Capitolo 40

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Alexander

Varco la porta di casa incazzato come una iena.
Urlo i nomi dei miei fratelli, per poi ritrovarli seduti sul divano che mi aspettano.
Le loro facce stanche e sconvolte mi fanno capire che ne sanno tanto quanto me. O forse no.

"Mi spieghi cosa cazzo è successo?".

La mia domanda è rivolta ad Eros il quale è seduto, con la testa tra le mani. Quando alza lo sguardo, vedo i suoi occhi lucidi e noto le nocche insanguinate.

"So solo che è successo tutto in cinque minuti. Un attimo prima stavo ridendo con Odette, l'attimo dopo me l'hanno portata via".

Mi siedo di fronte a loro. Il nostro umore non è descrivibile. Ci siamo scavati la fossa da soli e da soli, ne usciremo.

"Enea, hai contattato Federico Esposito per dei chiarimenti?".

"Si, mi ha invitato a prendere il the con i pasticcini e mi ha raccontato tutti i suoi segreti".

"Enea", lo ammonisco.

"È tutta colpa tua".

Tancredi si alza dal divano, urlando.

"Tu e la tua sete di vendetta! Per anni ci hai detto che non volevi diventare come nostro padre e invece adesso sei la sua copia sputata!".

In un millesimo di secondo mi è sopra, prendendomi a pugni.
Mi difendo senza contro attaccare, so che ha bisogno di sfogarsi con il diretto interessato. Con un'occhiata avviso gli altri di stare fermi.

"Tu ci hai condotto al patibolo e quel che è peggio è che per tutto il tempo lo sapevi".

I pugni si fanno sempre più forti e la rabbia di Tancredi aumenta.

"Mi hai tolto l'unica ragazza di cui sono riuscito ad innamorarmi ed io non ho fatto niente per evitarlo".

Enea prende di spalle Tancredi, buttandolo sul divano.

"Sei ingiusto con lui".

"Ingiusto è quello che è capitato a loro!".

Mi pianta gli occhi addosso, sputandomi tutto il suo dolore.

"Hai preso in giro la donna che amavi e che ti amava. Come credi reagirà a questa cosa? Pensi che non si sentirà in colpa nei confronti dei suoi uomini, delle sue sorelle, di Odette? Ha portato a casa il nemico. Si è innamorata del nemico. Tu l'hai uccisa!".

Urla l'ultima frase come a rimarcare la crudeltà del mio gesto.
Se solo capisse cosa ho io dentro. Se solo sapesse quante lacrime e quanto dolore ho in corpo. E anche se non servisse, avere la consapevolezza di aver fatto del male alle persone che amo, mi logora dentro.

"Siamo finiti".

Eros sussurra questa constatazione dopo minuti di silenzio. Le parole di Tancredi aleggiano ancora per la stanza e nonostante fossi io il diretto interessato, so per certo che tutti si sentono come me. A loro modo, hanno tradito anche loro.

"Cosa si può fare?".

Decido di non piangermi più addosso e agire. Non potrò sicuramente riavere indietro la mia Isabella, ma posso provarci.

"Contattiamo gli Esposito e facciamoci spiegare. Dopo, penseremo ad un piano per salvare Odette".

"Cosa?". Tre voci con tono sorpreso si levano in coro.

"Non ce ne staremo con le mani in mano. Ormai siamo spacciati, è vero, ma prima di morire voglio provare a fare una cosa buona. Non per me, ma per la donna che amo".

Mi alzo dal divano, mettendo la mano nel centro.
È un rito che facevamo da bambini io e i miei fratelli, quando complottavamo alle spalle di nostro padre. Era un modo per sentirci legati, uniti, una famiglia.

"Siete con me?".

Il primo ad alzarsi è Eros.
Appoggia la sua mano sulla mia.

"Sempre con te, fratello".

Enea è il secondo.
"Con te fin dall'inizio".

Volgiamo lo sguardo verso Tancredi. Osserva le nostre mani unite e dopo quelli che mi sembrano interminabili secondi, si alza, posizionando la sua mano sopra le nostre.

"Per le Rodriguez".
Mi va bene. È ancora arrabbiato e lo comprendo.

"Un, due, tre, Lions!", gridiamo all'unisono.
Ci guardiamo negli occhi, infondendoci coraggio.
I miei fratelli, sangue del mio sangue.

Per sempre insieme, per la vita e fino alla morte.

D'Amore e D'Odio Where stories live. Discover now