XXXV✔️

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PHOEBE

Trascorsero all'in circa quattro mesi da quando avevo visto John per l'ultima volta.

Non chiesi più nulla di lui.

Non per egoismo, ma per il bene della mia sanità mentale.

Sapevo che se avessi iniziato ad indagare e a chiedere in modo estenuante informazioni ad Andrew, sarebbe andata a finire male e, non volevo che quest'ultimo si arrabbiasse con me.

Avevamo già avuto delle terribili discussioni, alcune abbastanza violente, di cui avevo impresso ancora i lividi sulla mia pelle.
Ormai erano diventati parte di me.
Segni indelebili che difficilmente sarebbero scomparsi dalla mia anima.

Se non lo provocavo, però, Andrew mi coccolava e viziava.
Soprattutto, quando mi arrivavano le mestruazioni.
In quel periodo del mese, diventava un'altra persona: più affabile e disponibile.

Nonostante l'inizio abbastanza burrascoso, mi ero abituata al suo carattere dominante, a tratti violento e possessivo.
O, meglio, ero stata costretta ad accettare quei suoi modi.
Il mio corpo era troppo piccolo, troppo debole e la mia mente era troppo stanca per ribellarmi continuamente ad Andrew, per poi subire le sue punizioni corporali.
Dovevo un pó di tranquillità a me stessa, perciò mi costrinsi a sorvolare sul suo carattere.
D'altronde, quando mi comportavo nel modo in cui voleva lui, il suo atteggiamento era totalmente differente.
Infatti, in quei pochi momenti mi si mostrava un Andrew completamente diverso.
Un Andrew a me totalmente nuovo: dolce, premuroso e amorevole.

Man mano che trascorreva il tempo, dimenticavo che in realtà ero costretta a rimanere con lui, paragonando la nostra convivenza ad una lunga conoscenza.

Aveva iniziato anche a farmi uscire.
Ovviamente sempre e solo in sua compagnia.

A volte mi portava con sé di sera al The King's Pub, dove, però, rimanevo seduta sul suo grembo tutto il tempo, bevendo, quando me lo permetteva, qualche sorso dai suoi cocktail.

Inizialmente questo comportamento mi dava su i nervi, e mi ero ribellata, ma era bastato qualche suo rude schiaffo a rimettermi in riga.
Ero sicura che se qualche femminista avesse saputo come stavo "lottando" per i miei diritti e le mie libertà, sarebbe stata certamente oltremodo delusa dalla sottoscritta.

Tuttavia, era impossibile ribellarsi ad Andrew!

Era oltremodo ossessivo compulsivo nei miei confronti, e questo era il principale oggetto delle nostre liti furibonde, le quali si concludevano, per la magggior parte delle volte, con del sesso selvaggio volto ad ammansirmi.

Quando lo facevo incazzare mi scopava così violentemente da farmi sanguinare a volte, poi, dopo aver finito, si sdraiava dietro di me accarezzandomi il corpo tremante come a ripulirsi dai suoi peccati.

L'unica cosa positiva, era che ero riuscita fortunatamente a procurarmi delle pillole anticoncezionali.

Come?

Una sera, ero riuscita a rifilare una stupida scusa ad Andrew, sgattaiolando via dalle sue braccia.
Ero a conoscenza di uno scompartimento all'interno di ogni stanza per gli ospiti, il quale conteneva profilattici e pillole anticoncezionali, perciò mi intrufolai furtivamente in una di codeste stanze rubando una grossa quantità di pillole nascondendole nelle coppe del reggiseno push up.
Inutile dire che, successivamente ero stata punita duramente per quella mia scappatella, ma, ne era valsa la pena.

Avevo solo diciassette anni e lui era un mafioso.

Non poteva funzionare.

Ma lui insisteva.
Diceva di amarmi.
Affermava che fossi sua, solo sua.

Di tanto in tanto, quando ci recavamo nel suo ufficio e lui doveva sbrigare delle faccende di lavoro, permetteva che Enly mi facesse compagnia.
Non prima di averla minacciata di ucciderla nel caso mi avesse aiutata a scappare, ovviamente.

