Vent'uno

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Maisy

Rimango a fissare Mike, che si trova ad un passo da me che mi guarda con quei occhioni ghiacciati.
Vederlo da vicino - da così vicino - dopo due anni sento mille sensazioni crescere dentro il mio stomaco.
-Posso entrare? - abbassa la testa però non rompe il contatto visivo, mi guarda come un cucciolo indifeso.

No!

-Si! -mi riprendo dallo stato di shock e li faccio spazio per entrare.
So che dovrei ascoltare, la mia voce interiore, ma a volte il cuore parla da sé.

Entra e si guarda intorno togliendo le scarpe gialle da ginnastica, abbiamo avuto sempre dei gusti simili nel scegliere le cose.
Insieme alle scarpe anche il giubbotto nero, insieme ai guanti.

Mi segue fino in cucina in silenzio e una volta dentro mi appoggio al mobile e lui va vicino al tavolo stando in piedi a guardarmi.
-Che vuoi? -questa volta in mio tono diventa freddo, non lascio trasparire nessun tipo di emozione.
Passa la lingua sulle sue labbra rosse per il freddo, e passa le dita tra quei ricci ribelli.
-Parlare. -dice in un sussurro pregandomi con gli occhi.
-Come hai fatto a trovarmi? -incrocio le braccia sotto il seno e sembra indeciso su come rispondere.
-Ho chiesto l'indirizzo ai tuoi genitori. A tuo padre. -dice gesticolando con le mani.

Alzo gli occhi al cielo, mio padre è sempre stato cosi.
Cazzo!!
-E chi di dice che io volevo incontrarti? -chiedo ironica alzando un sopracciglio.
Mi guarda negli occhi per leggermi dentro fa un piccolo sorriso da bambino avvicinandosi a me con passi lenti.
-Perché so che anche tu hai troppe domande alle quali vuoi delle risposte. Perché so anche tu vuoi liberarti da quello che ti sta tormentando l'anima. -prende il mio viso tra le sue grandi mani e mi guarda negli occhi, risucchiandomi anche l'anima.

-So che non è facile per te, cazzo, lo so. Non so che cos'avrei fatto se fossi stato al tuo posto, ma credimi quando ti dico che io non ti ho tradito perché non ti amavo. Credimi. -nel sentire dalla sua bocca quella che mi ha fatto i miei occhi si riempiono di lacrime e il mio labbro inferiore trema.
Mi guarda e anche i suoi occhi diventano lucidi e una lacrime riga sulla sua guancia e così scoppio in un pianto disperato.
-Amore mio, ti prego perdonami. -tiene il mio viso tra le mani e con i pollici mi asciuga la lacrime che bagnano le guance.

Lo spingo dal petto con tutta la mia forza e fa due passi all'indietro guardandomi con le lacrime agli occhi.
-No mi toccare, hai capito. Non voglio più avere nulla a che fare con te, mai più. -urlo disperata e asciugo le lacrime con i nervi a palla.
-Ti presenti a casa mia, dopo due fottuti anni e pretendi che io ti perdoni per quello che mi hai fatto provare. -abbassa la testa e porta una mano nei capelli stringendoli con forza.
-Ti sto chiedendo scusa, cazzo. So che quello che ho fatto non può essere giustificato, ma ascoltami. -urla anche lui nervoso.
-Ah, anche urli ora?! Sono io quella che devo essere arrabbiata con te Mike, non il contrario. E dimmi un po'  perché dopo dua anni, perché dopo due anni hai deciso di contattarmi?! -lo guardo e sono sicura che i miei occhi siano rossi dalla rabbia.
-Non ti sto costringedo ti perdonarmi. -urla e si mette una mano nei capelli, di nuovo.
-Ci mancherebbe. -alzo le braccia al aria e poi li lascio cadere lungo i fianchi esasperata.
-Ti sto solo chiedendo di ascoltarmi, poi decidi tu se perdonarmi o meno. -
-E qui il punto, io non voglio ascoltarti. Non voglio ascoltare le tue balle. -dico con la gola in fiamme per le urla
-Non sono balle, ascoltami ti prego. -viene ancora verso me, ma lo fermo con la mano.
-Non ti avvicinare, brutto stronzo. -urlo e porto i capelli sciolti dietro la schiena con forza.
-Dammi tutti i nomi che vuoi, so di meritarli, ma ti sto supplicando di ascoltarmi solo questa volta. Non ti disturberò più prometto. -si avvicina cauto, passo dopo passo guardandomi negli occhi.

Nei suoi occhi riesco a leggere il pentimento e anche la sofferenza.
Anche lui ha sofferto, ma la vittima ero io e lo sono tutt'ora.
-Solo ascoltarmi. -parla di nuovo troppo vicino al mio viso. - Ti prego. -sussurra e io come
ipnotizzata guardo le sue labbra carnose e rosse.
Passa la lingua per inumidirle e noto che anche lui sta guardando le mie labbra bramoso.

-Allora parla. -lo incito e lui sorpreso annuisce non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso.
Mette le mani sul mobile della cucina incastrandomi tra le sue braccia, con il viso vicino al mio e gli occhi dentro nei miei.
-Era un sabato sera, e come sempre avevamo organizzato la serata tra amici al mare. Quella sera non hai voluto venire perché eri ispirata e stavi scrivendo sul PC, e così sono andato da solo. Il gruppo era già lì che ci aspettava. -prende un profondo respiro e abbassa per un attimo gli occhi, ma torna subito a guardarmi.
-Tra una birra e l'altra, tutti insieme ho perso il conto. Eravamo tutti brilli e quasi a metà serata si unisce anche Julies, che aveva portato altre birre. E tu sai come eravamo fatti, ci piaceva divertirsi così dopo aver giocato e bevuto siamo andati in acqua. -chiude un attimo gli occhi e stringe le labbra, e so bene che sta per dirmi qualcosa che non mi piacerà affatto.
-Julies stava tremendo sott'acqua e sono andato da lei per prenderla in giro, ma ho notato che non aveva il costume, era dentro l'acqua nuda. Come il resto dei ragazzi, ero brillo non capivo così ho tolto le mutande. Eravamo nudi tutti e due, dentro l'acqua. Julies si era avvicinata per mettermi la testa sott'acqua, ma non ci riuscì. Poi è successo tutto. L'ho, baciata, ma ripeto ero brillo e anche lei lo era. E abbiamo fatto sesso per prima volta quella sera. -manda giù un groppo di saliva, e mi guarda negli occhi.
-Quando sono tornato a casa e ti ho vista dormire sul nostro grande letto, mi sono sentito una merda. Per giorni ho pensato come dirtelo, ma non ne avevo il coraggio. Ero spaventato, perché sapevo che mi avresti lasciato.
Però mi facevo schifo sempre di più perché ogni cazzo di giorno andavo a casa di Julies per sfogarmi e finivamo per fare sesso. -chiudo gli occhi per le bombe che sto ricevendo una dopo l'altra e per il mio cuore che sta tremendo per il dolore.
Quanto ancora devo sopportare per colpa sua.

-Quel giorno... -inizia di nuovo, e so che sta parlando del giorno in quale è iniziato tutta la mia sofferenza. - ... Era venuta a trovarti, e quando ha visto che non c'eri voleva andare ma gli ho detto che poteva aspettarti. E tra una cazzata e l'altra siamo finito nel nostro letto. E giuro che mi pento per quello che ho fatto. Se gli altri giorni mi sentivo una merda, quel giorno mi sentivo peggio. Perché ogni volta che pensavo a quello che stavo facendo sul nostro letto, nello stesso letto dove facevamo l'amore insieme i sensi di colpa non distruggevano tutto. -si morde freneticamente il labbro inferiore e lentamente si allontana dal mio corpo per guardarmi meglio.

Alzo lo sguardo sul suo viso, e il disgusto che provo nei suoi confronti cresce sempre di più.
-E sentiamo un po' dopo questo racconto della tua storia di sesso, perché dovrei perdonarti? -incrocio la braccia sotto il seno e lo guardo interrogativa.
-Perché sono pentito, e sto male pensando a te che stai male. E io ti ho sempre amata, anche quando ero con Julies pensavo a quello che ti stavo facendo dietro le spalle e la cosa mi faceva sentire male, ma non riuscivo a smettere. E vorrei tanto il tuo perdono Maisy perché di notte non riesco a dormire e da due anni che prendo sonniferi. -dalla tasca dei jeans chiari tira fuori una scatola viola. -È da due anni che cerco di trovare la soluzione sull'alcol e fumo come un animale. È da quando te nei sei andata che ho chiuso con i nostri vecchi amici... -alzo la testa di scatto, e non so perché il mio cuore spera in una frase. - ... È da due anni che non ho più niente a che fare con Julies. -era quello che il mio cuore voleva sentire, e ora sta facendo i salti di gioia. Trattengo il sorriso che cerca di fiorire sulle mie labbra, e rimango seria.

-Tu sai che non posso perdonarti così... Da un momento all'altro. -avanza verso di me e in con due passi me lo ritrovo di fronte.
-Tutto il tempo che vorrai, prendi da me tutto quello che ti serve, dimmi che cosa posso fare. -stringe il mio viso con le sue mani e mi guarda con la speranza che brilla nei suoi occhi.
-Dammi del tempo... -sussurro e dalle lacrime scendono di nuovo fino a scivolare sulle mie labbra che tremano.
Con i pollici toglie le lacrime dalle mie labbra e dalle guance, e annuisce freneticamente e i ricci si muovono.
-Certo. -la sua voce trema leggermente, sta cercando anche lui di trattenere le lacrime, ma i suoi occhi lucidi sono la prova che sta cercando di essere forte, ma sta soffrendo - come me.

-Ho bisogno di stare sola. - tolgo le sue mani dal mio viso, e subito sento freddo per la mancanza di contatto con il suo corpo caldo.
-Hai ragione. -annuisce con il capo e guarda in bassa girandosi per andare via.

Guardo la sua schiena coperta da un maglione color senape e le sue gambe da uomo palestrato fasciate dai jeans chiari. E i piedi con le calze bianche.

Riccordo quando una volta entrò nella nostra nuova casa con le scarpe e io avevo appena finito di lavare a terra.
Non lo fece più, li ho dato una ciabatta in testa.

Sento la porta d'entrata aprirsi e capisco che sta andando via.

-Mike... Aspetta... -esco nel piccolo corridoio e guardo lui che stava chiudendo la porta per andare, ma si è fermato guardandomi negli occhi.
Lo guardo per pochi secondi prima di parlare.
-Puoi restare..? -

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