Capitolo 14

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Isabella

Di mercoledì mattina, dopo aver ricevuto la brutta notizia di un carico di droga dispero in mare, l'unica cosa che potrebbe farmi rasserenare, è un giretto per il mio giardino curato e un bel pacchetto di sigarette. Brutto vizio, ma fortunatamente non sono un'abitudinaria.

Esco dalla villa, con dietro rigorosamente Dimitri, e mi accendo la prima sigaretta.

"Qualcosa non va?"

"Mi hai appena informato che 150 milioni di dollari sono dispersi in mare. Secondo te c'è qualcosa che non va?"

"Sai meglio di me che è un buco che possiamo riempire in meno di una settimana".

È vero, le nostre entrate giornaliere hanno cifre spropositate e ciò che andiamo a perdere non è neanche un quarto di ciò che riceviamo. Ma non è questo il punto.

"Da quando sono io il capo, non è mai successa una cosa del genere. Prima la guerra con i Moore, poi il falso inviato da Ramirez, di cui ancora dobbiamo indagare, e infine il carico perso".

Mi fermo accanto a delle Camelie, di una bellezza raffinata. Il colore banco e rosa lucente, dovuto alle gocce d'acqua degli irrigatori. Se dovessi rinascere fiore, vorrei essere una Camelia.

"Prendi fiato, Bella. Ti sembra tutto un disastro solo perché gli avvenimenti sono accaduti uno dopo l'altro. Ma presi singolarmente non è nulla di allarmante. E poi mi pare che tu ti stia già mettendo all'opera per disfarti di uno dei problemi.."

Si riferisce, ovviamente, alla famiglia Moore. E, per l'appunto, come recepisco dal suo tono di voce, non è per niente d'accordo.

"Ti prego, non metterti a farmi la ramanzina dicendo che di Alexander Moore e della sgangherata combriccola non ci si può fidare. Ti ricordo che l'essere più crudele e spietato tra i due, sono io".

"Questo non lo metto in dubbio. Solo, non sottovalutarlo".

Mi volto verso il mio amico, ma gli occhi guardano il cielo.

"Terza regola dell'essere capo: mai sottovalutare il tuo nemico".

Mio padre mi diede una specie di pergamena con tutte le regole e tutti i consigli che lui aveva assimilato nel tempo. Una specie di tavola dei Dieci Comandamenti. Se disonoravi uno di quei punti, andavi all'inferno. E con 'inferno', mio padre intendeva alla morte certa.

Carlos, capo della guardia di sicurezza della casa, ci raggiunge con passo veloce e cadenzato.

"Capo, hai una visita".

"Non aspettavo ospiti".

"Infatti è venuto di sua spontanea volontà".

Una lampadina mi si accende, e un sorrisetto beffardo nasce sul mio volto.

"Fammi indovinare. Sta scalpitando per non passare sotto lo scanner rivelatore?"

Carlos e Dimitri si lasciano andare ad una piccola risatina, ma si ricompongono subito.

"Negativo, capo. È ancora allo step del prelievo delle armi".

Mi incammino verso l'entrata, seguita dai due. Sento che Dimitri tira uno schiaffetto leggero alla nuca di Carlos, segno che mi stava guardando il sedere. Ahimè, è una cosa che succede più del dovuto, ma non ci bado. Deve essere dura per loro fare da guardia a quattro bellissime donne e non poterle neanche toccare con il pensiero. Anche se da piccole erano i nostri "scaccia pensieri", ora i ruoli sono cambiati e non è permesso alcuna relazione tra i membri della famiglia e il personale.

Alexander mi aspetta inerme, circondato dai miei uomini. Non si guarda intorno, non studia la casa. Studia me.

"Qual buon vento, Alexander".

"Forse vento del Nord?".

È allegro, e dal suo comportamento non traspare ansia o preoccupazione. Spero siano indicatori di cose positive.

"Come mai mi hai spedito le coordinate del tuo bunker di sicurezza? Credevo fosse una cosa top secret". Chiede, sorpreso del fatto che gli avessi rivelato la posizione della mia villa.

"Oh ma lo è. Solo chi lavora per me conosce la via".

