Capitolo 47

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Isabella

"Ti amo".

Veglio sul corpo dell'uomo che ha sussurrato queste parole, da una settimana.
Il proiettile sparato dalla pistola di un nemico, gli si è conficcato nel petto. Tre centimetri più a destra e avrebbe preso il cuore.

Quando ho visto David ed Enea correre con in braccio Alexander, ho creduto di morire. Neanche la vista di mia sorella, la mia piccola Odette sana e salva, è riuscita a rincuorarmi.
Astrid aveva già chiamato il Doc, che si era presentato con tutto l'occorrente e con due infermiere pronte ad aiutare.
Dopo ore di agonia, in cui credevo mi avesse lasciata per sempre, con suo figlio in grembo, mi hanno informato che l'operazione era stata un successo, che aveva scampato per pura fortuna la morte e che aveva bisogno di riposo.
L'unico problema, è che non si è ancora svegliato.

"È caduto in un piccolo coma", si era giustificato il Doc.

Piccolo coma. Cosa cazzo vorrà dire, non lo so. Fatto sta che giorno e notte lo guardo dormire beatamente, cibandomi di questi momenti e chiedendomi cosa farei se dovesse morire.
Probabilmente insieme a lui, morirebbe una parte di me.

"Bella, vai a riposarti. Faccio io da guardia".

La mano di Enea si posiziona sulla mia spalla. Lo guardo, cercando in lui qualche somiglianza con Alexander e la scorgo nel coraggio degli occhi.
Hanno lo stesso, identico, sguardo.
Annuisco debolmente, portando la mia figura al di là di quella porta. Ma prima di varcarla, mi fermo.

"Alexander mi ha detto che avete parlato con gli Esposito".

Enea conferma con un movimento della testa, mentre si accascia sulla poltroncina accanto al letto.

"Vi hanno dato le motivazioni della loro guerra così lampante?".

Mi scruta, pensieroso. Porta l'indice alle labbra, accarezzandosele. Le occhiaie sotto gli occhi mi fanno capire che come me, non riesce a dormire.
Alexander è l'uomo che io amo, ma per lui è suo gemello. Suo fratello. L'altra parte di cuore.

"Per il vostro amore".

Dice, infine.

"Cosa?".

Non riesco a seguire la risposta.
Enea si sistema meglio sulla poltrona, prima di parlare.

"Avevano organizzato tutto, fin nei minimi dettagli. Non è stato un caso che alla serata di beneficenza foste stati invitati solo voi. Vi volevano lì per testarvi. Quando alcuni uomini degli Esposito hanno assistito alla tua scenata di gelosia e poi al vostro ballo, hanno riferito al capo che tra di voi c'era amore. Vero e puro amore.
L'hanno preso come affronto, e hanno attaccato".

Inchiodata al pavimento, non muovo neanche un dito.
Ripercorro mentalmente la serata, soffermandomi sul nostro ballo. Sui nostri occhi. È vero. In quel momento entrambi abbiamo espresso tutti i nostri sentimenti e le nostre emozioni, pur non dicendo una singola parola. Bastava guardarci, per capire che ci amavamo.
E Alexander ha voluto dirmelo, quando pensava di star per morire.
Il suo ultimo pensiero, sono stata io.

Lascio un casto bacio sulla sua fronte, poi do la buonanotte a Enea.
Mi chiudo in stanza, portandomi la mano sul grembo.
Fiumi di lacrime scendono dai miei occhi mentre ripenso a lui.
A come mi fa sentire, a ciò che provo in sua compagnia e la mancanza che avverto in sua assenza.
Questi giorni senza di lui sono stati terribili, ma il solo pensiero della sua dipartita mi provoca un arresto al cuore. Perdo battiti e un buco nel petto si fa sempre più grande.

Credo di aver perdonato Alexander esattamente tre minuti dopo aver scoperto il suo tradimento.
Sfortunatamente per lui, e per me, non sono una persona che dimentica.
Tuttavia, la consapevolezza delle sue condizioni mi convoglia a passare oltre, facendomi cambiare direzione.
Non avrà piena fiducia subito e dovrà lavorare, faticare, guadagnarsi ogni mia singola parte.
Ma per fare ciò deve vivere.

Deve aprire gli occhi.
Deve alzarsi.
Deve venire da me.
Deve dirmi che mi ama, guardandomi negli occhi.

Solo così posso pronunciare le parole bruciate sulla lingua e nella gola.
Solo allora potrò dire, con il cuore in mano e l'animo in tempesta:

"Alexander, ti amo".

D'Amore e D'Odio Where stories live. Discover now