Capitolo 49

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Alexander

Non so dove sono. Non so dove mi trovo.
Mi guardo sia a destra che a sinistra e, tutto ciò che vedo, è una stanza grande con dei macchinari d'ospedale. I colori delle pareti sono bianco e turchese e una grande finestra illumina l'intero ambiente. Non riesco a capire cosa ci sia fuori. Vedo solo una grande luce, come se il sole si fosse avvicinato pericolosamente.
Ho una visuale periferica della stanza. È come trovarsi attaccati al soffitto.
Guardo giù e quello che vedo, mi spaventa.
Sono io o almeno, credo, in un letto con vari tubi attaccati.
Come riesco a vedermi da fuori, se sono qui?
Cosa mi è accaduto? Perché mi ritrovo in questa posizione? Che vuol dire tutto questo?
Mi porgo queste domande mentre mi osservo attentamente. Sono bianco un cencio, ma almeno respiro.
Provo a scendere da questa altezza, ma una porta che si apre mi ferma.

Isabella.

Isabella entra piano nella stanza. I suoi lunghi capelli le cadono dietro la spalla, coprendole la schiena. Indossa un vestito lungo e leggero color panna, che le arriva fino ai piedi, scalzi.
È il mio angelo.
Si siede sulla poltroncina accanto a me e quasi vorrei gridare di posizionarsi più vicina affinché io possa sentire il suo profumo.
Poi prende le mia mano, e mi chiama.
Sussurra il mio nome, come se a dirlo ad alta voce fosse troppo doloroso.
Sento da qui la sua tristezza e la sua paura. Si porta una mano in grembo e ricordo subito della gravidanza. La rende radiosa, nonostante il volto stanco.
La sua testa ricade sulla mia mano e un pianto inonda la stanza. Mi chiama, mi parla, mi implora.
Vuole che torni da lei, vuole avermi lì, vicino, accanto, di fianco.
Sale sul letto e appoggia l'orecchio sul mio petto.

Ascolta, Isabella. Ascolta come il mio cuore batte per te, per il tuo amore. Ascolta come resisto, solo per te.

Riesco a vedere tutto ciò che fa. Vorrei raggiungerla quando il suo pianto si fa più forte e mi urla di tornare. Piango insieme a lei perché vorrei, ma non so come si fa.
"Aiutami! " urlo. Lei non mi sente.
La mia bocca si apre, non quella del mio corpo.

Mi calmo quando si calma, ma il mio cuore batte ancora forte e va più veloce di prima. Lo sento dentro di me pulsare per l'unica donna che io abbia mai amato.
Isabella mi accarezza il viso, mi riempie di coccole e attenzioni. Segue con un dito la linea del mio volto.
Sorrido tra me e me e, succede qualcosa. Il mio corpo risponde. I miei muscoli si distendono. L'ho visto. È successo. Se n'è accorta anche lei perché si ferma per un minuto, assorta.
Continua a toccarmi, Isabella. Ho bisogno del tuo tocco leggero e amorevole. Ho bisogno di te.

Come se mi avesse ascoltato, Isabella si posiziona meglio sul mio corpo, portandosi il mio braccio intorno alla vita.
Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra qualcosa.
Poi, si addormenta.

Solo allora, riesco a scendere. Tocco con i piedi il pavimento e mi avvicino a noi. Sfioro con le dita la sua figura e, con la mano sul cuore, le faccio una promessa.

"Sto tornando da te, amore mio. Sto tornando da te".

D'Amore e D'Odio Where stories live. Discover now