Parte 31 ~ Il figlio di un dio?

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I fiori e le fontane dei giardini di Afrodite erano simili a quelli del castello di delizie di Eros, eppure gli ornamenti abbondavano in numero maggiore. Ghirlande di rose e mirto ornavano tempietti in marmo, sedili di granito ricoperti di rampicanti attendevano i visitatori pronti ad abbandonarsi al gorgoglio dell'acqua.

Psiche non li aveva esplorati come gli sarebbe piaciuto. Il suo posto nel castello della dea, posto su più livelli, non era quello dell'ospite d'onore né dell'amante. Quando aveva attraversato il portale di diamante che niente e nessuno poteva scalfire, al seguito della dea, gli era parso di intravedere un pavone e la sua ruota colorata e cangiante, ma non si era potuto soffermare a osservarla.

Afrodite gli aveva rivolto uno sguardo di rimprovero e lui aveva ripreso in fretta il cammino. Quel giorno lo ricordava bene. Era stato anche l'ultimo giorno in cui le mani di Kakia avevano potuto oltraggiarlo. Ricordò di essersi svegliato nel suo letto, con Kakia al suo fianco che attendeva di essere soddisfatto. Il dio aveva scostato via le lenzuola e poi aveva osservato il suo volto, il suo corpo nudo, ma questa volta si era soffermato sul ventre. «Questo non ce l'avevi quando sei arrivato».

Lui era rimasto in silenzio senza sapere bene cosa dire. La sua vita da due mesi era fatta di miserie e infelicità, e il ventre che cresceva era insieme una dannazione e un motivo per andare avanti. «Sarà il mio bambino», Kakia aveva detto, un lampo negli occhi.

«No», lui aveva risposto inorridito.

Kakia lo aveva guardato sorpreso, poi era scoppiato a ridere. «Chi vuoi che accetti il figlio nato da un dio e un umano? Sai che fine ha fatto mia madre? Meglio che tu non lo sappia. Eros deve averti davvero odiato per farti questo», Kakia gli aveva detto, e in un momento Psiche aveva capito il motivo delle reticenze di Eros, il perché non volesse congiungersi nel momento massimo di estasi. Riportò alla mente le rare volte in cui era accaduto, e poi scacciò via il ricordo. I ricordi facevano male e lui talvolta avrebbe preferito non sapere di aver conosciuto la felicità.

Un pugno che batteva sulla porta aveva fermato le mani di Kakia, che già si insinuavano sotto le lenzuola. Nonostante il suo grugnito di esasperazione e rabbia, quando gli fu detto di chi si trattava, era stato costretto ad accogliere il visitatore.

Quel giorno Psiche aveva lasciato la sua rocca, portato via da Afrodite. Le sue preghiere, dunque, erano state ascoltate! Ma nel suo cuore non provò la dovuta gratitudine. Considerava la dea e suo figlio responsabili della sua sventura. Chissà se la dea glielo leggeva nel cuore e lo odiava anche per questo?

Psiche ricacciò i ricordi e si concentrò sugli oggetti preziosi da cui stava togliendo la polvere. Afrodite lo aveva relegato in un angolo del suo immenso castello. Doveva pulire, nascondersi agli occhi di tutti e in cambio riceveva la libertà da Kakia.

Un fruscio di vesti lo fece voltare. Aveva imparato a riconoscerlo. La dea dall'abbagliante bellezza gli rivolse la parola: «Finisci di pulire, ma oggi non uscire di qui per nessuna ragione», poi rivolse uno sguardo al suo ventre. Aveva creduto fin dal primo giorno che fosse il frutto della perversione di Kakia, e lui non l'aveva contraddetta. Aveva troppa paura delle conseguenze. E se Eros lo avesse saputo?, talvolta si fermava a pensare. Non sarebbe cambiato niente. La prigionia gli aveva indurito il cuore e all'amore che provava per Eros si era aggiunto un inestinguibile risentimento per ciò che gli era accaduto.

Annuì e vide la dea andare via.

Afrodite richiuse dietro di sé la porta della stanza dove aveva lasciato Psiche a svolgere le sue faccende. Il suo ventre la impensieriva, ma si era convinta che non fosse il figlio di Eros.

Le erano giunte le preghiere del giovane durante gli ultimi due mesi, il senso di colpa per lei insolito si affacciava inaspettato, mentre posava nuda per un pittore o mentre suadente abbracciava un amante. Più di tutto, però, era la situazione incresciosa che si era venuta a creare con gli altri dei a convincerla a fare qualcosa.

Entrò nel salone del piano terra. Eros l'attendeva in piedi, il viso segnato da un graffio. «E questo?», lei domandò allarmata. Il volto perfetto di suo figlio deturpato era più di quanto potesse sopportare.

