebbe stata una buona idea, ma sapeva anche che lei avrebbe insistito finché non l'avesse fatto.

<<C'è scritto che le nozze si terranno alla fine del prossimo campionato, in estate>>

L'amica iniziò a singhiozzare in silenzio.

<<Perché? Perché quando è venuto qui non mi ha ignorata? Non capisce che così mi ferisce?>> parlava tra sé mentre le lacrime avevano ripreso a scendere.

<<Cosa vuoi dire?>> di nuovo la obbligò a voltarsi verso di lui.

<<Il giorno del funerale mi ha salutato e mi ha chiesto come stessi. Poi mi ha detto che sperava di parlare con me... Non so cosa volesse dirmi, io me ne sono andata>> le parole uscivano a tratti. <<Come poteva voler parlare con me se pochi giorni prima aveva annunciato la data del matrimonio?>>

Goran rifletté.

<<Forse era proprio di questo che voleva parlarti. Forse non voleva che lo venissi a sapere da qualcun altro>>

Alessia continuò a piangere in silenzio. Goran non avrebbe mai creduto che lei potesse stare ancora così male; dopotutto, erano passati molti mesi dalla fine della loro relazione e anche dal trasferimento di Nikola a Milano.

Abbracciò l'amica e la sentì tremare. Allora la sollevò tra le sue braccia e la riportò in casa.



Alessia non si rendeva conto di quello che stava succedendo, sapeva solo che Goran l'aveva sollevata e lei gli aveva allacciato le braccia al collo, nascondendovi il volto. Aveva un buon profumo. Cercò di calmarsi ascoltando il battito del cuore di lui e la sua voce che sussurrava parole che non comprendeva.

Si ritrovarono in camera e Goran la fece sdraiare delicatamente sul letto; dopodiché fece per andarsene, ma lei gli afferrò la mano e lo attirò verso di sé.

<<Non lasciarmi>> lo pregò.

L'amico si distese verso di lei e l'abbracciò, aspettando che si calmasse.

Dopo alcune decine di minuti Alessia smise di piangere e il suo respiro tornò regolare. Guardò Goran e fu colpita dai suoi occhi, che la fissavano scuri e intensi. Senza pensare, si avvicinò e lo baciò. Sentì il corpo del ragazzo risvegliarsi, le sue mani stringerla e accarezzarla, il suo respiro accelerare. Si mise su di lui, i capelli sciolti che le nascondevano in parte il viso. Si staccò per un secondo per guardarlo di nuovo e improvvisamente lui la fece rotolare di fianco, bloccandole entrambe la braccia sopra la testa con una mano. Con l'altra iniziò a spogliarla, mentre le baciava il collo. Alessia cancellò qualunque pensiero dalla mente, lasciandosi trasportare dalle sensazioni che Goran riusciva a farle provare. In quei momenti non esisteva niente al di fuori di quel corpo sopra di lei e dentro di lei. Era tutto il suo mondo.


Erano appena saliti sul taxi che li avrebbe riportati in areoporto e Alessia già sentiva la mancanza della famiglia di Goran. Quando si erano salutate, le due donne l'avevano salutata e Maja si era addirittura messa a piangere. Nonostante non si capissero a parole, si era sentita accettata e amata fin da subito e le dispiaceva molto lasciarle.

Sentì il taxi fermarsi e riportò lìattenzione su Goran. Era sceso dalla macchina e le aveva aperto la portiera, porgendole la mano. Senza esitare, lei lo seguì, curiosa di capire dove fossero.

Si trovavano non lontano dalla casa di Goran - il taxi aveva impiegato al massimo un quarto d'ora a raggiungere quel paese - e la ragazza non riusciva a immaginare il motivo di quella sosta. Attraversarono una strada non molto trafficata e poi si fermarono. Comprese subito che quel posto era speciale per l'amico.

<<Il primo campo da pallavolo in cui ho giocato>> le spiegò. <<Avevo sei anni e, vedendo una partita alla televisione del bar del mio paese, decisi che avrei voluto imparare a giocare anche io. Da noi non c'era un campo, così mio padre mi portava qui ogni volta che poteva>> aveva lo sguardo perso nel vuoto mentre ricordava. <<Un giorno, un paio di anni dopo, l'allenatore della squadra locale mi notò mentre giocavo con alcuni bambini e convinse mio padre a farmi entrare in squadra>>

Alessia lo abbracciò: era felice che lui avesse voluto condividere con lei quei ricordi. Riusciva a immaginare un piccolo Goran che colpiva la palla in quel semplice campo di cemento, già molto più bravo di tutti gli altri bambini...

Lui la strinse e poi la riportò al taxi. Avevano un volo da prendere.

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