Entriamo nel mio ufficio, e come tre giorni fa, ci sediamo ai rispettivi posti. Io dietro la scrivania, lui davanti a me. Dimitri alle sue spalle.

"Allora, Alexander, sei venuto come amico o come nemico?"

"Bel giro di parole per chiedermi se accetto la tua proposta, o meno".

Non rispondo. Mi limito a guardalo e basta.
Dopo attimi di silenzio, Alexander si sporge leggermente avanti.

"Con".

"Prego?"

"Noi lavoreremo CON te, e non PER te".

Prima di rispondere, prendo un grosso respiro. Non sta minando il mio potere, ma sicuramente non lo sta neanche rispettando. Decido, comunque, di concederglielo. Se lasciargli credere di avere una minima autorità nella questione, serve al mio piano malefico, che si accomodi pure.

"Certamente".

Una leggera sorpresa compare sul volto di Alexander. Ma la scaccia subito.

"Accetto. Anzi, accettiamo".

Sorrido con moderazione, anche se dentro di me fuochi d'artificio esplodono come la notte di Capodanno.

"Ne sono contenta. Nei prossimi giorni ti manderò un contratto da far firmare sia a te che ai tuoi fratelli, dopo di che inizieremo con le cose importanti".

"Mmhh, allettante. Non vedo l'ora di partecipare alle tue riunioni con the e pasticcini".

I miei occhi si incendiano, ma mi contengo. Devo abituarmi alla sua lingua lunga e al suo far strafottente. È un modo per difendersi. Attaccare prima di essere attaccato.

"Vedrò di richiedere dei bicodini anche per il tuo tipo di capelli", lo canzono con un sorriso falso. Falsissimo.

Dimitri ride e Alexander si volta, per incenerirlo. Povero fesso.

"Alexander", lo richiamo, dato che la lotta tra sguardi con Dimitri è l'ultimo dei suoi problemi in questo momento.

"È tutto".

"Mi congedi così?"

"Vuoi anche che ti accompagni alla porta e ti auguri buon rientro?"

"Saresti un'ottima padrona di casa, e se mi lasci anche un bacetto potrei toccare il cielo con un dito".

Purtroppo per me, mi scappa una leggera risata che lui coglie subito, addolcendo lo sguardo. Sono i passi della mia guardia del corpo a farmi ritornare con i piedi per terra.

"Signor Moore, la scorterò io al piano terra".

Quest'ultimo si alza, regalandomi un leggero inchino a mo' di saluto. Ma prima di varcare la porta del mio ufficio, si ferma e con fare dubbioso, mi guarda.

"Toglimi un dubbio. Qualora avessi rifiutato, come avresti risolto il mio sapere la posizione della tua villa?"

"Semplice", rispondo.

Attimi di silenzio.

"Ti avrei ucciso".

Alexander non si scompone, e se ne va, quasi trascinato da Dimitri.
Mi accascio sulla sedia, mentre il profumo maschile aleggia ancora nella stanza. I suoi occhi sono calamita per i miei. La sua lingua mi sfida e la mia lo zittisce. Due capi non possono lavorare insieme, uno dei due deve abdicare e non sarò di certo io a farlo. Per quanto Alexander possa crogiolarsi nella sua sicurezza di avere qualche potere qui, sono io e sempre io la Regina di questa fortezza. Di questo impero.

Mi alzo dalla poltrona, e mi dirigo verso la cassaforte, situata in una parte di muro invisibile per chi non conosce il posto. Metto la combinazione, e la apro.
Oltre a soldi, gioielli e contratti, è riposta la pergamena che mio padre mi regalò per il mio diciottesimo compleanno.
La apro, attenta a non rovinarla dato il materiale sensibile, e ripercorro tutti i punti, uno ad uno.
I miei occhi, però, si soffermano su di un punto in particolare. Numero due. Seconda regola. Chiudo gli occhi. Gli riapro. Leggo a voce alta.

Seconda regola dell'esser capo: mai innamorarsi del nemico.

Che Dio mi assista, e che mi salvi da morte certa.

D'Amore e D'Odio Where stories live. Discover now