XV✔️

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PHOEBE

Strinsi debolmente le mie povere e tremanti gambe tra loro cercando di alleviare, anche se di poco, l’immenso dolore che presentivo all’interno coscia.

Fitte lancinanti mi colpirono dolorosamente il basso ventre facendomi strizzare gli occhi.
Calaii con estrema lentezza lo sguardo su di esso notando con orrore l’enorme chiazza rossastra che mi macchiava l’inguine e le cosce.


Stavo sanguinando copiosamente, quasi avessi un’emorragia.


Possibile che l’amplesso fosse stato talmente cruento?

Ansimavo in preda al terrore.
Ansimavo piano, cercando di non alterare la momentanea calma di Andrew, probabilmente ignaro di cosa stesse avvenendo nella mia testa.

Ma, i miei leggeri tremiti attirarono comunque la sua scrupolosa e maniacale attenzione.


Andrew fissò i suoi gelidi occhi nei miei, arrossati e lucidi di paura e agitazione.

D’improvviso si alzò dal letto nella sua assoluta nudità dirigendosi a passo cauto verso il bagno, dal quale sentii lo scrosciare veloce dell’acqua prima che lui ritornasse in camera.

Con poche ma lunghe falcate si avvicinò al letto, calando su di me, circondando il mio intero corpo e sollevandomi tra le sue grosse braccia.

Mi accompagnò in bagno dove notai l'immensa vasca gremita d’acqua bollente e schiuma, in cui depose delicatamente il mio debole corpo straziato.

Mi immersi interamente, per poi ritornare in superficie.

Cercai di rilassare i miei poveri muscoli, tesi per il dolore e l’ansia.

Andrew prese a lavarmi il corpo e i capelli dolcemente, quasi fossi una fragile bambina.
E, mi fu difficile non essere travolta dallo sconcerto.

La mia testa era in totale confusione.

Quest’uomo mi aveva privata di tutto.
Di John.

Della mia libertà.
Di ogni mia prima volta.
Ed infine, della mia sanità mentale poiché, seppur mi sentissi talmente vuota ero, anche, totalmente incapace di reagire alla sua dolcezza, inadeguata dopo ciò che era accaduto poc'anzi.

Quando mi divaricò le gambe non emisi un solo fiato, troppo impaurita di un possibile secondo cruento round.

Ma in reazione al suo tocco sorprendentemente leggero che, adesso, con la spugna cercava di pulire delicatamente la zona livida e insanguinata, come se avesse voluto ripulire la sua anima nera dal peccato che aveva appena commesso, fui colta da un'improvviso desiderio di piangere.
Perché compresi che non riuscivo ad odiarlo, che il mio stesso cuore  mi stesse tradendo per l'uomo che mi aveva tolto tutto.

Risucchiai le labbra travolta da un tremore incontrollato e, una grossa lacrima silenziosa scorse lungo la mia guancia, seguita a ruota da tante altre.

ANDREW

Le vidi, su quelle sue lunghissime ciglia bionde, brillare due lacrime, grandi e limpide, che le solcarono il dolce viso.

Non seppi il perché, quelle lacrime innocenti m’irritarono e sconvolsero al punto da cominciare a fremere dal chiederle pietosamente perdono per averla resa mia.

Ma, testardamente non aprii bocca.
Prima o poi doveva avvenire.

Io ne ero consapevole.
Lei ne era consapevole.

Continuando ad accarezzarle il corpo gentilmente, notai come esso fosse costellato di una spropositata quantità di lividi causati dalla forza incontrollabile che caratterizzava il mio rude tocco sulla sua fragile e delicata pelle lattea.


Un po’, ammisi, mi sentii in colpa, ma giustificai quella sgradevole sensazione ripetendomi che avesse meritato quel trattamento a causa della sua fastidiosa e immensa testardaggine.

Dopo che le ebbi lavato il corpo, proseguii lavandole i lunghi riccioli biondi.

Phoebe chiuse stancamente di occhi, rilassandosi completamente godendo delle mie delicate attenzioni.

Conclusi sciacquandole il cuoio capelluto, controllando con inusuale premura che gli ultimi rimasugli dello shampoo non le andassero negli occhi, già abbastanza arrossati e gonfi dal pianto, e, prelevando un asciugamano dall’apposito mobile, la avvolsi completamente prendendola in braccio.
La poggiai sul marmo del lavabo, pettinandola ed asciugandole i capelli, con il suo viso stanco appoggiato mollemente sul mio petto.


Le feci indossare solo una mia lunga t-shirt, e sollevandola tra le mie braccia, mi diressi in camera da letto, posizionandola al capezzale del letto, dopodiché appollottolai le lenzuola sporche e le gettai in un angolo della camera, osservando fissamente il suo adorabile faccino imbronciato in un'espressione triste e stremata.

Se non avessi cambiato subitamente lenzuola pulite sarebbe crollata a terra succube di un sonno profondo.
Infatti, appena la spinsi contro il bordo del letto, vi si sdraió e prese sonno, vinta dalla stanchezza.

Le lanciai un’ultima occhiata, così espressiva, che diceva molto più di quanto avessi voluto far intendere, al viso di Phoebe deformato da una smorfia di dolore anche mentre sionnecchiava ignara.
Uscii poi dalla stanza chiudendo a chiave la porta della camera, dirigendomi al The King’s Pub dove avrei lavorato almeno fino a tardo pomeriggio poiché Jeff aveva degli incarichi a cui assolvere per me.


𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝑂𝑏𝑠𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛Where stories live. Discover now