31. Gallium

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Andare in palestra per me non ha mai significato nulla. Né un passatempo, né una valvola di sfogo. Niente.
Ho sempre dato tutta me stessa nello studio, nel team, e ho lasciato che i miei pensieri venissero consumati dall'impegno che mettevo in ciò che stavo facendo.
Insomma, ho sempre ignorato tutte le persone che mi consigliavano di fare attività fisica per sgomberare la mente.
In più sono una persona sbadata per natura e nonostante mio padre mi abbia fatto provare tutti gli sport possibili ed immaginabili io sono sempre riuscita a combinare guai.
La schiacciata ricevuta in pieno viso durante la mia prima partita di pallavolo in seconda media fu indimenticabile.
In ogni caso, se mi ritrovo in piena notte a sgattaiolare per i corridoi del nostro albergo a Sochi alla ricerca della palestra, potete immaginare quanti pensieri gravitino incessantemente per la mia testa.
Domani ci sarà la gara e la Mercedes ci sta massacrando da due giorni, c'è poco che il nostro morale risollevato possa fare.
E poi beh, ho anche molti altri problemi, ma non c'è bisogno che ve lo dica dopotutto.
Finalmente al piano terra trovo l'immensa sala attrezzi iper-accessoriata di cui avevo visto le foto sul sito web dell'albergo.
Mi inizio a fare strada tra bilancieri e macchinari alla ricerca di un tapis-roulant quando sento dei colpi poco lontani.
Piego la testa da un lato, confusa.
Non sono quindi l'unica matta che ha bisogno della palestra nel cuore della notte.
Avanzando di qualche metro scopro che poco più in là c'è un ring con numerosi attrezzi da boxe.
Mi aspettavo di trovarci dei maniaci della palestra come Lewis, Daniel e Checo... non di certo Charles.
Non è mai stato un tipo da pugilato e il sacco che sta utilizzando sembra veramente troppo grande per lui.
Charles lo colpisce scompostamente, con rabbia, la mascella serrata e gli occhi che mi ricordano un mare in tempesta.
Sto trattenendo il fiato senza rendermene conto.
Abbasso lo sguardo verso la panca ai piedi del ring dove sono abbandonate numerose fascette sporche di sangue ormai secco.
"Non riesci a dormire?" riesco finalmente a trovare il coraggio di chiedere.
Ho la gola improvvisamente secca e le parole mi escono strozzate ma nel silenzio notturno si sentono forti e chiare.
Charles si ferma di botto e per poco il sacco non gli finisce in faccia, ma lui lo ferma deciso con una mano.
Il petto gli si alza e gli si abbassa freneticamente a ritmo con i suoi respiri affaticati.
Passa veramente tanto tempo a fissarmi prima di decidersi a rispondermi.
"Sto parlando con te, Charles"
Il mio tono è quasi scherzoso, anche se mi mantengo cauta.
"Scusa" si appresta a dire, abbassando lo sguardo.
"Non sono più abituato a sentire la tua voce che si rivolge a me" aggiunge con una sincerità disarmante.
Ormai non cerca più di nascondere la sua sofferenza.
"Ti avrei scritto, se non fossi stato tu a lasciarmi"
"Ti avrei scritto, se non avessi iniziato ad uscire con qualcun altro"
Non saprei dire chi tra noi due appaia più risentito.
"Che avrei dovuto fare? Sì, è stato molto infantile uscire con Max per dimenticarti, spero ti possa rincuorare il fatto che non abbia funzionato!"
È davvero un pessimo momento per mettere da parte il mio orgoglio.
Charles non dice niente, si limita a sedersi a bordo ring sfilandosi le fasce bianche che gli avvolgono le mani.
"Tu neanche riesci a dormire a quanto pare" dice ad un tratto, evitando accuratamente il contatto visivo.
Sospiro, con le braccia conserte.
Prima di potermi inventare qualche scusa con cui rispondergli noto le sue nocche contuse, sporche di sangue rappreso come le fasciature che avevo notato prima.
Deve sentire parecchio dolore con i guanti mentre impugna il volante.
Che cosa ti stai facendo, Charles?
"Aspetta qui, prendo del disinfettante"
Il mio non è un vero e proprio ordine eppure quando ritorno dagli spogliatoi Charles è ancora lì seduto, non si è mosso.
Provo ad ignorare la scossa elettrica che mi risale la spina dorsale appena gli afferro le mani ma so che l'ha sentita anche lui, perché trattiene il fiato per un istante.
Inizio a passargli con delicatezza un batuffolo imbevuto di acqua ossigenata sulle dita.
"Visto che lavoreremo insieme da questo inverno sarebbe molto più semplice smetterla di ignorarci" sussurro, assicurandomi però che lui mi senta.
Il monegasco alza di scatto la testa.
"Allora rimani in Ferrari?"
Annuisco distrattamente e so che almeno dentro di sé Charles sta sorridendo.
Termino il mio lavoro di crocerossina nel più assoluto silenzio.
Maledico mentalmente la mia pessima idea di alzare lo sguardo sul suo viso quando siamo ancora così paurosamente vicini; gli occhi di Charles avranno sempre la capacità di farmi avvertire un vuoto dello stomaco, come se camminassi sulle nuvole.
"Come posso smetterla di ignorarti se ogni volta che ti guardo ho voglia di baciarti?" mi chiede lui, quasi sull'orlo di una crisi di nervi.
Quanto cazzo lo capisco.
Faccio un passo indietro, ingoiando a vuoto.
"Pensavi che lasciarci ci avrebbe fatto bene... ti svelo un segreto: non sta funzionando"
Charles si passa stancamente una mano sul viso, stropicciandosi gli occhi. Così dimostra molto meno dei suoi 20 anni.
Mi stringo nel mio pigiama a maniche lunghe, il clima russo non perdona neanche nell'hotel climatizzato.
Senza neanche chiedermi il perché mi ritrovo la felpa nera di Charles sulle spalle. Ormai nel mio armadio ci sono più vestiti suoi che miei.
"Grazie" mormoro riconoscente.
"Grazie a te, beh, per le mani" – poi aggiunge: "Andiamo a dormire, Marty, ne abbiamo bisogno tutti e due"
Usciamo insieme dalla palestra e affrontiamo spalla a spalla, in silenzio, un buon tratto del corridoio e poi il percorso in ascensore.
Ci guardiamo di sfuggita e appena cogliamo lo sguardo dell'altro ecco che siamo pronti a distoglierlo.
Cosa ci stiamo facendo, Charles?
Appena le porte si aprono la prima ad uscire sono io.
"Tra te e Max era una cosa seria?" chiede Charles, improvvisamente.
Mi giro un po' spiazzata.
"Siamo amici" dico, quasi a volerlo rassicurare.
"Che t'importa?"
"Perché sono innamorato di te"
Il tono di Charles è così maledettamente serio.
Lo sapevo, sapevo che non poteva avermi dimenticato. I nostri sentimenti sono ancora lì.
"Anche io...!" ma ormai sto parlando alle porte chiuse dell'ascensore.

***

La domenica non è una grandissima giornata per noi ma ce lo aspettavamo.
Terminare al terzo e al quarto posto è il meglio che possiamo fare al momento, anche se tutti gli occhi sono puntati sul settimo posto di Charles. Il futuro della Ferrari è roseo, scrive la stampa.
Il mio di futuro invece è come al solito un mistero, almeno per ciò che riguarda la mia vita sentimentale.
Non ho la più pallida idea di cosa fare. Dovrei riprovarci? Il primo passo dovrebbe farlo Charles, come minimo.
A che scopo poi? Non posso essere mollata come un'idiota ogni volta che le cose vanno male e sono stanca di essere tenuta nascosta come un guaio da coprire.
Che schifo le scelte.
Approfitto del viaggio in aereo per raccontare a Max cosa è accaduto ieri sera e lui in particolare dice una frase che mi tormenterà per tutta la settimana: "Lotta un po' di più per le cose che desideri e per le persone che ami, chi ti dice che devi lasciarle andare è solo un perdente, tu non sei così Marty"

Chemistry | Charles LeclercWhere stories live. Discover now