Sei

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-No, tu stai scherzando! - rido facendo sentire la mia voce fin fuori dallo spogliatoio. -È vero! -insiste Jason con un sorriso divertito sulle labbra.
-Allora quell'uomo non è normale. -rido e Jason dopo di me.
Usciamo insieme dallo spogliatoio poi salutando i nostri colleghi che avevano preso il turno passiamo la soglia della porta del bar.

Un fresco vento mi colpisce il viso e anche i capelli portandoli indietro.
Jason cammina al mio fianco e guarda davanti a sé in silenzio.
Piccole gocce di pioggia cadono sul mio naso all'insù facendomi alzare la testa verso il cielo.
-Sta piovendo! -le parole di Jason escono come un sussurro, parlando con se stesso.
Lo guardo e ha la testa china sulle sue bianche scarpe da ginnastica.
-Vuoi venire e pranzare da me? -chiedo con un sorriso sul volto.
Gira la testa di scatto verso la mia direzione puntando i suoi occhi nei miei. -Non vorrei disturbare! -timidamente mi regala un sorriso sincero. -Ma che disturbo! -lascio un leggero schiaffo sul suo braccio.
-Grazie! -si guarda di nuovo le scarpe.

...

-Che cosa ti va? Hai qualche voglia particolare? -chiedo alzandomi dalla sofà marrone del salotto dove si è accomodato anche Jason. -Non voglio metterti in difficoltà, però io sono vegetariano. -le sue guance si tingono di un leggero rossore che mi fa sorridere.
-Ah beh, allora siamo in due. -sventolo  la mano in aria e rido. -Wow, non sapevo! -. -Sono molto le cose che non sai di me, ma con il passare del tempo ci conosceremo meglio. -dico comprensiva.
Lo vedo ancora molto timido.

Entro in cucina e mi metto a preparare il pranzo. Una pasta all'arrabbiata e come secondo una frittata con le verdure.

...

-Hai una bella biblioteca! -Jason fa la sua entrata in cucina con una mano nella tasca delle jeans e nell'altra si tiene un libro che non riesco a distinguere da qui.
-Ah si? Uno di quelli è mio. -dico mescolando il sugo con la pasta.
-Ho visto. -alza il libro che aveva in mano in aria e con l'indice dell'altra mano lo indica. -Ho letto la trama. -si siede in una delle due sedie della cucina e appoggia il libro sul tavolo muovendo i fogli velocemente sovrappensiero. -Come ti sembra? -metto i due piatti di pasta sul tavolo insieme alle posate e i bicchieri.
-Molto intrigante! -si prende una forchettata di pasta e lo porta alla bocca. -Se vuoi puoi prenderlo. Te l'ho regalo, ho un altra coppia. -mi sorride timido e mi ringrazia.

...

Il resto del pranzo e passato a parlare del più e del meno. Delle cose che ci piacciono e quelle che non ci piacciono.
Ho scoperto che anni fa faceva motocross, ma i suoi genitori non hanno voluto che praticasse questo sport, perché era pericoloso.
Ha vent'anni e non va in discoteca e roba del genere.
Adesso ha smesso di fumare. Non vuole più tornare dai suoi genitori perché cosi si sente libero, anche se solo.

Preparo due cioccolate calde e vado nel salotto, noto piacevolmente che ha già preso a leggere il mio libro. -Grazie. -prende la tazza fumante di cioccolato e ne beve un sorso dopo aver soffitto un paio di volte.

Vedo che si è sciolto un po.
Resto a guardare questo ragazzo che perso nella lettura sembra cosi spensierato.
La vibrazione di un telefono lo fa sussultare e mi guarda per capire di chi è la suoneria.
-È mio! -prendo il telefono che avevo lasciato sul divano vicino alle mie gambe.
Annuisce con la testa sorridendo e torna a leggere le pagine color avena.

Sullo schermo c'è scritto solo il numero senza un nome.
Non ho idea che potrebbe essere quello dall'altra parte della linea.
-Pronto? -sento un sospiro e poi una finta tosse. -Chi è? -chiedo un po scocciata.
-Ciao... Girasole... -deglutisco rumorosamente. -Mi senti?! -chiede dopo un po che resto senza fiatare.
-Che cosa vuoi? -il mio tono diventa freddo dopo essermi ripresa e aver messo da parte le emozioni.
-Come stai? -la sua voce sembra strana, come se li importasse di me.
-Bene. -la voce esce più dura di quanto volevo. -Scusa se ti disturbo, lo so che non mi vuoi parlare... Ma volevo sapere come stavi, dove ti trovi... Ho bisogno di sapere. -ha una voce spezzata.
Mi mordo il labbro inferiore per non lasciare le lacrime libere.
Poi non sono sola.

