XXXVII✔️

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ANDREW

Fissai i miei occhi concentrati sulla piccola figura dormiente di Phoebe, coricata nel piccolo letto dell'ospedale.

Così delicata e fragile.

Presentava numerosi tagli sulle cosce e delle bende a fasciarle i deboli polsi.

Aveva perduto molto sangue.

Il mesico mi aveva riferito che se fossi arrivato anche solo cinque minuti più tardi, l'avrei persa per sempre.

Una morsa dolorosa mi attanagliò lo stomaco al sol pensiero.

Dormiva da circa due giorni.
Erano passati solo due giorni, ma a me sembrava un'eternità.

Mi mancava la sua voce, così soave e femminile.

Mi mancavano le sue labbra, le quali potevano essere benissimo paragonate alle ciliegie mature.

Mi mancavano le sue manine, così piccole e delicate.

Mi mancava persino il suo modo innocente di ribellarsi continuamente a me.

Mi mancava lei.

La donna della mia vita.

Il suo corpo era debilitato.
Le osservai i lineamenti dolci del viso, il quale era divenuto ancor più bianco, mostrando le venature sotto agli occhi.

Quei suoi occhi.

Desideravo ardentemente essere la prima persona ad abbracciarla, baciarla, consolarla appena si fosse svegliata.

Anche se, dopo quello che aveva saputo, lei non sarebbe stata della stessa idea.

Sospirai amareggiato chinando il capo verso il basso.

Intrecciai le dita della sua mano alle mie, accarezzandole con il pollice il dorso di essa, ricolmo di tagli, alcuni ancora freschi.

Calai poi a baciarle le mani, fredde come la neve, teneramente.
Come a scacciare tutto il dolore che aveva patito.

《Non puoi lasciarmi, Phoebe. Non puoi chiudere per sempre gli occhi, privandomi del loro colore. Quello stesso colore che hai portato nella mia vita. Non te lo permetto.》affermai dolcemente sussurrando sulla pelle fredda del suo polso.
《I baci e le carezze io li sento ancora. Rimbombano nel silenzio che, adesso, mi circonda...Torna da me, ti prego!》aggiunsi disperato poggiando il capo sul suo stomaco piatto, coperto dalle lenzuola bianche che le ricoprivano il corpo.

Mi assopii leggermente venendo, però, svegliato successivamente da un tenero mugolio basso.

Sollevai di scatto il capo, osservando con crescente felicità gli occhi di Phoebe socchiudersi lentamente fino ad aprirsi totalmente.

Le strinsi fortemente la mano, in preda ad un emozione mai provata.
Non avevo mai percepito quella strana ansia che da due giorni mi attanagliava le membra in una potente morsa, quella paura viscerale di perdere una persona cara.
Nemmeno quando morì mia madre.

Io amavo Phoebe.
La amavo con tutto me stesso.
Avrei fatto l'impossibile per renderla felice e scacciare quella tristezza che le si prostrava, adesso, sul suo bellissimo volto.

《Bambina...》allungai lentamente una mano, intenzionato ad accarezzarle il dolce viso pallido e corrucciato.

Ma, Phoebe me lo impedí schiaffeggiandomi bruscamente il palmo di essa.

Ritirai lentamente il braccio sulle mie gambe, evitando di scoppiare e lanciarmi in una sfuriata senza fine.

Conoscevo il motivo del suo comportamento.

Phoebe credeva che fossi stato io ad uccidere John.
Proprio come quest'ultimo aveva desiderato, affinché non si fosse addossata colpe non sue.

L'odio verso di me avrebbe acceso un'eterna scintilla che l'avrebbe invogliata a vivere.
E, anche se a malincuore, preferivo subire il suo profondo odio piuttosto che privarmi della sua preziosa presenza.

John mi aveva assicurato che lei mi avrebbe perdonato.
Il tempo avrebbe affievolito la sua rabbia e lei si sarebbe arresa all'amore che provava per me.

PHOEBE

Strizzai gli occhi aprendoli con una lentezza estenuante.

Percepivo il mio corpo debole, completamente privo di forze.

La testa mi scoppiava e il respiro fuoriusciva dalla mia bocca a piccoli sbuffi.

Misi lentamente a fuoco la figura di fianco a me, riconoscendo la sagoma imponente di Andrew.

Sollevai il capo osservandolo con sguardo astioso.

Allungò una mano verso il mio viso, guardandomi dolcemente.
Schiaffeggiai con violenza quest'ultima indietreggiando lentamente, a causa del dolore alle gambe tagliuzzate che sfregavano sul tessuto del lettino.

《Non mi toccare...》sibilai freddamente fissando i miei occhi nei suoi, ardenti e arrabbiati.

Proprio come i miei.

《Perché l'hai fatto?》chiesi esigendo una sua risposta.

Silenzio.

Scosse lentamente la testa, alzandosi dalla sedia situata accanto al lettino, dirigendosi in direzione della porta.

《Dimmelo!》urlai a squarciagola tremando così forte da non sentirmi più le gambe.

Si voltò un'ultima volta, lanciandomi un'occhiata sfuggente, incomprensibile, sbattendo poi la porta alle sue spalle non prima di aver affermato:《Goditi questa momentanea calma, ancora per poco e tornerà tutto come prima e, credimi Phoebe, non tollererò certi affronti.》

Rimasta sola, ruotai il capo verso la finestra alla mia destra, osservando con occhi attenti il luogo circostante.

Eravamo in città.

Sbarrai gli occhi, cercando di scendere dal letto.
Sibilando dal dolore, ci riuscii.

Esaminai meticolosamente il posto, escogitando un piano per scappare dall'edificio.

Per scappare da Andrew.

Non avevo più nessun motivo per restare con lui.

John era morto.
Io ero sola al mondo.
E, non avrei sprecato la mia vita ad essere trattata come una schiava da quel pazzo.

Il pazzo che mi aveva scombussolato la vita.
Lo stesso pazzo che era stato in grado di farmi provare una miriade di brividi ed emozioni contrastanti.

Incredibilmente, lo amavo, sempre se ciò era realmente amore ma, avevo scoperto, dopo il mio tentato suicidio che, amavo di più me stessa.

Questa non era una favola, e lui non era il mio principe.

Nessuno mi avrebbe salvata da quella situazione, quindi, l'avrei fatto da sola.

Mi sarei salvata da sola.

  

𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝑂𝑏𝑠𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛Where stories live. Discover now