Capitolo 24

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Isabella

"Allora, il carico di droga che ci ha spedito Anderson è arrivato in magazzino?"

Odette annuisce, segnandosi qualcosa sul suo taccuino.

"L'ho controllato personalmente ieri sera e la quantità è giusta, la qualità è ottima. Aspetto che arrivi la roba di Fords prima di compararle".

"Per quanto riguarda le armi? Come stiamo messe?", mi rivolgo ad Astrid.

"Questo pomeriggio ho un incontro con Becker e Fischer. Parleremo dell'affare in corso e cercherò di iniziarne altri. Sono quasi sicura che accetteranno di mandarci le loro migliori attrezzature. Me li sto lavorando".

"Molto bene. Portati Enea".

"Perché?", mi chiede stranita.

"È il momento che i fratelli Moore entrino negli affari. Per ora come ombre, poi si vedrà".

"Spero solo che non apra bocca e mi faccia fare il mio lavoro. Già non sarà un piacere per loro vedermi accanto uno sconosciuto".

"Non lo farà. Così come non si intrometterà Eros quando Odette lo porterà con sé nei nostri magazzini".

Quest'ultima alza lo sguardo e notando il mio viso severo che non ammette repliche, annuisce.

"D'accordo ragazze andate pure. E, per favore.. Siate prudenti".

Mi sorridono, rassicurandomi. Poi lasciano il mio ufficio.
Sposto lo sguardo sulla terzogenita, seduta di fronte a me. Non ha parlato per tutta la riunione e ora sul suo viso aleggia un sorrisetto.

"Spara. Cosa devo fare?".

Alzo un sopracciglio, sorpresa.

"Oh andiamo, non mi avresti convocata se non avessi avuto qualcosa per me. E il fatto che hai lasciato andare Astrid e Odette prima di dirmelo, significa che è qualcosa di grosso".

"Tu e il tuo cervello" sorrido, sistemandomi sulla sedia.
Ha ragione, ho un lavoro da farle fare. Un lavoro importante, pieno di responsabilità e potrebbe risultare pericoloso.

"Voglio che tieni d'occhio i Moore. Specialmente, Alexander".

Persefone sgrana gli occhi, quasi incredula.

"Stai parlando dello stesso Alexander che ti sei slinguazzata due giorni fa?".

"Persefone...", la ammonisco con lo sguardo.

"Non ti fidi?".

Non mi fido? Neanche un po'.

"È un mafioso. Un mafioso che un mese fa ci ha dichiarato guerra. Quindi no, non mi fido".

Rimaniamo in silenzio per un po', ognuna assorta nei propri pensieri.

"Quando lo rivedi?", mi domanda alla fine.

"Questa sera. Voglio coltivare degli affari con una famiglia di Chicago. So che erano amici di suo padre, quindi mi serve la sua presenza".

"Bene".

Si alza dalla poltrona, stiracchiandosi e lanciandomi un occhiolino ma, prima di chiudersi la porta dell'ufficio alle spalle, mi rivolge una smorfia furba.

"Posso essere affiancata anche io da Tancredi o.....". Le lancio la penna prima che possa finire la frase, facendola e facendomi scoppiare in una grossa risata.

"Sei proprio una impertinente".

"L'unica e sola".

Rimasta sola, prendo un bel respiro e prima di ritornare a lavoro, mi alzo posizionandomi di forte la grande finestra.
I miei pensieri vanno tutti ad Alexander e ai sentimenti che provo per lui. Sentimenti contrastanti che non mi fanno concentrare, rischiando di non farmi vedere le cose con lucidità o con oggettività.
Per questo ho chiesto a Persefone di seguirlo, di captare ogni mossa e se è possibile, anche ogni pensiero.

Ho paura che questo amore possa ritorcersi contro di me e, sopratutto, contro la mia famiglia. Rendendomi vulnerabile non ho messo in pericolo solo me, ma anche loro.
Il mio istinto grida in allerta da due giorni e per forza di cose, ho dovuto ascoltarlo.
Forse è deformazione professionale o forse sono così abituata a camminare sulle uova, da non riuscire a fare altro.

Mente e cuore.
In questo momento sono due rette parallele che non vogliono incontrarsi, nel cui mezzo, ci sono io.

Sesta regola dell'esser capo: segui sempre il tuo istinto.

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