XXVIII✔️

14.4K 348 20
                                    

PHOEBE

Ancora seduta sulla comoda poltrona in pelle su cui ricordavo John adorasse tanto sorseggiare il suo cognac, stavo leggendo appassionatamente uno dei miei romanzi preferiti: "Orgoglio e pregiudizio", un classico per eccellenza.

L'avvincente storia d'amore tra il Signor Darcy ed Elizabeth l'avevo da sempre considerata senza tempo perché vera e reale.

Orgogliosi e pieni di pregiudizi, i due prima si detestano, poi si sfidano e infine s'innamorano.

Riflettei profondamente sul personaggio del Signor Darcy, notando come assomigliasse, in gran parte, ad Andrew.

Bello, alto, prestante, ricco, aristocratico nei modi ancora prima del nome, riservato ed introverso con il mondo intero, circondato da una ristrettissima cerchia di persone che gli sono apertamente devote.

Presentava un'elevata quantità di difetti e, la superbia di classe era solo uno di essi.

Ma, sapeva osservare, ascoltare, e imparare pur senza cambiare di una virgola.
Semplicemente, alla fine sconfigge i propri pregiudizi e scopre sé stesso.

Lanciai di sottecchi uno sguardo sognante rivolto ad Andrew, vagando tra i miei pensieri, fantasticando stupidamente su di lui.

Chissà se un giorno lascerá scivolare dal bel viso, quell'orrenda maschera di violenza e autorità che tanto si accingeva a incollarsi addosso, quasi ne avesse fatto ormai la sua pelle.

Venni destata con malagrazia dalle mie incessanti riflessioni a causa del brusco schianto causato dalla porta che venne improvvisamente spalancata, rivelando la massiccia figura dello stesso uomo che aveva suonato alla porta della villa di Andrew il giorno prima.

Quest'ultimo mi avvolse completamente, dalla testa ai piedi, in uno sguardo scrutatore, che non avevo mai sofferto e che, mi costrinse a volgere subitamente il capo, fingendo di ammirare al di là della finestra le splendide luci che abbagliavano la città.

Mi irrigidii sotto il suo sguardo magnetico che quasi mi trafisse le spalle come tanti piccoli aghi affilati.

Solo quando avvertì la potente voce di Andrew rivolgersi a lui, finalmente distolse lo sguardo dalla mia povera figura agitata.
Lo compresi dalla scomparsa dei brividi gelidi che mi avevano assalito il corpo appena egli aveva fatto il suo violento ingresso.

Sospirai con sollievo, rilassandomi appena appena.

《Portalo qui, adesso!》sentii Andrew ordinare con tono cupo e intimidatorio.

Incuriosita dal suo repentino cambio d'atteggiamento, gli lanciai un'occhiata inquisitrice, per poi tornare alla mia amata e tranquilla lettura.

Improvvisamente, si udì un profondo tonfo sordo come di un grosso corpo che si fracassava con violenta forza al suolo, poi, successe un agghiacciante silenzio di morte.

Sobbalzai spaventata sulla poltrona per quella che mi parve la millesima volta nel giro di un'ora, notando con indescrivibile orrore la figura di un uomo calvo, tarchiato di membra, inginocchiato a terra.

Quest'ultimo tremava, madido di sudore e sangue secco che gli colava dal naso e dalla bocca.

Osservai terrorizzata Andrew avvicinarsi a lui, prelevando dal pantalone scuro, un oggetto luccicante.

Una pistola.

Mi paralizzai dalla paura.

Con gli occhi sbarrati assistevo alla terribile scena volendo evadere completamente dalla pericolosa situazione creatasi.

《Hai osato rubare ciò che è mio, Mike.》iniziò Andrew girandogli lentamente intorno, come un pericoloso e vorace predatore.

《T-ti p-prego Andrew...t-ti p-prometto che n-non s-succederá più!》supplicò l'uomo con tono di voce basso e tremolante, talmente tanto e convulsamente che le parole gli uscirono sgorbe e poco comprensibili.

《Troppo tardi.》affermò sprezzante fissandolo gravemente, con gli occhi impregnati di odio e morte.

Come se l'uomo che lo stava implorando, inginocchiato innanzi ai suoi piedi, valesse meno di niente.

Quest'ultimo mi lanciò un'occhiata supplichevole, gettandosi improvvisamente verso di me.

Mi afferrò rudemente la gamba che penzolava dalla poltrona, stringendola pietosamente tra le sue grosse e grasse braccia molli e sudaticce implorandomi di aiutarlo.

Terribilmente impaurita, indietreggiai più che potetti sollevando fulminea lo sguardo tremendamente spaventato verso Andrew, il quale assistette alla tragica scena con il volto calmo, immobile.

Proprio questa sua calma mi terrorizzò all'inverosimile poiché minacciava di causare il finimondo appena essa fosse passata.

La quiete prima della tempesta.

Come un cobra, scattò afferrando bruscamente per il collo grassoccio quel povero uomo, scaraventandolo sul pavimento, lontano da me.

E, puntandogli la pistola alla fronte, sparò.

Il rumore si propagò nell'intero ufficio, rimbombando notevolmente alle mie orecchie per almeno una decina di volte.
O, forse si ripeté per il doppio delle volte nella mia testa.

Il corpo massiccio dell'uomo, ora morto, cadde con una violenta botta a terra, zampillando sangue dal cranio che imbrattò il lucido pavimento dell'ufficio.

Mi salì la bile in gola.

Iniziai a tremare per lo shock, abbracciandomi il corpo, avvertendolo freddo, gelato.

Il mio respiro si fece pesante, e la gola si chiuse rendendomi difficoltoso incanalare aria.

ANDREW

Sputai sdegnato sulla feccia ai miei piedi guardandolo con un'espressione di disgusto ad inasprire i lineamenti del mio viso.

Rivolsi, poi, la mia attenzione a Phoebe, osservando improvvisamente preoccupato il suo viso stravolto dal terrore.

Mi avvicinai al viso impallidito di quest'ultima avvertendo a malapena il suo respiro.

La scossi vivamente per le spalle.

《Respira con me, Phoebe...Sì, bambina...Così...》la spronai accarezzandole la schiena tremante dolcemente, notando come avesse immediatamente ascoltato il mio consiglio.

Dopo che ebbe ricominciato a respirare regolarmente, la sollevai tra le mie braccia facendole appoggiare il viso cereo sul mio petto.

《Si, così bambina...Continua così...Non ti fermare...》sussurrai nuovamente sul suo capo, accarezzandole i capelli, intimandola a continuare a fare lunghi respiri.

Con lei tra le braccia mi diressi velocemente in macchina, sfrecciando successivamente per le strade di Los Angeles.

Non la bendai, avendo notato i suoi occhi chiudersi, stanchi.

Phoebe aveva rischiato di avere un attacco di panico sotto ai miei occhi.

Non avrei dovuto uccidere quella feccia umana davanti a lei, ma nel momento in cui le sue sudicie mani l'avevano toccata, avevo perso completamente la testa.

Nessuno doveva macchiare la sua innocenza.

Solo io potevo.

Arrivati, le lanciai un'occhiata preoccupata, osservandola rannicchiata al sedile, tremante.

La condussi velocemente all'interno della villa, dirigendomi con Phoebe tra le mie braccia direttamente in camera da letto, coricandola con delicatezza su quest'ultimo.

La sdraiai mettendomi al suo fianco, dopodiché presi a sfiorarle lo stomaco, delicatamente, cercando di farle calmare la tensione ai muscoli estremamente irrigiditi.

Dopo una buona mezz'ora, chiuse nuovamente gli occhi accucciandosi al mio petto, dormendo profondamente.

𝑀𝑦 𝐿𝑖𝑡𝑡𝑙𝑒 𝑂𝑏𝑠𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛Where stories live. Discover now