Capitolo 13

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Alexander

Forse la stanchezza mi sta facendo brutti scherzi. O forse la sabbia si è accumulata nelle mie orecchie, facendomi sentire tutt'altre parole.
Isabella mi ha seriamente detto che vorrebbe che io lavorassi per lei?
Ma è pazza?

"Mi prendi per il culo?"

"Modera i toni".

"Non modero proprio un cazzo. Ma come ti vengono in mente queste idee? Sei stupida?"

Con la coda dell'occhio vedo avanzare Dimitri, e il suo sguardo esprime una sola cosa: farmi molto male.
Isabella lo ferma con un' occhiata. Ha grande rispetto di lui, e la cosa è reciproca.

"Mi rendo conto che potrebbe sembrarti una richiesta assurda, ma lasciami spiegare le motivazioni che mi hanno fatto arrivare a questa decisione. Alla fine del mio discorso, potrai dire la tua".

"Che gentile. E devo alzare anche la manina per chiedere il permesso prima di parlare?"

"Forse dovresti, dato che ti stai comportando come un bimbo di cinque anni".

Il mio umore è lava fondente, il suo temperamento ghiaccio pungente. Non possono coesistere le due cose assieme.

"Puoi rifilarmi tutte le motivazioni di questo mondo. La mia risposta è, e sarà, sempre no".

Si alza dalla sua poltrona di pelle, facendo il giro della scrivania, parandosi di fronte a me. Occhi negli occhi. Prima di sentire le parole fuoriuscire da quella bocca, cerco di imprimere ogni dettaglio del suo magnifico viso. Ho come la sensazione che dopo questo incontro, niente più sarà come prima, e il mio cuore, il mio cuore scassinato, ha bisogno di imparare a memoria il suo volto.

"Sono tante le motivazioni per cui vorrei voi Moore qui, ma  due sono le principali. Uno: riscatterò il vostro nome, ridandovi ciò che vi appartiene. Due, siete una squadra molto forte e a me servono uomini di un certo calibro. Uomini come voi. Unendo le forze, potremmo essere invincibili. Pensa al genio di Tancredi, con l'efficienza di Persefone. La sapienza di Odette, con il controllo di Eros. Il fiuto per gli affari di Enea e il savoir-faire di Astrid".

Lascia qualche secondo di silenzio per farmi arrivare tutte le parole al cervello.

"Non ti chiedo di mettere da parte l'orgoglio, perché io stessa non lo farei. Ti chiedo solo di pensare in grande".

Non so che dire. Non ho parole. Per la prima volta, in ventisette anni di vita, il mio cervello è vuoto. O meglio, è talmente pieno di idee, supposizioni, dubbi, da non riuscire a capire quale tra tutte ha più importanza.

Isabella prende il mio silenzio come un "forse", perché mi da un ultimatum di tre giorni per accettare o rifiutare l'offerta.

"Ne dovrò parlare con i miei fratelli. Sono il capo, ma è la mia famiglia".

"Nessuno più di me lo può capire, Alexander".

Ritorna alla sua poltrona, donandomi per qualche secondo la visuale del suo fondo schiena perfetto.

"Se dovessi rifiutare?"

Prende un respiro prima di rispondere.

"La tregua sarà finita, ed inizierà una battaglia all'ultimo sangue".

Annuisco in silenzio. Non voglio fare la parte del pappa molle che si fa abbindolare dopo quattro parole, ma non saprei come argomentare il mio pensiero. I miei pensieri.

"Me ne vado".

Isabella sussulta al mio tono rude. Non riesco a capire un cazzo in questa stanza. In questa casa. Soprattutto con lei di fianco e con il suo maledetto profumo che mi intasa i polmoni.
Mi alzo dalla sedia di scatto, non salutando nessuno. Dimitri mi apre la porta con sguardo minaccioso ed altrettanto minacciosi sono i miei occhi su di lui. Lo prenderei a pugni se mi desse anche una sola motivazione per farlo.

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