Un sorriso tanto diverso da quelli che lei conosceva increspò le labbra di Eros. Con il dorso della mano si pulì il sangue sulla guancia. «Sono pur sempre il figlio di Ares».

«Non è questo il tuo compito», Afrodite disse.

«Lui dov'è?»

Nel suo volto la dea lesse un tremito di speranza, ma tacque. Alla gelosia per la bellezza di Psiche si aggiungeva adesso quella causata dall'amore che suo figlio gli riservava.

«Perché l'hai condotto qui senza dirmi niente?»

«E me lo chiedi anche? So bene che la guerra che hai scatenato mirava solo a distruggere Kakia. Ti ho visto languire per settimane, ho visto il tuo castello di delizie diventare tetro, un luogo di elegiaco rimpianto. Dovevo fare qualcosa. Vedi? Ora non hai più niente di cui crucciarti: Psiche è al sicuro».

Eros serrò le mascelle, poi le passò davanti e si diresse verso l'ala più estrema del castello. Psiche poteva essere al sicuro soltanto lì, nascosto agli occhi del mondo.

«Fermati subito», la voce di sua madre lo raggiunse, ma lui non si voltò.

«Fermerò la guerra, ma non puoi impedirmi di vederlo». Spalancò la porta della prima stanza lungo il corridoio. Tra anfore e ampolle preziose Psiche era in piedi. Il sole che inondava la stanza accendeva i suoi capelli di riflessi ramati, rendeva trasparenti come acquamarina i suoi occhi azzurri. Eros credette di cadere, le ginocchia gli tremarono per la gioia di saperlo al sicuro, per il dolore di vedere dinanzi a sé chi aveva infranto il loro giuramento d'amore.

«Psiche», mormorò.

Il giovane sollevò gli occhi. Incrociò quelli smeraldo di Eros, erano diversi da come li ricordava. Era come se una pagliuzza li avesse offuscati. Eros, il nome che aveva invocato quando il suo corpo aveva assaggiato il fiele delle mani di Kakia. Eros, il dio che lui aveva tradito ma da cui si aspettava di essere soccorso.

«Cosa vuoi?», domandò freddo

«Assicurarmi che tu stia bene», Eros rispose in un sussurro.

«È un po' tardi per questo». Psiche passò lo strofinaccio con certosina attenzione su un'ampolla di vetro soffiato attraversata da fili dorati.

Eros si avvicinò al giovane. Il suo volto era ancora di straordinaria bellezza, ma nei suoi occhi qualcosa si era spento. «Mi hai tradito. Ho cercato in tutti i modi di farti capire che le regole erano per il tuo bene, ma tu...»

«Tu cosa?», Psiche lo interruppe, posando su una mensola l'ampolla. «Non mi hai mai spiegato nulla». Per un istante desiderò di essere preso tra le sue braccia, che Eros dispiegasse le ali e che lo riportasse al castello delle delizie, ma ormai aveva smesso di invocare il nome di Eros. Non poteva permettersi di amarlo, non dopo quello che gli era accaduto. Avrebbe partorito suo figlio, ma il dio non l'avrebbe mai saputo.

«Ho sempre cercato di proteggerti, ma tu non l'hai mai capito. Sei come tutti gli altri, guarda», Eros si scostò il mantello e la spallina della tunica, «lo riconosci? Potrei guarire questo segno, ma non lo faccio. Ogni giorno ricordo il modo in cui mi hai straziato il cuore».

«Anche io ogni giorno ricordo il mio strazio, causato da tua madre, e poi dal semidio con cui hai stretto un patto. Sei come gli altri dei, superbo e orgoglioso e non ti importa delle sofferenze umane».

Eros posò i suoi occhi sul ventre del giovane, solo allora si accorse che in quella stanza non c'erano solo lui e Psiche. «Tu...»

«Non è tuo», Psiche sostenne il suo sguardo.

«Lascia che ti aiuti».

«Va' via», Psiche lo implorò. Vide Eros esitare, poi ritornare sui suoi passi, uscire e chiudere la porta. Si accasciò a terra. L'incontro lo aveva stravolto, ma non credeva che loro due avessero davvero una possibilità. Adesso sapeva che la sua gravidanza lo metteva in pericolo e Afrodite era stata chiara con lui. «Ti prometto la salvezza per te e per tuo figlio, ma in cambio non dovrai rivedere Eros. Con te non è se stesso e l'Olimpo ha bisogno di lui», gli aveva detto, e Psiche incapace di pensare a nient'altro che alla salvezza del suo bambino aveva accettato.

Amore & Psiche (gay story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora