Parte 28 ~ La prigionia di Psiche

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L'acqua calda e profumata in cui era immerso il suo corpo non servì ad allentare la tensione che attanagliava ogni muscolo di Psiche. Il giovane, dopo la prima notte, non era stato ancora toccato da Kakia, ma sapeva bene che il dio non aveva avuto pietà di lui, stava solo escogitando un modo che lo soddisfacesse più degli altri per possederlo.

Psiche aveva tentato di scappare, ma oltre alla bifora celata dalla grata, non c'erano altre vie di fuga. Era rimasto per giorni nella sua stanza con la porta sbarrata, che si apriva solo per far entrare un servo, esattamente come quello che adesso bagnava la sua schiena con un pezzo di stoffa. Sul carrello che aveva portato con sé boccette di vetro colorato emanavano un profumo dolce, che a Psiche dava la nausea. Lo attendeva una preparazione speciale, e poi l'inferno. Ogni notte aveva guardato verso la finestra, nella speranza di veder apparire un paio di ali candide, ma non era accaduto. Eros lo odiava e non l'avrebbe mai salvato. Come poteva permettere questo?

Con un moto di rabbia, fece traboccare l'acqua dalla vasca.

«Attenzione», il servo lo ammonì. Era biondo, i lineamenti fini, e non sembrava né triste né felice.

Psiche fissò lo sguardo sulle sue iridi marroni. «Lo ami?», domandò.

Il servo lasciò scivolare la pezza bagnata nell'acqua. «Ci sono momenti buoni con lui. Nessuno mi voleva a casa... ho imparato a non farmi tante domande».

Psiche si morse le labbra. Non capiva come fosse possibile essere tanto dimesso di fronte alla vita che Kakia lo forzava a condurre.

Il servo riprese: «Ho saputo come sei arrivato qui. Hai fatto la tua scelta quando hai infranto la promessa di un dio, adesso», sollevò un telo che aveva messo sul letto, «non è il caso di pensarci, stasera ci sarà una grande festa in tuo onore, e devo aiutarti a preparati».

Psiche uscì dalla vasca, sentì il telo avvolgerlo, poi il servo lo asciugò, fissando il suo ventre. Psiche aveva ricacciato i suoi sospetti su quanto stesse accadendo al suo corpo, ma lo sguardo costernato del servo lo mise in agitazione. Il momento passò, e il servo lo cosparse di oli e unguenti profumati. Psiche ripensò con struggente nostalgia a quando era Eros ad accarezzare la sua pelle in quel modo. Eros non aveva mai permesso che fosse un servo a farlo. Poi il servo gli fece indossare una tunica azzurra e gli porse una maschera decorata da piume di pavone. Uno degli uccelli sacri ad Afrodite, che ironia...

Psiche la indossò, consapevole di non potersi ribellare. Se fosse arrivato nella sala dei festeggiamenti, invece, gli sarebbe stato più facile trovare una via di fuga, nella distrazione generale.

«È presente qualche dio?»

Il servo rispose con un sorriso amaro. «Il mio padrone non incontra molto il favore degli altri».

Psiche non se ne sorprese. Con il cuore in gola attese il momento in cui la porta si aprì nuovamente. Era Kakia, il suo volto celato da una maschera ornata da piume nere. Il volto di un'aquila. E come un'aquila rapace sarebbe stato quella notte.

Psiche rimase impietrito quando Kakia gli si avvicinò e lo prese per mano. Lo condusse in una sala a piano terra, le cui finestre si affacciavano su un lago, che sembrava una palude, nascosta dalla nebbia. Un lungo tavolo ospitava vassoi colmi di cibo e brocche di vino. Tra gli ospiti Psiche riconobbe alcuni dei servi che lo avevano aiutato nei giorni scorsi.

Kakia avvicinò le labbra al suo orecchio. «Sei il mio ospite d'onore, e stanotte nessuna parte di te sarà celata ai miei occhi».

