33. Arsenic

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Da quando siamo atterrati in Giappone mi limito a lanciare a Charles sguardi fugaci, senza poter fare a meno di notare la sua aria cupa.
Siamo a Suzuka e questo posto vuol dire soltanto una cosa: Jules.
In questi giorni però in Asia c'è il sole. Soltanto in quel weekend di qualche anno fa la pioggia aveva deciso di portarsi via un giovane nel fiore degli anni, penso amareggiata.
"Marty, forza, ti stiamo aspettando!" mi richiama Riccardo Adami.
La riunione sta per cominciare, manco soltanto io.
Dopo il solito briefing e la scelta delle strategie gironzolo per il paddock alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti insieme a Seb.
"Allora, ci sono novità?" mi chiede indagatore.
"Di che novità parli?"
"Quel genere di novità"
Entrambi ci siamo capiti.
Io faccio spallucce.
"Penso che dipenda da me, a questo punto, ma non è il momento né il posto adatto per prendere una decisione"
Salutiamo Pierre che cammina a passo svelto con un mazzo di fiori in mano: sono per Jules.
"Hai avuto modo di parlargli? Ci sono troppi brutti ricordi qui per lui"
"Non ancora... non so neanche cosa dovrei dirgli"
"Smettila di pretendere che le cose tra di voi siano cambiate Marty, digli ciò che gli avresti detto quando stavate insieme"
Sebastian mi fa innervosire perché ha sempre ragione.
Coglie il lato più semplice delle cose, per lui non esistono i vicoli ciechi.
È snervante, vorrei avere la sua positività.

***

Prima che le seconde prove libere incomincino so già dove trovare Charles.
Non avevo mai visto da vicino la Dunlop, la curva che sotto il diluvio fu fatale a Jules.
Conosco bene la dinamica del suo incidente ma ho fatto in modo di dimenticarmi le terribili immagini di quattro anni fa.
Proprio lì, oltre il cordolo, c'è una foto del francese e tantissimi fiori freschi.
In piedi davanti a questo altarino improvvisato se ne sta Charles, la tuta dell'Alfa Romeo leggermente aperta sul davanti e il casco sottobraccio.
Se lo conosco bene è qui da quando è sceso dalla macchina.
Non è il genere di persona che parla con i morti, Charles a queste cose non ci crede.
Se ne sta lì e pensa.
Pagherei oro per entrare dentro alla sua testa in questi momenti.
Sono felice che non mi abbia notato, o almeno così credo.
"Vieni qui vicino a me" dice, schiarendosi la voce.
Sobbalzo, Charles troverà sempre un modo per sorprendermi.
Tremando leggermente faccio come mi dice e lo affianco. Di fronte a noi Jules nella foto sta sorridendo, i capelli disordinati come al solito.
"Ciao Jules" mormoro, perché io invece ai fantasmi non smetterò mai di crederci.
Charles mi cinge i fianchi con un braccio ed io non protesto.
"A volte penso di sentirlo"
Capisco perfettamente cosa intende.
Non è Charles a parlare con gli spettri, sono loro a parlare con lui.
"Cosa ti dice?"
"Charles, andiamo, scala quella marcia! Che senso ha avere un DRS se prendi il rettilineo in sesta?"
Ridacchio leggermente nel sentire Charles imitare la voce del suo padrino.
Dice che Jules amava la velocità forse anche più di lui.
Scruto Charles mentre lui guarda fisso davanti a sé, come se nulla possa piegarlo.
Sembra il soggetto di un dipinto, uno di quei quadri del 1400 che nella galleria degli Uffizi rimango a guardare per ore.
"Adesso che cosa ti stai dicendo, invece?" gli chiedo, persa ad osservare il suo viso.
"Dice che sei bella"
Nel pronunciare queste parole si volta a guardarmi negli occhi, facendomi venire la pelle d'oca.
Mi sembra tutto dannatamente giusto e sbagliato allo stesso tempo.

