Parte 33 ~ Guerra

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I campi attorno alla rocca di Kakia erano bruciati, le case disabitate, i frutteti vuoti. Eros aveva attirato gli uomini dalla sua parte, gli uomini stanchi di sottostare alle leggi ingiuste di un semidio, alle sue pretese, alle sue incursioni che miravano solo a distruggere e a rapire chi più gli piaceva, con la finzione di un improvviso innamoramento.

Aveva raccolto le sue forze armate, ogni dio ne aveva una, composta da uomini fedeli o semidivinità che avevano subito ingiustizie da questo o quell'altro dio. Stava per scatenare una guerra contro Kakia, a cui sarebbero probabilmente seguite rappresaglie dei suoi alleati. Che ironia che anche Afrodite fosse uno di questi. La sua stessa madre... Avrebbe avuto il coraggio di alzare una mano contro di lui? Atena, invece, odiava Kakia. Simbolo di sapienza e giustizia, ma anche di guerra, Atena non tollerava le nefandezze e la boriosità del semidio.

«Esci di lì», urlò Eros a Kakia, davanti alla sua fortezza. Lo aveva avvisato del suo attacco, perché non era codardo o scorretto.

Ma Kakia era stato colto di sorpresa, poiché non si aspettava che Eros infrangesse le regole dell'Olimpo con una guerra aperta. Dopo la questione di Elena, c'erano state altre scaramucce, ma mai niente di tanto cruento.

Kakia camminò su e giù per il pavimento di pietra della rocca. Salì su un torrione. La vista delle forze che Eros aveva preparato lo preoccupò. Doveva ammettere di averlo sottovalutato. Il degno figlio di Ares, pensò tra sé e sé. E lui a chi poteva chiedere aiuto?

Le frecce di Eros lo attendevano, forgiate da Efesto, e non sarebbero state dardi gentili come quelli che il dio dell'amore usava di solito. Kakia corse nella stanza segreta, un antro a cui nessuno aveva accesso. Se solo Psiche si fosse innamorato di lui, sarebbero stati signori della rocca, due malvagi e crudeli creature... Scacciò via quei pensieri. Si sarebbe vendicato di Eros e del giovane, rivelando all'intero Olimpo che l'umano portava in grembo un figlio divino. Lui stesso era un semidio. Sua madre era stata perseguitata e Psiche avrebbe subito lo stesso destino, tanto che lo avrebbe pregato, infine, di essere ripreso con lui tra gli altri schiavi.

Aprì un cassettino di un mobile di legno, e tirò fuori un'unica freccia. Bastava colpire Eros, capo della masnada, per disperdere gli altri. E lui aveva in mano una freccia speciale, bagnata dalle acque dell'Acheronte, dono di Ade, dopo un favore che gli aveva fatto.

Un solo colpo ben assestato con quella e persino il dio dell'amore ne sarebbe morto.

Raccolse parte delle forze armate di cui disponeva. Come erano stupidi gli umani che avevano seguito Eros: davano la vita per combattere le ingiustizie, senza rendersi conto che loro stessi ne perpetravano ogni giorno.

Eros stava ritto davanti a tutti, l'armatura splendente, insolito accessorio per chi come lui doveva portare amore tra dei e uomini. Gli uomini alla sue spalle battevano sul terreno le lance a ritmo serrato, provocando un suono oscuro e minaccioso come quello degli uccelli che si raccolgono in cerchio in cielo prima che cali la notte.

Kakia avanzò verso di lui, uscendo fuori dal portale della sua rocca. Non aveva bisogno di difendersi adesso che possedeva l'arma vincente.

«Sei davvero uno sciocco... e pensare che avresti potuto godere con me dei favori dei miei schiavi», Kakia gli disse.

Eros serrò le mascelle. «Hai finito di oltraggiare uomini e dei». Diede un segnale ai suoi sollevando due dita della mano destra.

Il vento e i movimenti dei soldati sollevavano la terra, rendendo difficile la visibilità. Gli uccelli confusi dal tramestio volarono via in uno stormo rumoroso. Eros fissò i suoi occhi smeraldo in quelli di onice dell'altro. Era arrivato il momento. Macchiarsi di un delitto per vendicarne e impedirne altri. Un semidio poteva essere ucciso da un dio. Eros non sapeva ancora a quale prezzo.

Alzò il braccio per colpire Kakia, mentre la battaglia attorno a loro infuriava. Il semidio riuscì a schivarlo, e così anche il dio dell'amore evitò i suoi colpi. Arrivò però quello fatale: la lancia incantata, bagnata nell'Acheronte, si conficcò nel suo costato, strappandogli un gemito di dolore. Tentò di colpire ancora Kakia, ma la ferita bruciava, e subito Eros capì che non era stata una lancia qualsiasi a ferirlo. Vide il ghigno di Kakia.

«Sei stato uno stupido, Eros. Adesso chi potrà salvarti? E per cosa poi? Per Psiche, che adesso sarà di nuovo mio».

«Lo stupido sei tu, adesso dovrai affrontare le ire di mia madre», Eros disse con le ultime forze rimastegli. Vide una crepa incrinare la maschera di superbia dell'altro e ne fu soddisfatto. Attorno a sé le forze armate si disperdevano, prive della loro guida. Eros chiuse gli occhi e svanì.

Amore & Psiche (gay story)Where stories live. Discover now