Psiche fu costretto a sedersi al suo fianco. Non riuscì a toccare cibo. Notò che tutti gli ospiti indossavano la tunica dello stesso colore azzurro e che quando le loro labbra si bagnavano di vino diventavano più malleabili, più sorridenti. Quando fu il momento di ballare, Kakia gli versò personalmente da bere. «Non essere scortese con chi ti ospita», gli disse. «Voglio che lo bevi tutto, fino all'ultima goccia».

Psiche avvicinò lentamente il bicchiere alle labbra. Era sicuro che fosse drogato. Si immaginò privo di forza di volontà mentre il dio faceva di lui quel che più gli piaceva. Un nodo gli strinse lo stomaco, poi ricordò cosa gli aveva detto Eros a proposito del suo dono, il bracciale con l'ametista. Queste pietre rendono vano l'influsso che le bevande incantate degli dei hanno sugli uomini. Approfittando di un momento di distrazione di Kakia, sfiorò il liquido con una delle ametiste. Poi, quando gli occhi di Kakia ritornarono su di lui, bevve tutto d'un sorso la bevanda. Vide apparire sul volto dell'altro un sorriso soddisfatto.

«Balliamo ancora», disse e lo prese per un braccio, stringendoselo per tutta la durata della melodia, che alcuni servi erano intenti a diffondere nell'aria.

Psiche si accorse con sollievo di essere lucido, nessun indolenzimento appannava la sua forza di volontà. Con una scusa si allontanò da Kakia, raggiunse il servo che quel pomeriggio lo aveva aiutato a preparasi. Gli si strinse il cuore.

«Mi aiuteresti?»

«Come?», quello domandò sorpreso.

«Non voglio stare con lui. Vorrei che ci scambiassimo le maschere».

Il servo lo guardò per un lungo istante, poi acconsentì. Lo scambio fu rapido. Kakia non si accorse di nulla, e Psiche sperava solo che non gli venisse in mente di togliergli la maschera durante l'amplesso. Sarebbe stata la sua rovina.

Seguì la nuova coppia con lo sguardo per i balli a seguire. Kakia, travolto dall'eccitazione e dal desiderio di averlo non si accorse di nulla, poi quando ne ebbe abbastanza di ballare condusse il servo, per lui Psiche, nella sua stanza.

Psiche si scrollò di dosso un altro servo che voleva sedurlo e seguì a debita distanza i due. Salirono fino all'ultimo piano di un torrione.

«Togliti la maschera, voglio vedere il tuo viso».

Il servo, timoroso di subire le conseguenze dell'inganno, improvvisò: «La prima volta no, per favore», sussurrò suadente.

Kakia gli rivolse uno sguardo ancor più impaziente. «Sei timido, quindi. E va bene, per le prime volte ti voglio accontentare».

Psiche arrivò fino alla porta della loro stanza, quando Kakia la richiuse. Dopo diverse ore di gemiti, che Psiche aveva odiato ascoltare, il servo si affacciò. «Entra, presto. Vorrà vederti».

Psiche fece come gli era stato detto, nonostante la paura. Si sdraiò al fianco di Kakia, pensò ancora a Eros, a dove fosse. Il perché non venisse a salvarlo lo immaginava: lo odiava adesso.

Presto sentì un braccio di Kakia allargarsi possessivo fino a cingergli la vita, lo vide avvicinarsi, togliergli la maschera del pavone, che il servo gli aveva restituito pochi attimi prima, con un gesto violento, come se già sospettasse. Poi il suo volto si distese in un sorriso, le sue labbra cercarono quelle del giovane. Psiche schiuse le proprie, nonostante il disgusto, per non insospettirlo.

«È stato incredibile, ma presto vorrò vedere il tuo viso, mentre mi prendo quello che è mio», Kakia disse, poi si alzò e indossò una vestaglia.

Presto, la parola rimbombò nella testa di Psiche. Come avrebbe fatto a resistere a lungo?

Amore & Psiche (gay story)Where stories live. Discover now