-Sono passati due anni Mike! -dico esausta. -E tu mi stai chiamando solo ora. -sento i nervi salirmi come delle fiamme.
-Lo so. E sono stato uno stupido. -prende un altro respiro. -Posso venire da te? Dove ti trovi? Cazzo Maisy, mi manchi. -parla così veloce che non ho avuto neanche il tempo di interromperlo.
-Non puoi venire da me. E non ti dico dove mi trovo. -alzo la voce attirando l'attenzione di Jason che alza subito gli occhi dal libro e mi guarda agrottando le sopracciglia.

In pochi secondi e vicino a me che mi guarda con un espressione preoccupata. -Perché sei nevosa, Maisy... -chiede con una voce da cucciolo.
-Maisy, di chi era quella voce? -Mike dall'altro capo mi fa sussultare per lo spavento.

-Jason non ti preoccupare è solo un conoscente, mi ha chiamato per chiedermi come sto! -faccio un sorriso che lui ricambia. -Un conoscente? Stai scherzando Maisy, dopo tutto quello che c'è stato tra di noi?! -sento l'irritazione nella sua voce ciò che mi da di più sui nervi.
-Senti qui Mike. Tutto quello che c'è stato tra di noi hai voluto tu mandarlo all'aria. Sei stato tu a rovinare tutto, quindi non venire a farmi in quinto grado per come ti presento alla gente. -sento il corpo andare in fiamme, con mano destra tocco i capelli continuamente, gesto che faccio sempre quando sono nervosa.
Sto per riattaccare. -Maisy, la prima cosa: Non riattaccare, ascoltami. La seconda: smettila di toccare i capelli. - chiudo gli occhi e stringo la mascella fino a farmi male i denti.
Sa ogni mia mossa e questo mi fa sentire male.
Sono stata io a lasciarli la possibilità di conoscere ogni parte di me.
-Perdonami. OK? -dice tranquillo. -È che ho sentito una voce maschile e poi te che gli hai detto che al telefono è una persona poco importante e... -lascia la frase a metà perché sa già che ho capito. -Lo hai scelto tu! -puntualizzo. -Dove di trovi? -chiede con fermezza.
-Non te lo dico Mike, non insistere. -mi sento stanca, non fisicamente, ma ho il cuore stanco.
-Maisy, so che sei a New York, ma dimmi dove, cazzo. Dimmelo. -alza la voce. -No! -secca e ben precisa anche in cinese lo capirebbe. -Sai che sarò la vero?! Sai che se voglio una cosa la prendo! -subito chiudo la chiamata e sbuffo.
Metto la mano tra i capelli esasperata.

Vedo Jason che mi guarda perplesso e alzo gli occhi al cielo.
-Scusa per la scena in quale hai dovuto assistere. -mi siedo vicino a lui. -Non ti preoccupare è normale. Capita litigare con il proprio ragazzo no?! -fa un sorriso furbo alzando e abbassando le sopracciglia continuamente. -Che?! Mike? No! Ci siamo lasciati già da un paio di anni. -sventolo  la mano come se la cosa non m' importasse minimamente.
-Ah? Vuoi dirmi il motivo? -chiede mettendosi comodo.
Sbuffo e lo guardo con gli occhi che si riempiono di lacrime. -Tradita! -mi mordo il labbro facendolo diventare rosso e alzo le spalle.
-Oh! Come lo hai scoperto? -non si mette ad abbracciarmi e per questo gliene sono grata perché se no sarei scoppiata in un mare di lacrime. -L'ho beccato a letto con la mia migliore amica. -asciugo le lacrime con il dorso della mano. -Porca troia! -. -Già... -guardò in un punto indefinito davanti a me. -E adesso che cosa voleva? -chiede indicando in telefono sopra il tavolo. -Volva sapere come stavo, dove mi trovavo. Voleva venire a parlare. È la prima volta che mi contatta in questo due anni. -metto le mani in grembo. -Dopo due anni si fa vivo e vuole chiarire?! -alza un sopracciglio. -Strano! -afferma dopo poco. -Già. -

Strano...

ESCAPEWhere stories live. Discover now