Parte 27 ~ Lo strazio di Eros

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La finestra era aperta, le tende di seta cremisi si piegavano e si distendevano sospinte dal vento. Nessuno l'aveva richiusa. A terra giacevano ancora il pugnale dal manico di avorio e la lampada a olio. I servi erano stati scacciati. La melodia che di solito allietava Eros e i suoi ospiti era sostituita da un silenzio insolito.

Eros sentì le ali dolenti, tanto quanto lo era il suo cuore. Aveva volato per intere notti, girovagato su Atene, poi su Olimpia, infine su tutta la Grecia. Temeva il momento in cui sarebbe tornato al castello e vi avrebbe riconosciuto i segni del tradimento che lo aveva straziato.

Le sue ali sparirono, corse via e si afflosciò sul letto della sua stanza, ma anche lì il ricordo di quanto era accaduto lo tormentava. Il momento in cui la luce della luna aveva colpito i suoi occhi e poi quando l'olio bollente della lampada era gocciolato sulla sua pelle. Bruciava. Ma ancor di più bruciava la realizzazione di quanto era accaduto: Psiche aveva infranto il loro patto, lo aveva tradito, non si era fidato. Eros poteva giustificare tutto: i dubbi, le incertezze, le accuse e le insinuazioni, ma il tradimento no. E se anche avesse potuto perdonare, a non farlo sarebbero stati Kakia e sua madre.

Kakia. Il cuore gli si strinse nel petto. Le mani di Kakia avrebbero toccato Psiche, il suo giovane amore. Scosso da brividi, pianse. Quando riaprì gli occhi il cuore sanguinava ancora. Quale sarebbe stata la sorte di Psiche adesso? Se lo avesse salvato da Kakia, sarebbe riuscito a sottrarlo alle ire di sua madre Afrodite? A convincerla ancora a tenerlo con lui? Era una missione impossibile. La rabbia si mischiava al dolore, ma non sopportava l'idea che Psiche fosse nella rocca. Lo merita, una parte di sé gli disse. Lo meritava per aver lasciato che l'invidia della sua famiglia lo corrompesse.

Si mise a sedere, deciso a recarsi da Kakia, a umiliarsi pur di salvare Psiche. Non lo aveva perdonato, forse non lo avrebbe fatto mai, ma il pensiero che le mani luride del viscido dio lo toccassero lo rivoltava.

Chiuse gli occhi. Quando li riaprì si trovava già davanti alla famigerata rocca di Kakia. Dietro il portale, ne era sicuro, egli teneva prigioniero Psiche e magari aveva già riscosso il suo debito. Avanzò di alcuni passi, ma le guardie gli sbarrarono il passaggio. Poi un fruscio di vesti nella bruma notturna lo indusse a voltarsi. Coperta da un mantello ricamato stava sua madre, la dea Afrodite.

«Sapevo che saresti venuto qui. È disdicevole che abbia avuto ragione. Dopo notti a volare incessante e disperato sei venuto a salvarlo».

Eros sostenne il suo sguardo, sebbene adesso non avesse argomenti per difendere Psiche. In passato era riuscito a piegare la volontà di sua madre parlandole della modestia del giovane, della sua dedizione alla famiglia e agli dei, ma ora? Ora Psiche aveva infranto un giuramento divino e si era reso colpevole di superbia e curiosità. Due peccati che gli dei tolleravano tanto facilmente in loro stessi, ma mai negli umani.

«Quali che siano le sue colpe, madre, non merita questo». Indicò la rocca alle sue spalle.

«Eppure sei tu che hai stretto con Kakia il patto. Hai sbagliato, ti sei fidato troppo di un umano, la cui sola esistenza feriva il mio orgoglio. Sei causa tu stesso del male di Psiche, perché gli hai imposto qualcosa che non sapeva sopportare».

Le parole di Afrodite lo colpirono come un pugno allo stomaco. «No, ho accettato il patto solo perché era l'unica soluzione. Possibile che non ci sia per lui un'altra punizione?»

Afrodite scosse la testa. «Vuoi fare irruzione nella rocca di Kakia, per prenderti qualcosa che adesso è legittimamente suo. Nessun dio ti appoggerebbe, vuoi fare davvero di Psiche una nuova Elena?»

Eros non aveva più voglia di ascoltarla. Il suo cuore era straziato tra la fedeltà alle regole dell'Olimpo, al suo mondo, e i sentimenti che provava per Psiche. Sua madre aveva ragione, e quella certezza lo devastava.

Afrodite gli comparve di nuovo davanti. «Il giovane Psiche sarà sotto l'influsso magico di Kakia, non soffrirà, esattamente come gli altri».

Eros si accese d'ira. Le guardie lo osservavano attentamente, pronte a entrare in azione. «Come fai a credere a questo? Gli schiavi di Kakia diventano esseri senz'anima». Il pensiero che Psiche diventasse come loro gli attanagliò le viscere, proprio come la notte in cui avrebbe dovuto consegnarglielo.

«Colpiscilo con una tua freccia, allora. Lascia che si innamori di lui», Afrodite disse, ma appena le parole lasciarono la sua bocca arretrò. Gli occhi smeraldo di Eros la trafissero.

Eros si avvicinò pericolosamente alle guardie, che già avevano incrociato le lance, dalle punte avvelenate.

«Se Psiche diventerà il motivo di una nuova guerra tra dei verrà, verrà ucciso», Afrodite proclamò, gelando i suoi passi.

Eros strinse tra le dita le sue armi. Davanti a quelle avvelenate delle guardie di Kakia a cosa valevano? Cosa valeva l'amore? Chiuse gli occhi e volò via in una nuvola di rabbia e dolore.

Amore & Psiche (gay story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora