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"Quindi adesso che la cosa è ufficiale e sarai presente ad ogni pranzo della domenica... quand'è che mi fate la grazia di donarmi un nipotino? Alex ha già provveduto con una bellissima femminuccia e-" il tè che sto prendendo mi va di traverso facendomi quasi soffocare. "Nonna." borbotta Blake posando piccole pacche sulla mia schiena. Megan nasconde una risata e Blake guarda male anche lei. "Vuoi un altro nipote? Così presto?" guardo Sandra sventolandomi una mano davanti al viso. "Non mi resta chissà quanto da vivere, ho una certa età e voglio veder diventare papà il mio Blakie." Sandra accarezza la mano del moro. "Oh, non sapevo che tua nonna ti chiamasse Blakie! Pensavo di essere l'unica." ridacchio. "No, per mia sfortuna non sei l'unica." sbuffa. "E comunque io sarei disposta a procreare anche venti bambini con un manzo del genere, con tutto il rispetto Megan – lancio uno sguardo alla donna – ma è davvero un tantino presto." "Mi hai appena dato del manzo davanti alla mia famiglia?" Blake trattiene a stento una risata. "Non lo so, forse, ti chiamo in così tanti modi." scrollo le spalle prima di alzarmi e prendere posto sulle sue gambe. "La poltrona era scomoda." gli faccio l'occhiolino.
Più tardi Blake si appisola sul mio petto, Megan e Sandra giocano a carte e io le osservo. "Qual è il tuo nome preferito per definire Blake?" domanda Megan d'un tratto. "Dopo poliziotto figo direi... Angelo." rispondo. "Poliziotto figo." ridacchia Sandra. "Perché Angelo?" la mamma di Blake posa le carte e si volta nella mia direzione, io invece osservo suo figlio. "Prima perché lo definivo fisicamente perfetto, adesso è diverso... probabilmente lui non se ne rende nemmeno conto ma mi ha aiutata moltissimo in questi mesi. Non so se- non so se vi ha parlato della mia famiglia, ma ho avuto un po' di problemi e continuo ad averli perché sono quel genere di cose che non si dimenticano mai eppure lui è riuscito a farmi guidare, a farmi festeggiare il compleanno. Sembrano sciocchezze viste da fuori, ma io sono un tipetto particolare, ci vuole tanta pazienza e soprattutto ho bisogno di qualcuno che mi tenga testa e mi dica quando sbaglio e Blake ci riesce: mi prende per il verso giusto, sta in silenzio quando serve e mi ascolta." non mi sono nemmeno resa conto di accarezzargli i capelli. Il moro respira rilassato, sembra davvero un angelo in questo momento. Chissà che avrò fatto per meritarmi una fortuna del genere.
"Blake ci ha solo accennato del rapporto burrascoso che hai con tuo padre ma nulla di più, hai ragione quando dici che sa stare in silenzio. Non parla dei problemi altrui alla sua famiglia e credo sia corretto quindi... se mai ne vorrai parlare con noi, noi ci siamo." mi sorride Megan. "Lo so. In realtà, la prima volta che sono venuta qui ho invidiato Blake per il bel clima che c'era, l'amore di una famiglia unita che si respirava... sono cose che io ho perso sei anni fa e che tra poco non riuscirò più nemmeno a ricordare." "Ci piace restare uniti anche nei tempi più duri." prende parola Sandra. "Diciamo che il restare uniti è quello che non si è mai avverato con Harrison dopo la morte della mamma." sospiro. "Harrison è tuo padre?" chiede Megan. Dopo aver annuito, in un freddo pomeriggio di fine febbraio, mi ritrovo a raccontare la mia storia alla famiglia di Blake. Non voglio far loro pena, non voglio i loro sguardi intrisi di pietà, voglio soltanto essere limpida con loro al cento percento. Intorno alle sei e mezza Blake si sveglia grazie all'odorino di pollo e patate che aleggia nell'aria. Di sicuro è un modo piuttosto fantastico di svegliarsi. "Mmh, sto morendo di sonno." sbadiglia il ragazzo sul mio collo facendomi rabbrividire. "Hai dormito due orette piene." "Sono poche. Devo ricordarti di stanotte?" bisbiglia. Il mio corpo si tende al solo ricordo della sua faccia tra le mie gambe, avvampo e mi schiarisco la gola. "Taci." borbotto. Blake ridacchia e mi lascia un bacio sulla guancia. "Sei molto affettuoso e non credevo fossi così." accarezzo i capelli corti sulla nuca mentre mi beo del suo sguardo assonnato. "Che vuoi dire?" sposta il capo curioso. "Credevo fossi più rigido, più contenuto anche in pubblico sai, per il fatto che sei un poliziotto, non lo so... invece ho scoperto che sei davvero tutto l'opposto: non ti alzi se non vieni prima tartassato da una massiccia dose di coccole, mi rubi baci, mi tieni per mano. Insomma, forse il problema sono io perché prima non- non mi sentivo desiderata o... non lo so, è bello però." gioco con un lembo della sua maglietta sapendo di essere sempre più rossa in viso. "Beh, potrei dire lo stesso di te. Quando ti ho conosciuta sembravi piuttosto sicura di te, invece ho scoperto che sei parecchio vulnerabile – bacia la mia guancia – sensibile – bacia l'altra – ti imbarazzi quando mi complimento – bacia il mio naso – e cominci a blaterare quando sei nervosa." bacia la mia bocca. "E per la cronaca, tu non sei mai stata il problema principale delle tue relazioni. Non funzionavano perché non c'era abbastanza comunicazione, desiderio e soprattutto fiducia. Tu ti sei fidata di me ancor prima che succedesse tutto questo fra di noi e penso che questo dica tutto." aggiunge. In tre mesi mi ha stravolta, rivoltata come un calzino e la sensazione mi piace. Mi fa sentire desiderata, mi fa sentire protetta e... mi fa sentire come se contassi davvero qualcosa per lui. Non provavo sensazioni del genere da sei anni; niente batticuore, farfalle nello stomaco, brividi o mani sudate. A lui sono bastati tre miseri mesi per far risalire a galla tutto quanto. La cosa mi spaventa ma allo stesso tempo mi rende felice. Blake mi rende felice.

Sandra e Blake parlottano tra di loro in sala da pranzo mentre io affetto il pane per dare una mano a Megan adesso intenta ad uscire la teglia dal forno. l'odore di pollo si fa più intenso facendomi venire l'acquolina in bocca. Non vedo l'ora di mangiarlo!
"Tesoro?" mi richiama Meg. "Sì?" poso il coltello al mio fianco. "Tu... l'hai capito, vero?" "Capito cosa?" la guardo confusa. "Tu hai capito che quello che senti per Blake non si chiama cotta ma amore, giusto?" le sue parole mi fanno salire il cuore in gola. La fisso per un paio di secondi, riflettendo sulle sue parole. "La cena è pronta, andiamo?" sorride dolcemente. Annuisco e, senza aggiungere altro, filo in cucina.

Tied Hearts.Where stories live. Discover now