***

Quando Max mi trova in camera mia qualche ora dopo, con la sera che è calata su Suzuka, sto singhiozzando come una ragazzina.
Si appoggia alla porta con le braccia conserte.
"Smettila Marty"
"Non ci riesco, non posso, non ce la faccio"
Continuo a piangere in preda al panico e per un po' lui non dice niente.
"È questo che vuoi fare? Rinnegare per sempre i tuoi sentimenti perché hai troppa paura di viverli?"
Mi sono sempre reputata una ragazza coraggiosa, forte, ma quando c'è di mezzo Charles smetto di esserne così sicura.
Il modo di Max di consolarmi non è affatto ordinario, come tutto ciò che lo riguarda del resto.
Mi prendo le sue prediche e le sue coccole nel più muto silenzio e so che lui coglie il mio ringraziamento quando prima che se ne vada rimango stretta tra le sue braccia per più tempo del previsto.
Qualcosa in Max mi ricorda mio fratello Marco, sarà il fuoco negli occhi o gli abbracci forti che mi dà.
Questa notte non chiudo occhio per neanche mezzo secondo, zero. Tutto il tempo a fissare il soffitto, sembra essere diventata una routine.
Quando l'orologio digitale sul comodino segna le tre di notte mi alzo come una molla, l'adrenalina che mi scorre in corpo e la consapevolezza che per un istante di felicità potrei mandare a fanculo mesi di buoni propositi.
È assurda la connessione che lega la mia mente con quella di Charles.
Appena apro la porta della mia camera con frenesia, noncurante di essere solo in pigiama, con il pugno a mezz'aria pronto a bussare trovo Charles nelle stesse condizioni.
Lo guardo, mi guarda.
Penso che nessuno mi abbia mai fissato con tale intensità, con tale desiderio, scavandomi dentro fino a sfiorarmi l'anima con lo sguardo.
Fremo e mando tutto al diavolo, trascinandolo contro il mio corpo con irruenza.
La porta si chiude con un tonfo dietro di noi ed io mi ritrovo schiacciata contro la parete, il petto di Charles che combacia perfettamente con il mio mentre mi bacia senza sosta.
Nessuno di noi due pronuncia una singola parola ma facciamo l'amore come non l'abbiamo mai fatto.
Lacrime salate solcano le guance del mio monegasco mentre mi sovrasta tra le lenzuola candide ed io gliele asciugo con una scia di baci.
In Giappone di notte scende il freddo e io per la prima volta dopo settimane riesco a dormire tranquilla stretta tra le braccia del ragazzo che, nonostante tutto, amerò per sempre.
Il mio respiro prende il ritmo del cuore di Charles e mi lascio avvolgere dal calore delle coperte e del suo corpo contro il mio.
Non riusciamo a dirci nulla, crolliamo entrambi praticamente subito, con un cumulo di emozioni che ci gravano sulle spalle.
Domani mattina dovrò fare i conti con la realtà.

***

C'era qualcosa nell'aria che mi aveva fatto intuire che Charles avrebbe abbandonato il mio letto prima che io mi fossi svegliata.
Oggi è giornata di qualifiche e anche lui avrà bisogno di mettere in ordine le idee prima di salire in macchina.
Mi siedo al centro del letto e porto le lenzuola fin sopra il viso per sentire il profumo che lui ha lasciato.
Almeno sono certa che non sia stato un sogno.
Sono così confusa e spaventata.
Perché fare l'amore è così facile ma parlarne subito dopo è una tragedia? Non basta solo il linguaggio del corpo?
Il mio cellulare vibra: è Max.
«Ho visto Leclerc uscire dalla tua stanza stamattina, spero che l'orgasmo ti abbia fatto delucidare meglio la situazione ;) »
È sempre il solito pervertito!
Se Max Verstappen fa davvero il tifo per quello che fino ad ora è stato il suo peggior rivale allora il mondo sta probabilmente per finire oggi.
Questo pensiero persevera nella mia mente durante tutto il Q1 dove tra il testacoda di Seb, l'incidente da bandiera rossa di Marcus e la pioggia ho rischiato l'infarto troppe volte per i miei 21 anni.
Charles non entra in Q3 perché anche la sua monoposto si gira.
Di solito è un mago sotto la pioggia ma qui siamo in Giappone e i brutti ricordi sono troppo vividi per concentrarsi sul serio, credo che nessuno gliene farà una colpa. Io non lo faccio.
Con Kimi a stento strappiamo la quarta posizione e mentre nei box c'è il solito malcontento generale io scappo nel paddock senza una meta.
O forse una meta c'è ed è una persona.
Incrocio lo sguardo di Charles prima che lo trascinino nella zona intervista.
Con gli occhi ci diciamo di tutto ma la domanda che resta in sospeso è: cosa stiamo facendo?

Chemistry | Charles LeclercWhere stories live. Discover now