Parte 17 ~ La visita di Afrodite

1.5K 108 2
                                    

Eros accarezzò il viso di Psiche. Sdraiato sul triclinio, e sopra di lui, aveva avuto cura di spogliarlo per consumare il loro amplesso. Adesso la veste candida scivolava appena sulle sue natiche, lasciandole scoperte. Con un movimento Eros la fece cadere sul pavimento rivestito dai soffici tappeti. Aveva preparato accuratamente la stanza del pianoforte con oggetti preziosi e tessuti eleganti, affinché piacesse a Psiche. Ma il giovane dimostrava ogni giorno di avere un cuore semplice e sincero.

Eros poteva dimenticare le parole di Kakia, i dubbi malevoli che aveva insinuato nella sua mente il giorno in cui gli aveva sottratto Psiche, così come le rimostranze di sua madre. Sapeva che Psiche aveva un unico tarlo ed era la sua famiglia, la sua lettera, infatti, non aveva ricevuto alcuna risposta e questo lo aveva afflitto.

Eros si sollevò sui gomiti, sotto di lui il giovane giaceva, gli occhi chiusi, le lunghe ciglia dorate appena scosse da un tremito.

«So che sei sveglio», Eros gli disse.

Psiche aprì lentamente gli occhi. L'azzurro delle sue iridi prezioso come acquamarina, intenso come il mare, riusciva sempre a togliergli il fiato.

«Vorrei fare una passeggiata, se ti va», Psiche mormorò, la voce ancora assonnata, «mi piacerebbe toccarti il viso, ogni giorno non vedo l'ora che arrivi la notte per passeggiare con te, baciare la pelle del tuo volto e poi andare nella stanza dell'ala occidentale».

«Ti pesa molto rispettare la condizione che ho posto?»

«No, lo sai. Ma è bello quando posso toccarti senza la tua maschera addosso».

Eros pensò che sarebbe stato per sempre così, solo un'evenienza avrebbe permesso a entrambi di vivere come le altre coppie: nel caso in cui Psiche fosse diventato un dio. Ma come renderlo possibile? Solo a Zeus si poteva fare una simile richiesta, e lui, affezionato ad Afrodite avrebbe rifiutato. C'erano poi casi particolari in cui un umano poteva assurgere allo stato di divinità, ovvero quando davano prova di coraggio, di spirito di sacrificio quando le sofferenza patite erano tante e tali da far meritare loro un posto nell'Olimpo, ma per quanto gli sarebbe piaciuto che Psiche fosse un dio e lo seguisse per l'eternità, non gli avrebbe mai augurato di attraversare l'incubo che gli avrebbe fatto meritare la luce eterna.

Si alzò e porse una mano al giovane. «Ti aspetto tra un po' nel giardino degli iris, fai con calma».

Psiche lo baciò con trasporto ed Eros lo immaginò per un momento portare in grembo suo figlio, l'erede che avrebbe dominato anch'egli l'amore e il desiderio. Un umano poteva essere fecondato da un dio, ma spesso la sua sorte era segnata dall'ira degli altri abitanti dell'Olimpo. Pensò alla stessa madre di Apollo, Latona, costretta a fuggire e a trovare rifugio su un'isola lontana, per sfuggire le ritorsioni di Era. Non avrebbe mai permesso che Psiche avesse lo stesso crudele destino. Cercava di stare attento durante i loro amplessi, combattendo l'istinto che lo portava a spingere dentro il corpo del suo amato fino all'ultima goccia di piacere.

Eros recuperò la sua veste, abbandonata sul tappeto. Si prese un momento per ammirare il corpo nudo di Psiche, mentre il giovane cercava di ricomporsi.

«Ho fatto preparare il bagno per te», gli disse prima di lasciarlo da solo.

Psiche si accarezzò le braccia, gli sembrava sempre di sognare dopo le unioni con Eros. Raccolse la sua veste, e diede uno sguardo alla finestra. Il cielo si stava imbrunendo, segno che Eros avrebbe potuto togliere la maschera durante la loro passeggiata. Le nuvole che avevano sporcato l'azzurro del cielo durante il giorno quella notte avrebbero nascosto le stelle e l'astro argenteo, permettendo a entrambi di passeggiare nei giardini odorosi senza preoccuparsi che il patto venisse infranto. Psiche uscì dalla stanza e si recò verso il bagno dove una vasca d'oro lo attendeva. L'acqua tiepida, era profumata da petali di rosa, e un morbido telo era adagiato su una poltrona. Psiche immerse un piede nel liquido caldo, poi si sedette sulla vasca. Provò un immediato benessere, come quando si immergeva nascosto agli occhi di tutti nel lago del bosco vicino casa. Casa. La parola ripetuta nella sua mente gli strinse il cuore, non perché non si sentisse a casa nel castello del suo amante, ma perché il pensiero di sua madre lo angosciava. Perché non aveva risposto alla sua lettera? Possibile che lo odiasse?

Scacciò via quei pensieri e piegò la testa all'indietro. Si accarezzò il petto, ripercorrendo i baci bollenti che Eros aveva lasciato sulla sua pelle solo pochi attimi prima. Due settimane di amore e di passione. Due settimane di musica, di passeggiate in giardini, di cavalcate nei dintorni, di musica suonata e ascoltata. Aveva dimenticato le amarezze del passato. Accarezzò il suo ventre, indugiando sulla parte bassa, dove avrebbe potuto accogliere un bambino. Un umano non avrebbe mai potuto fecondarlo, ma un dio sì. E lui era fortunato, perché proprio di un dio si era innamorato, ed era riamato. Si alzò preso da un nuovo entusiasmo. Ormai la luce del sole era fuggita via, verso l'emisfero australe, lasciando la parte del suo mondo abbandonata all'oscurità della notte. Dopo essersi avvolto nel telo, corse nella sua stanza, si asciugò alla bene e meglio e indossò una tunica pulita. Sorrise all'idea di cosa avrebbe pensato la sua famiglia al vederlo con abiti divini, ma poi il sorriso si spense: sua madre forse non lo amava più, i suoi fratelli e suo padre lo avrebbero preso in giro.

Aprì la porta, desideroso di essere avvolto dalle braccia dell'uomo che gli aveva fatto conoscere l'amore, ma davanti a lui si materializzò una visione che gli tolse il fiato. Il corpo avvolto in una tunica dal morbido panneggio, leggermente rosato, cinto in vita da un fascio d'oro, gli ricordava un'immagine tante volte raffigurata in ritratti e statue. Era una donna, i capelli d'oro le cadevano in morbidi boccoli sulle spalle e le incorniciavano il volto dai lineamenti perfetti, ma dall'espressione crudele.

Una bellezza simile non l'aveva mai vista se non riflessa nelgli occhi smeraldo e nella bocca, negli zigomi di Eros. Il sangue gli si gelò nelle vene, e la donna, anzi la dea, si corresse, se ne compiacque come dimostrava il suo sorriso.

Amore & Psiche (gay story)जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें