Parte 30 ~ Vendetta

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L'ambrosia aveva un sapore amaro. Eros allontanò con la mano il calice che il servo gli aveva porto. Non lo rimproverò. Da quando Psiche lo aveva tradito e lui lo sapeva tra grinfie di Kakia, tutto gli sembrava amaro, o insapore.

Indossò la sua tunica. Sullo specchio era visibile il segno sulla sua spalla, la scottatura causata dall'olio bollente. Quella notte ancora lo tormentava, così come a tormentarlo erano state le notti successive il volto di Psiche che gli chiedeva aiuto. Lui non poteva darglielo, o almeno di questo sua madre e il suo orgoglio lo avevano convinto. Si coprì con il mantello ricamato. Lasciò sul pavimento la faretra contenenti i dardi dalle frecce dorate. Non avrebbe saputo più come usarle, nonostante le proteste di sua madre e degli altri dei. Il suo cuore era arido adesso, e niente poteva nascere da lui se non altro odio, disperazione e risentimento.

Ai consessi divini non ci andava neanche più per evitare gli sguardi pietosi o di derisione degli dei. E poi per evitare Kakia e il suo sguardo trionfante, il suo sorriso borioso.

A passi svelti attraversò il corridoio e il giardino. I fiori non emanavano più nessun profumo né nell'aria si udiva la dolce melodia che da sempre aveva allietato il castello. Rimaneva il pianoforte che aveva regalato a Psiche e che non aveva avuto il coraggio di toccare. Aveva ordinato ai servi di chiudere la stanza della musica e di non metterci piede per nessun motivo. Era passato un mese e ogni giorno gli era sembrato il più lungo che avesse mai vissuto. E per Psiche?, una voce martellante nella sua testa gli domandò. A Psiche non poteva pensare.

Fuori dal castello montò sul suo destriero. Una parte di sé, quella più orgogliosa e crudele, lo avrebbe indotto a raggiungere Olimpia, a sfogare la sua frustrazione sulla famiglia di Psiche. Ma la piccola parte del vecchio Eros ancora sopravviveva, sebbene ogni giorno fosse soffocata dal rancore. Provava rancore per Psiche, perché lo aveva tradito, e per se stesso, per aver accettato il patto con Kakia, per aver creduto che Psiche potesse essere abbastanza forte da non cedere alla sua curiosità, ai suoi dubbi.

Spronò il cavallo e quello prese a correre lungo i campi che circondavano Atene. Nell'ultimo mese si era sparsa voce tra gli uomini di evitare il dio sul destriero bianco. Eros non aveva cura per nessuno, e se qualcuno osava intralciare la sua strada lui rispondeva con uno sguardo smeraldo che aveva perso il calore di sempre, uno sguardo freddo, in grado di gelare chiunque.

Sentì il vento caldo sul viso, mentre gli zoccoli affondavano nella terra bagnata dall'ultima pioggia. Il tempio della dea Atena sorgeva poco lontano dalla sommità dell'acropoli. Atena era una dea equa, ma neanche lei si era intromessa nella faccenda di Psiche.

Eros entrò a grandi falcate nel tempio. Ignorò i devoti che inginocchiati sui gradoni di pietra chiedevano grazie e le rendevano omaggio. Poveri umani, se solo avessero saputo che agli dei nulla importava di loro.

La dea, i capelli raccolti in una crocchia alla base della nuca, sedeva su una poltrona di legno dal cuscino di velluto, gli occhi lucenti posati su una mappa che si stendeva sulle sue ginocchia. Quando udì i suoi passi sollevò la testa, l'espressione sorpresa e in parte oltraggiata.

«Da quanto tempo. Non ci hai allietato con la tua presenza all'ultimo consesso divino, o, meglio, agli ultimi. L'Olimpo è vuoto senza il dio dell'amore».

Un sorriso increspò le labbra di Eros. «Dopo che avrò lasciato il tuo tempio, penserai che sarebbe stato meglio non vedermi affatto».

La dea posò i palmi sul tavolo davanti a lei, il suo viso non mostrava il minimo turbamento.

Eros le si avvicinò. «Sono venuto a prendermi quello che è mio.», puntò il dito sulla zona nei pressi di Olimpia. «È assurdo che Olimpia sia un'enclave, circondata dai tuoi territori». Il suo tono imperioso incrinò la maschera imperturbabile della dea. Le sue gote si arrossarono, gli occhi divennero più lucenti, a suffragare il suo epiteto di glaucopide.

«Chi ti dà il diritto di avanzare questa pretesa? Sei un dio, comportati come tale».

«Come un egoista, avido, capace di pensare solo a se stesso?», Eros la sfidò.

Lei rimase in silenzio. «Ti manda tua madre?»

Eros scosse la testa. «Sono qui per me stesso. Non mi importa più di essere accomodante con voi tutti, di usare il mio dono per compiacere le vostre alleanze e rafforzare il vostro potere».

«Non ti importa di scatenare una guerra? E credi di vincerne una proprio contro di me?»

«Dammi quello che mi spetta o non esiterò ad affamare i tuoi territori per metterti contro chi li abita».

Gli occhi di lei scintillarono, ma Eros non ne provò paura. La dea della guerra non poteva fargli più male della goccia dell'olio bollente che gli era caduta sulla spalla e che lo aveva svegliato da un sogno fiabesco di amore, né dell'idea che Psiche fosse nelle mani di Kakia. Odiava e amava e non distingueva più tra i due sentimenti.

«Se oserai farlo, la mia vendetta sarà inclemente», la dea disse. Una civetta, animale a lei sacro, volò nella stanza.

Eros abbandonò il suo tempio, e montò sul suo cavallo. Al galoppo raggiunse Olimpia, non entrò nel bosco dove aveva incrociato per la prima volta gli occhi dell'infido umano di cui si era innamorato. Se solo non gli fosse interessato della sua sofferenza, tutto sarebbe stato più semplice. Al confine con Olimpia sorgeva un tempietto, dedicato ad Atena. Con uno sguardo, in mancanza delle frecce, fece scattare l'amore tra una fanciulla a lei devota e un pastore. Immaginava la dea della guerra rodersi. Questo era solo un assaggio. Il giorno successivo avrebbe fatto molto di più, fino a quando anche Kakia e la sua rocca non fossero state distrutte da Zeus, e poi di lui il padre degli dei poteva fare ciò che credeva.

La sua unica ragione di vita era la vendetta. Oggi si occupava delle zone dominate da Atena, domani sarebbe stata la volta delle zone di Kakia.

I campi bruciarono per il mese successivo, vittime della sua ira, del suo cuore infranto. Quando Kakia lo convocò non ne fu stupito. Era quello che voleva.

Questa volta le guardie della rocca sollevarono le lance e lo fecero passare. Lungo i corridoi di pietra Eros cercò tra gli schiavi di piacere colui che amava e odiava, ma non scorse tra i visi sfatti dal piacere e privi di volontà quello che cercava.

Kakia lo accolse con lo sguardo colmo di ira, e le guance paonazze, che facevano risaltare il suo viso squadrato. «È una guerra che vuoi?», lo aggredì.

«Non credevo te ne saresti dispiaciuto, tu vivi per la guerra, per commettere crimini, per corrompere».

Kakia gli si avvicinò. «Hai perso la testa, ma puoi biasimare te stesso per questo, non me. Ti avevo avvisato che gli uomini...»

Eros lo afferrò per il collo della tunica. «Sono stanco di sentirti pontificare. Ho conosciuto uomini che hanno più dignità di te».

«Stai oltraggiando tutti gli dei...»

Eros lo lasciò d'improvviso, facendolo barcollare. «Ti impedirò di continuare queste nefandezze». Il suo orgoglio gli impediva di domandargli di Psiche. Lo avrebbe cercato da solo, che tutti gli dei lo trafiggessero!

Aprì la porta, ma la voce di Kakia lo indusse a fermarsi: «Lui non c'è».

Eros si voltò, lo scrutò a lungo per capire se stesse dicendo la verità. Non credeva che Kakia avrebbe rinunciato a una bellezza quale era Psiche.

«Cosa gli hai fatto?»

«Dopo averne goduto, l'ho venduto».

«A chi?»

«A chi poteva costringermi a farlo. Una dea l'ha voluto per sé, tua madre. A lei non ho potuto dire di no, è lei che ha il dominio sulle belle creature, ed era a lei che avevo chiesto il permesso per il nostro patto».

«Se mi stai mentendo...»

Kakia afferrò uno dei calici di vino che voleva sempre colmi in giro per la rocca, e ne trangugiò il contenuto. «Non avrei voluto darlo via, ma ho dovuto. Voglio che la guerra finisca e che tu mi lasci in pace».

Eros ingoiò le parole di disprezzo che avrebbe voluto rivolgergli. Provò vergogna anche per se stesso, per aver in passato usato le sue frecce per scopi sbagliati.

«Sei solo un semidio, ricordatelo», si limitò a dirgli.

Poi lasciò la rocca. C'era un posto che richiedeva la sua presenza.

Amore & Psiche (gay story)Where stories live. Discover now