Parte 8 ~ Matrimonio combinato

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Il cielo si era appena schiarito e un timido raggio di sole si affacciava tra le nubi, ma il cuore di Psiche era pesante, e nessun raggio di sole lo avrebbe alleggerito della pena che lo gonfiava. Sdraiato sul letto, il volto posato sul cuscino già inumidito di troppe lacrime versate durante la notte appena trascorsa, non riusciva a pensare a ciò che gli aveva detto sua madre. Ogni parola era stata una stilettata nel petto.

Udì un tocco leggero sulla porta. Il cuore gli saltò in gola. Temeva sempre che potesse essere suo padre e che da un momento all'altro lo trascinasse davanti al fantomatico pretendente che aveva accettato di sposarlo. Sapeva che sarebbe dovuto fuggire, ma era troppo debole, troppo legato a sua madre, al suo pianoforte, persino al ricordo della fattoria dove era cresciuto, sebbene avesse fatto da sfondo più a sofferenze che a gioe.

Sua madre comparve sulla soglia. Richiuse la porta piano dietro di sé, come se volesse disturbarlo il meno possibile. Sul suo volto un po' pallido si facevano largo le preoccupazioni quotidiane che le aveano lasciato piccoli solchi sulla pelle chiara. Odorava del pane che aveva appena fatto. Le mani erano ancora un po' sporche di farina. Se le passò veloce sulla gonna di flanella quando sedette sulla sponda del letto.

«Hai pensato a quello che ti ho detto ieri?», gli domandò, la voce dolce, come quando da piccolo gli cantava la ninna nanna.

Psiche si mise a sedere. «Non ho avuto altra scelta. Credevo fossi dalla mia parte».

Lei abbassò lo sguardo. «Lo sono, ed è per questo che ti prego di non rifiutare l'offerta dei quell'uomo senza prima incontrarlo. Io non ti voglio obbligare. Tuo padre, anche se non lo lascia trasparire, tiene a voi in egual modo, ma per mantenerci tutti abbiamo bisogno della fattoria e adesso...», le si incrinò la voce.

«Mi vendete come si fa con un bell'oggetto?», disse lui, sconvolto dall'idea che sua madre insistesse a perorare la causa di suo padre.

La donna gli prese una mano. «Ho paura per te. La tua bellezza... e se un giorno dovessi suscitare l'invidia degli dei? Cosa ti accadrebbe? Cosa accadrebbe a noi? Non pensi che rifiutare un'offerta di matrimonio possa essere visto come un segno di superbia?»

«Superbia? Perché? Non ho chiesto di sposarmi né di avere quest'aspetto». Si morse la lingua, perché stava per dirle qualcosa di veramente cattivo sul fatto che forse la colpa era sua, che forse aveva davvero tradito suo padre con un altro uomo più avvenente, con un dio. «Voglio solo continuare a suonare, a stare qui con voi».

Gli occhi della donna si riempirono di lacrime. «Anche io. Ti chiedo solo di conoscere quest'uomo, nient'altro».

Psiche annuì, nonostante sospettasse che dire sì lo avrebbe messo nei guai. Si vestì in fretta, ma non riuscì nemmeno a sfiorare un tasto del pianoforte. Era un fascio di nervi.

A colazione il latte appena munto gli fece venire in mente l'umiliazione di qualche giorno prima. Immerse il pane nel liquido caldo e lo addentò. Gli piacevano i sapori semplici, la vita tranquilla. Avrebbe solo voluto migliorare nello studio del pianoforte e poi, magari, se fosse stato abbastanza bravo, esibirsi per gli altri. Questa era la sua unica ambizione, ma sembrava che la sua sola esistenza fosse offensiva. Strinse un tovagliolo. Suo padre e i suoi fratelli erano entrati nella stanza. I tre ragazzi erano già in tenuta da lavoro, suo padre aveva le mani arrossate, segno che aveva finito di deporre la legna nel magazzino e ne aveva tagliata dell'altra.

«Preparati per questo pomeriggio, avremo un ospite», l'uomo gli disse spiccio, senza mutare la sua espressione.

Uno dei fratelli prese un pezzo di pane dalla tavola e l'addentò. «Cos'è quella faccia? È un miracolo che qualcuno abbia chiesto di te. Nessuno oserebbe affrontare il rischio di prendersi in casa un uomo che offende gli dei».

«Ma io...» Non ho mai offeso nessuno, non volontariamente, voleva dire, ma il ragazzo riprese a parlare e a ogni parola pareva che si facesse più sprezzante.

«E questo ci paga pure», disse. La sua risata risuonò nell'aria e parve a Psiche un colpo di frusta che gli lacerava la pelle.

Si alzò, la fame gli era passata. Suo padre era già quasi sulla soglia, un berretto di feltro tra le mani. Psiche gli si avvicinò, e trovò il coraggio di parlare: «Non ti importa se mi porterà lontano?»

Sperò in una risposta, una qualunque, ma il volto sgraziato e rugoso di suo padre rimase impassibile. Psiche lo vide andare via accompagnato dai fratelli. Si sentì un oggetto a cui tutti si disinteressavano. Perché non poteva somigliare ai suoi fratelli e a suo padre? Perché il destino gli aveva dato un aspetto che suscitava il desiderio, il terrore e lo scherno?

Sua madre, muta spettatrice del colloquio, posò una mano su uno stipite, il volto disfatto dalla fatica. Psiche sapeva che i suoi pensieri erano gli stessi che gli agitavano la mente. Solo per amore di sua madre non scappava, e dava al pretendente un'occasione di farsi conoscere.

Il tempo sembrò non passare mai, ogni minuto che avvicinava il momento dell'incontro con un uomo a lui estraneo aumentava la sua angoscia e gli sembrava un'ingiustizia insopportabile.

Saltò la scuola e le sue lezioni di pianoforte: nessuno avrebbe in ogni caso sentito la sua mancanza, anzi, i maestri e i compagni sarebbero stati sollevati di non vedere chi spesso veniva paragonato per bellezza ad Afrodite.

Fece una lunga passeggiata e quando il cielo cominciò a perdere l'azzurro smaltato e a impallidire Psiche si decise a tornare a casa. Prima di entrare osservò i mattoni di pietra, la porta di legno ad arco, i fiori che sua madre aveva disposto nelle piccole aiuole che precedevano l'ingresso. Era casa sua, e allora perché si sentiva minacciato ed estraneo ad essa? Le finestrelle del salone erano illuminate e Psiche poteva scorgere chiaramente al di là di esse delle teste brune che si muovevano. Era una stanza quasi mai utilizzata e che sua madre apriva solo per accogliere gli ospiti. Davanti alla porta inspirò a lungo e poi si fece coraggio. Era solo un incontro e niente di più, provò a tranquillizzarsi. Non lo avrebbero costretto a fare nulla che lui non volesse, si disse, ma nella sua testa una voce gli urlava che i suo genitori, o quanto meno, suo padre, avevano già deciso di liberarsi di lui. Era un'opportunità troppo conveniente per loro: allontanavano la fonte dell'ira di Afrodite e guadagnavano un gruzzoletto per risanare il bilancio della fattoria.

Amore & Psiche (gay story)حيث تعيش القصص. اكتشف الآن