Nonostante ciò, il poter anche solo dialogare con lei come una qualsiasi ragazza normale, mi faceva stare meglio.

Mi sentivo meno sola.

Inoltre, quando gli anticoncezionali terminavano, lei di nascosto me li riforniva.
Ed era un gesto davvero apprezzabile da parte sua.

Stava andando in contro agli ordini di Andrew, ed era estremamente pericoloso.

Ma, anche lei condividendo il mio analogo pensiero, era maggiormente spaventata da una mia possibile gravidanza.

Ero totalmente terrorizzata dal suo voler ad ogni costo un bambino da me, ma, quando mi stringeva dolcemente al suo petto, mi dimenticavo del male che mi aveva inflitto e, che ancora alle volte mi infliggeva.

Proprio come adesso.

Ci trovavamo entrambi sdraiati sul letto, totalmente nudi ed appagati.
Era una delle rare volte in cui il sesso con Andrew non era brusco.

Mi aveva presa lentamente e a fondo, riempiendomi tutta.
Saziandomi del suo seme bollente che ancora mi inondava l'intimità.

Mentre cercavo di regolarizzare i battiti frenetici del mio cuore, avvertii un forte braccio stringermi dolcemente le spalle.
Venni spinta leggermente all'indietro, contro il corpo bollente di Andrew rimanendo in quella posizione per molto tempo, finché quest'ultimo si alzò in piedi tirandomi con sé.

Ci dirigemmo in doccia, lavandoci accuratamente.

Andrew, mi sfiorava il corpo come se fossi fatta di cristallo, sussurrandomi all'orecchio quanto mi amasse e desiderasse costantemente.

In questi momenti, mi scioglievo tra le sue braccia.

Non riuscivo ad odiarlo totalmente.

Quell'uomo mi era entrato sottopelle, inoltrandosi nel mio cuore e brandendolo nelle proprie mani.

E, anche se non lo ammettevo, avevo compreso quanto provassi affetto nei suoi confronti.

Appoggiai teneramente il capo sul suo petto, percependo il suo cuore palpitare al mio gesto.
Le sue braccia circondarono la mia figura, sfiorandomi di tanto in tanto la schiena con le sue enormi mani.
Rimanemmo così, semplicemente abbracciati, sotto il getto d'acqua calda per quelle che mi parsero ore.

ANDREW

Dopo esserci asciugati e vestiti, ci dirigemmo al The King's Pub.
Ci mancavo da circa una settimana e avevo delle questioni importanti da sbrigare.

Phoebe sarebbe rimasta in compagnia di Enly.
Anche se non mi fidavo al cento per cento di quelle due insieme, dovevo un po' di normalità alla mia piccola.

Mi ero accorto di come i suoi occhi fossero cambiati notevolmente.
Non mostravano più la stessa candida lucentezza di quando mi aveva incontrato.

Erano cambiate troppe cose nella sua vita.
E, l'assenza di John aveva contribuito particolarmente al suo cambiamento emotivo.

Il mio pensiero andò a quest'ultimo.

L'avevano trovato riverso a terra in un appartamento di Los Angeles.
Tra le mani teneva stretta una vecchia fotografia, ritraente un John abbastanza giovane con in braccio una bambina: Phoebe.

Quell'uomo l'aveva davvero amata come una figlia, non facendole mancare mai nulla, né a livello materiale né a livello affettivo.

Un amore così puro, come pochi.

Mancavano esattamente sei mesi al compimento dei diciotto anni di Phoebe e io tremavo al sol pensiero di doverle rivelare una sporca bugia che l'avrebbe allontanata dal sottoscritto.

Potevo solo sperare che mi avrebbe perdonato con il tempo.

Oltretutto, per una colpa non mia.

Sospirai tremendamente nervoso effettuando varie telefonate, per poi, dirigermi all'auto per recarmi a riscuotere i fitti del mese in compagnia di Jeff.













𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝑂𝑏𝑠𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora