Parte 34 ~ Salvare Eros

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Psiche sistemò una rosa nel vaso d'argento che Afrodite gli aveva indicato. Gli parve che si fosse appassita nel breve percorso che aveva fatto dal giardino fino alla sala del piano terra.

Afrodite lo guardava attenta, come per coglierlo in fallo, ma non lo rimproverava e sul suo viso Psiche scorgeva i segni di una preoccupazione che tuttavia non riuscivano a incrinare la sua bellezza e che lui stesso ben conosceva. E lei? Conosceva lei le intenzioni di Eros?

Da quando Psiche lo aveva visto la notte prima non aveva avuto più notizie. Il suo cuore era in tempesta, lacerato dall'amore, dal dolore e dal risentimento. E poi c'era suo figlio, il frutto dell'amore di Eros la cui paternità aveva taciuto a tutti per paura.

Sfiorò ancora i petali delle rose, accarezzate dalla luce di una mattina ombrosa. Ne vide i petali appassire d'improvviso, avvertì una fitta al cuore, un dolore lancinante che non aveva mai provato. Il fruscio della veste di Afrodite che passeggiava su e giù per la sala s'arrestò.

Davanti agli occhi di entrambi si materializzò il corpo ferito di Eros, le ali bianche abbandonate sul pavimento, la tunica nera, coperta dall'armatura d'oro, trafitta dalla freccia che ancora affondava nella sua carne.

Afrodite si inginocchiò al suo fianco. «Figlio mio. Chi hai sfidato?»

Il dio dell'amore non rispose, allungò una mano in direzione di Psiche. Il giovane sentì cedere le ginocchia. Il terreno gli crollava sotto i piedi. Eros era un dio, come poteva morire? Il suo volto era più bianco del solito, i capelli biondi abbandonati sulla fronte. Gli corse incontro. «Cosa hai fatto?»

«Te l'avevo promesso», Eros sussurrò, ponendo la testa sulle sue ginocchia. «So di non meritare il tuo perdono, ho fallito. Madre, promettimi che veglierai su Psiche, che non lo lascerai nelle mani di Kakia».

Afrodite afferrò la freccia, con un colpo secco la estrasse. Il grido di dolore di Eros risuonò nel castello. Psiche la odiò, come pensava di aiutare suo figlio in quel modo? La vide allontanarsi con la freccia in mano, come se la studiasse.

Psiche portò le mani sulla fronte del dio, scostò i riccioli ribelli, l'accarezzò. Poi avvicinò le labbra al suo orecchio. «Non dovevi, non dovevi», mormorò.

Eros gli prese la mano. I suoi occhi smeraldo si illuminarono per un momento. «Ti amo, Psiche. Sei l'unico che mi abbia reso umano nel senso più bello».

Psiche lo attirò ancora a sé. Kakia aveva trovato il modo di ucciderlo, nessuna notte con lui era stata tanto dolorosa come vedere il dio che amava in quello stato. «Anche io ti amo. Il bambino è tuo».

Sul volto di Eros si dipinse un debole sorriso. «Deve essere stato quella notte... la ricordi?»

Psiche annuì. Se solo gli avesse rivelato prima la verità, forse Eros non avrebbe rischiato la sua vita.

Afrodite si avvicinò ancora, non aveva più in mano la freccia. «Non era una freccia umana», si limitò a dire.

«Cosa facciamo adesso?», Psiche le domandò.

«Portiamolo a letto, e preghiamo Zeus, mio padre, il padre di tutti gli dei», Afrodite rispose, il volto pallido, la sua bellezza, per la prima volta, oscurata.

I veli in pallido rosa del baldacchino frusciavano a ogni soffio di vento. La finestra era stata lasciata aperta nella stanza di Afrodite e il corpo di Eros era stato adagiato sul suo letto. La dea pregava suo padre affinché intervenisse. Psiche, stravolto, si era seduto sulla sponda del letto e con un fazzoletto imbevuto di acqua gli puliva il volto dai segni della battaglia. Eros gli sembrava così fragile, privo della sua imperiosa passione, della sua superbia e del suo orgoglio. Sussultò quando sentì la mano del dio posarsi sul suo ventre. Eros gli sorrideva debolmente.

«Vivrà nel nostro castello, circondato dalla musica e dai fiori», il dio disse piano, come se parlare gli costasse fatica.

«Insieme», Psiche replicò per farsi coraggio.

«Padre», la voce di Afrodite lo riscosse, mentre gli occhi dell'altro si chiudevano di nuovo.

Zeus era apparso nella stanza. Com'era strano pensare che adesso poteva vedere in viso senza alcuna maschera persino il padre di tutti gli dei, il capo supremo a cui tutti, nonostante le intemperanze e i colpi di testa, dovevano piegarsi.

Il padrone dell'Olimpo appariva come un uomo qualsiasi, tranne per la veste sontuosa e lo sguardo luminoso. «Ha osato tanto», commentò.

«Ma devi salvarlo! Lui è sangue divino, Kakia invece...», Afrodite protestò.

«C'è solo un modo in cui può essere salvato e l'altro ucciso», Zeus disse. Dopo un momento di riflessione riprese: «La freccia che ha colpito tuo figlio è stata immersa nell'Acheronte, ed è stata donata a Kakia da Ade. Solo la sua sposa, Proserpina, può darvi l'ampolla che contiene il rimedio. Per Eros il suo contenuto sarà un antidoto, per Kakia e per gli umani, un veleno».

Afrodite gli prese le mani in segno di ringraziamento. «Andrò io».

Lo sguardo di Zeus si posò su Psiche, e lui si sentì indifeso. Cosa poteva volere Zeus? Era forse indignato dal fatto che un umano fosse al cospetto degli dei? Indignato dal figlio che portava in grembo?

«Andrà lui», Zeus disse e lo indicò.

Afrodite sbiancò. «Ma lui è solo un umano e nel suo stato...»

Per la prima volta da quando lei e Psiche si erano conosciuti ci fu tra loro un momento di vera solidarietà e comunione d'intenti. Eros aveva fatto il miracolo. Di fronte a suo figlio sofferente, a suo figlio che si era spinto tanto in là per vendicare Psiche e fare qualcosa degno della sapienza di Atena e della giustizia di Dike, Afrodite cessava tutte le ostilità, incurante di chi detenesse la corona della bellezza e dell'amore di Eros.

Zeus scosse la testa. «Andrà lui, perché ho deciso così e perché c'è sempre una ricompensa per chi compie il mio volere».

Così come era apparso Zeus svanì. Psiche si chinò e baciò il dio dell'amore sulla fronte.

«Dove vai?», quello gli domandò.

I suoi occhi sofferenti e la pelle bianca fecero capire a Psiche che doveva far presto. «Torno subito, tu riposati». Accompagnò le sue parole con un ultimo bacio sulle sue labbra. Poi si alzò. In piedi accanto alla porta l'attendeva Afrodite.

Entrambi lasciarono la stanza, e quando furono sicuri di non essere ascoltati cominciarono a parlare.

«Come ci arrivo dalla dea Proserpina?», Psiche domandò.

Il volto di Afrodite teso e contratto gli diceva che non sarebbe stata un'impresa semplice. Per trovare il rimedio al veleno non sarebbe salito sulla sommità dell'Olimpo, ma sarebbe stato necessario scendere negli Inferi. La dea glielo confermò subito e poi gli disse che gli avrebbe dato un cavallo dei suoi.

«Prendi questa». Afrodite gli porse una bisaccia. Allo sguardo interrogativo di Psiche rispose: «Aprila solo se lo ritieni necessario».

Amore & Psiche (gay story)Where stories live. Discover now