Ventiquattro

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Maisy

Scendo al piano terra e osservo la notte fredda di fine dicembre.
Stringo bene la sciarpa al collo e sistemo la cuffia sulla testa.
Di fronte a me, con il capo chino che si accende una sigaretta vedo Mike.
Vedo il fumo uscire dalla sua bocca mentre mi avvicino e osservo i suoi ricci che sono usciti un po' dalla cuffia nera che ha in testa.
-Eccoti. Pensavo fossi morta. -dice divertito mettendomi un braccio sulle spalle e avvicinandomi a sé.
-Ma quanto mi vuoi bene. -dico ironica e lui ride divertito.
-Io ti amo. -ammette e mi bacia le labbra.

Camminiamo vicini uno all'altra e andiamo verso un posto ancora non ben preciso.
Molte persone vanno in giro, con giubbotti pesanti addosso e protetti da guanti e sciarpe.
Non piove, né nevica, ma fa freddo lo stesso.
È il trenta di dicembre e manca un giorno dal nuovo anno, e non vedo l'ora.
-Tu e lui... -inizia a parlare Mike, e lo osservo per capire dove vuole arrivare.

Vedo il suo naso arrossato per il freddo e le labbra gonfie, sembrano più carnose del solito.
-Da quanto tempo vi conoscete? -chiede e mi fissa negli occhi fermandosi davanti ad un fast-food.
Quello dove sono andata per caso una volta e dove credo di aver visto Allison.
-Io e chi? -chiedo non capendo ancora.
Mette le mani sulle mie spalle e sospira.
-Andiamo dentro prima, si muore di freddo. -annuisco e lo seguo dentro.
Il caldo che sento subito appena entro mi fa sentire una sensazione simile all'orgasmo.
-Si sta da Dio qui dentro. -dico e insieme a Mike ci mettiamo in un tavolo non troppo lontano dalla cassa.
-Si, hai ragione. - si siede di fronte a me togliendo la sciarpa e le altre cose che ha addosso. La stessa cosa faccio io.

Dopo aver ordinato, allo stesso cameriere dell'altra volta che mi ha riconosciuta.
-Conosci anche lui? -alzo gli occhi al cielo e sbuffo.
-Non fare scenate di gelosia Mike, non sei nella posizione giusta per farlo. -mi fulmina con lo sguardo e poi fulmina il cameriere che porta le nostre ordinazioni.
Mangiamo in silenzio, nessuno proferisce parola.
Ogni tanto guardo il cameriere che mi fa l'occhiolino facendomi ridacchiare.

Pulisco le labbra con il tovagliolo e bevo l'ultimo sorso di Coca-Cola.
-Da quanto tempo conosci quel russo? -mi guarda serio in viso.
Sono passati un paio di giorni dalla visita di Dorofey e la loro scenata in casa mia. Ma lui non ha smesso di mandarmi messaggi e chiamarmi ogni giorno, anche più di una volta.
-Da quando mi sono trasferita a New York. -dico seria a mia volta e osservo attenta la sua mascella irrigidirsi.
-Quanto tempo esattamente? -inizia con l'interrogatorio e alzo gli occhi al cielo.
-Da ottobre. -rispondo. -Ma a te che cosa ti interessa? -
-Come vi siete conosciuti? -ignora la mia domanda facendomi incazzare.
-Ma che te ne frega. Io e te non stiamo insieme. -affermo decisa cercando di non alzare la voce.
-Me ne frega. Certo che me ne frega. Ti amo, non è sufficiente come risposta?! -alzo gli occhi al cielo.
-La mia casa era della sua ragazza, lui pensando che lei fosse ancora lì ha bussato aspettando davanti a sé la sua ragazza, ma sono apparsa io. La sua ragazza lo ha lasciato qualche mese prima del matrimonio ed è scappata. Lui ha voluto vedere per qualche altro po' la casa, perché li ricordava lei. -spiego in poche parole.
-Mi chiedo il perché lo abbia lasciato la futura moglie?! -ride sotto i baffi prendendo in giro Dorofey, ma la cosa risulta divertente solo per lui.

-Ti piace? -il suo sguardo si rabbiua, e diventa fin troppo serio. Mi guarda dritto negli occhi, le mani incrociate sopra il tavolo e il suo piede sbatte sul pavimento.
-Che razza di domanda è? -alzo un sopracciglio e lo osservo.
-Una domanda, quindi rispondi. -mordo il labbro inferiore guardando attorno a me.
-Mi sta simpatico. -dico semplicemente, cercando di chiuderla qui.
-A lui non stai indifferente, quindi rispondi. La verità. -la sua affermazione mi fa sussultare e un brivido mi percorre tutto il corpo.
-Mi sta simpatico, è una brava persona. E ha sofferto molto, è un po' come me. Mi capisce. -annuisce e fa una risata amara.
-Mi hai preso in giro. -afferma e mi guarda con gli occhi lucidi.
-Mi hai illuso, pensavo provassi ancora qualcosa per me, e pensavo mi avessi perdonato. E ti sei concessa a me, come hai sempre fatto. Pensavo lo facessi per amore, ma in realtà era solo una presa in giro. Sono venuto qui da Boston per una tua seconda possibilità e tu mi prendi in giro. -dice e vedo le lacrime rigarli il viso, gli occhi di ghiaccio sono contronati dal rosso.
-Tu hai fatto la stessa cosa con me, tu mi hai presa in giro. Tu e Julie, le due persone più importanti per me. Io non ti ho mai detto che tornerò con te. Ti sei fatto dei film mentali da solo. -uso un tono basso, ma duro allo stesso tempo.

Si alza in piedi velocemente e la sedia cade sbattendo sul pavimento, così cattura l'attenzione di tutti i clienti presenti nel fast-food.
-Sai che ti dico... Vaffanculo. -mi guarda negli occhi e si asciuga le lacrime.
Prende il giubbotto e le sue altre cose e va verso la cassa, sparisce dalla mia vista e non mi degna più di uno sguardo o un saluto.
L'attenzione di mezzo locale sono puntati su di me e cerco di riprendermi chiudendo gli occhi e lascio una lacrime rigare il mio viso.
Perché sto piangendo?

Prendo il telefono dalla tasca e lo porto sul tasto chiamate.
-Maisy?! -risponde l'uomo dall'altra parte del telefono.
-Ciao. Dorofey sei libero ora? -chiedo con voce impastata dalle lacrime.
-Si, ti serve qualcosa? -
-Sono in un fast-food, puoi venire a prendermi e stiamo un po' insieme. Ho bisogno. -dico e cerco di non scoppiare in lacrime davanti a questa gente.
-Arrivo, mandami l'indirizzo. -chiudo la chiamata e mando l'indirizzo via SMS.

Esco fuori e aspetto Dorofey che arrivi, l'aria è gelida.
Ti sembra di congelare e sento i denti sbattere forte per il freddo quando una macchina nera si ferma davanti a me.
Capisco che è Dorofey, quando esce dall'auto e mi viene incontro.
Ha addosso un cappotto nero e guanti dello stesso colore.
Mi raccoglie tra le sue braccia e in quel momento sento il caldo del suo corpo diventare mio.
Il mondo attorno sparisce e mi sento più tranquilla in mezzo al suo petto.
-Vieni, andiamo a casa. Qui si gela. -con il braccio sulle mie spalle per tenermi caldo mi porta dentro l'abitacolo e subito dopo parte per andare a casa.

-Come stai? È da tempo che non ci vediamo. -chiede una volta che siamo partiti.
-Potrei stare meglio. -affermo e lui porta lo sguardo su di me per qualche secondo.
-È successo qualcosa? -domanda serio.
-Ti spiego tutto una volta a casa. -senza aggiungere altro, in religioso silenzio andiamo a casa.

Siamo nella mia stanza, un po' in disordine perché sono alcuni vestiti di Mike sparsi in giro, e alcuni miei.
Dorofey resta seduto sul letto con i gomiti sulle ginocchia e la testa girata a destra per guardarmi mentre spiego quello che è successo nel locale di prima.
-Avete litigato per colpa mia. -afferma serio e stringe i pugni fino a quando la pelle del dorso della mano diventa pallida, più sbiancata.
-No, ma che dici. Abbiamo litigato perché lui sta cercando troppo. Io non voglio tornare ad essere la sua ragazza e lui aveva capito diversamente. Tu non centri. -metto una mano sulla sua spalla e guardo il suo profilo.
Ciglia lunghe, naso dritto, labbra carnose e quel ciuffo di capelli ricci castani li cade sulla fronte che cerca di spostare, ma senza risultato.

Poi si gira verso di me e mi fissa negli occhi e la stessa cosa faccio anch'io.
La luce flebile che entra dalla finestra della mia stanza illumina di poco i nostri corpi fermi.
Appoggia una mano sulla mia guancia e sorride leggermente, ma quel sorriso non arriva fino agli occhi.
-Pensavo fossi innamorata di lui. -ammette e mi guarda dritto nelle iridi.
-Lo pensavo anch'io, ma mi sbagliavo. -alzo le spalle, però sento le lacrime farsi strada nei miei occhi per poi rigarmi le guance.
Li asciugo velocemente con la mano sotto il suo sguardo attento e faccio un piccolo sorriso.
-Ma ora non ho più un motivo per stare male. Prima sentivo la sua mancanza, sentivo il bisogno di averlo e mi ha fatto un favore venire fino a New York. Ho capito che posso fare a meno di lui, che lui non è più ciò che sto cercando e neanche da quello che sto scappando. -si morde il labbro inferiore e mi scruta attento senza fare domande.
-Dormi qui sta notte?! -chiedo e le guance iniziano a colorarsi di rosso, neanche sapevo che avrei fatto sta domanda.
-Certo. -accetta senza pensarci due volte e si toglie il maglione restando con la maglietta aderente a maniche corte.
Posso intravedere i suoi pettorali spuntare da sopra e schiarisco la voce e tolgo subito lo sguardo.
-Em... Fai palestra? -chiudo subito la bocca con la mano e sgrando gli occhi per la domanda che è uscita dalla mia bocca.
-A te come sembra?! -risponde con una domanda e si avvicina con passo lento verso di me.
Serro le labbra per non permettere più alla mia bocca si sparare cavolate e guardo in basso.
-Ti va di... Bere una cioccolata?! -domanda e sento la sua risata galleggiare in stanza, così alzo la testa confusa.
-Mi piaci molto Maisy... -in quel momento sento il cuore martellare forte nel petto, in modo esagerato.
-... Mi fai troppo ridere. -afferma poi mettendo un braccio sulle mie spalle.
-Allora, andiamo a preparare la cioccolata. -dice e con me sotto braccio andiamo in cucina.

ESCAPEWhere stories live. Discover now