Cinquantanove.

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Hey you don't know you're winning,

Brother, unless you know the score.

You can't tell you're losing

Unless you feel the agony.

Ziggy Marley


Milano stava giocando molto bene, ma Perugia sembrava in uno stato di grazia: per ogni palla messa a terra dai lombardi, gli umbri riuscivano a mettere a segno due punti; a ogni muro corrispondeva una difesa, a ogni battuta una ricostruzione.

Alessia aveva seguito i set con il fiato in gola, costantemente indecisa su cosa sperare. Da un lato c'era Aleksandar, dall'altro Vladimir e, soprattutto, Nikola. Erano trascorsi molti mesi, ma vederlo, anche da lontano, la scuoteva nel profondo.

Goran, accanto a lei, la controllava con la coda dell'occhio, lo sapeva. Ogni tanto le posava una mano sulla spalla, oppure attirava la sua attenzione con una scusa qualunque per verificare le sue reazioni. Per non farlo preoccupare si era sforzata di calmare i battiti del suo cuore, rallentare il respiro e seguire la partita senza pensare troppo al palleggiatore.

In quel momento, a metà del tie - break, decise di concentrarsi solo sul gioco e non su chi avrebbe vinto. Doveva necessariamente esserci una squadra sconfitta, ma non era in suo potere decidere quale; quindi preoccuparsi sarebbe stato controproducente.

Quando l'ultima palla cadde nel rettangolo di gioco, decretando la vittoria degli umbri, il pubblico si zittì per un secondo; subito dopo, però, gli applausi ricominciarono, celebrando un bellissimo match, equilibrato e incerto fino alla fine.

Mentre i vincitori festeggiavano in campo, i ragazzi scesero dalle gradinate e aspettarono di essere raggiunti da Vladimir. Lo schiacciatore arrivò, deluso, ma ritrovò quasi subito il suo solito atteggiamento.

<<Bella partita>> si congratulò Goran.

<<Grazie, anche se perdere non mi piace mai>> rispose l'altro.

<<Perdere non piace mai a nessuno, Vladi>> puntualizzò Alessia con un sorriso.

<<Ehi, tu, non dovresti stare dalla mia parte? MI hai tradito con Alek?>> scherzò ancora il giocatore.

La ragazza rise e lo abbracciò.

<<E' stato bello rivederti>>

<<Anche per me. Mi sembra che tu stia meglio>>

Lei annuì, lo salutò e lo lasciò andare nello spogliatoio, con la promessa che si sarebbero sentiti presto.


Aveva abbracciato tutti: Goran, Juan, Vladimir, Aleksandar. Tutti, tranne lui. Lui che l'aveva osservata da lontano, sognando un abbraccio che sapeva di non poter avere. Lui che l'aveva tagliata fuori dalla sua vita, ma continuava a sentire terribilmente la sua mancanza.

Si diede dello stupido; avrebbe dovuto voltarsi senza pansare più a lei, ma non ci riusciva. Voleva assicurarsi che stesse bene, vederla sorridere - anche se ad altri - imprimere ancor di più i suoi lineamenti nella propria memoria.

Era fisicamente distrutto, ma la sua anima era quella che soffriva di più.

Tuttavia non poteva tornare indietro, aveva preso una decisione e stava tentando con tutte le sue forze di tenerle fede.

La guardò un'ultima volta, contento che, almeno, la ragazza che amava avesse tutte quelle persone su cui poter fare affidamento.


La finale era arrivata. Cuneo contro Perugia.

Tutto era pronto: il pubblico sulle tribune, i giocatori in campo, gli arbitri al loro posto. Il primo fischio diede il via al match, e da quel momento fu impossibile per chiunque staccare gli occhi dalla palla. Tra azioni adrenaliniche, recuperi inaspettati, potenti attacchi e mille emozioni, gli spettatori assistettero a una partita spettacolare. Il primo e il terzo set furono vinti da Cuneo, ma Perugia pareggiò il conto nel secondo e quarto parziale.

Anche il quinto e decisivo set, che valeva il trofeo, iniziò sull'onda dell'equilibrio. Gli allenatori usarono entrambi i time out per cercare di svoltare l'andamento della gara a favore della propria squadra, e i giocatori non si risparmiarono nemmeno per un secondo, sfoderando l'intero repertorio dei loro colpi migliori.

Sotto gli sguardi ammirati dei tifosi, l'ultimo punto, deciso da un servizio vincente, fu assegnato alla squadra umbra. Aleksandar aveva segnato l'ace decisiva, e si era subito precipitato in mezzo al campo, per festeggiare e saltare insieme ai compagni.

Anche i supporters perugini fecero festa sugli spalti, sventolando bandiere e lanciando coriandoli, cantando cori e applaudendo il primo trofeo conquistato.


Alessia e Betty consolarono i ragazzi che erano stati sconfitti, palesemente delusi per essere stati quasi in grado di vincere di nuovo la Coppa Italia. Erano stati bravi, ma Perugia lo era stata di più. Molto sportivamente, i piemontesi applaudirono gli avversari durante la premiazione e la consegna del trofeo, poi sfilarono silenziosamente davanti al pubblico, fino allo spogliatoio.


Era ormai ora di abbandonare il palazzetto e, mentre seguiva Betty verso l'uscita, Alessia cedette alla tentazione di cercare con lo sguardo Nikola. Aveva resistito fino a quel momento, ma prima di lasciare la città sentiva di doverlo fare. Voleva riempirsi gli occhi con la sua immagine un'ultima volta.

Scrutò la folla intorno a lei, già parzialmente diradata, e individuò alcuni giocatori di Milano. Ma non trovò traccia del palleggiatore.

Sospirò, addolorata, forse era un segno del destino.

Riprese a seguire l'amica, era il momento di tornare alla sua vita.

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