3. Se solo scambiare i corpi nel sonno fosse reale...

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Era l'ennesima volta che, durante la passeggiata di ritorno dall'università, Marzia si ritrovava a pensare alla domenica precedente. Lo aveva fatto anche il mattino subito successivo, mentre stava rispondendo alle quattro domande aperte del parziale di linguistica slava. Quando aveva letto l'ultima, che era proprio sulle forme lunghe e brevi degli aggettivi, le si era formato un sorriso involontario sulle labbra. Ilaria, la sua compagna di corso, l'aveva guardata come se si fosse trasformata in un troll.

Mentre si affrettava lungo via Roma ripensò anche a quel martedì, quando si era spaparanzata sul divano davanti il televisore a guardare la partita di Champions di Dušan. Si era goduta il match, anche se a tratti noioso, soltanto per vedere come avrebbe giocato. Si era resa conto, in quel modo, che la piega che stavano prendendo quella sorta di brevi incontri tra vicini non era per niente normale. Almeno da parte di Marzia.

Nello zaino che aveva con sé vennero sballottolati qua e là i libri di letteratura russa quando aggirò un cantiere, affrettandosi ad attraversare la strada prima che una moto la investisse in pieno. Sperò che l'esame fosse andato bene: ci pensava e ripensava da quattro giorni, da quando lo aveva consegnato. In quella materia avrebbe voluto avere il voto più alto, visto che le piaceva tanto, e se al parziale non avesse raggiunto almeno ventotto lo avrebbe rifiutato. Era molto severa con sé stessa, ma solo con i corsi che la appassionavano davvero. E studiando linguistica, che fosse italiana, inglese o slava, si era resa conto di apprezzarla molto. Quando invece tutti i suoi compagni di corso la odiavano.

Le lezioni sarebbero iniziate la settimana seguente, e sarebbe stata molto più impegnata, visto che alcuni giorni a settimana, a differenza del primo semestre, avrebbe dovuto frequentare anche di pomeriggio. Marzia si stava così godendo gli ultimi pomeriggi in tranquillità a casa con Giulia, o spesso anche in terrazzo da sola. Non aveva avuto più l'occasione di incrociare Dušan dopo quella domenica sera.

Avrebbe voluto fargli i complimenti per il suo primo gol in Champions, pensò, prima di svoltare proprio nella strada dietro Piazza San Carlo, dove si trovava l'ingresso principale del suo palazzo. In quel momento si rese anche conto di starci pensando troppo: non se ne faceva niente dei suoi complimenti, e così sembrava solo ossessionata ai suoi occhi. Non c'entrava nulla il fatto che avesse speso di sua spontanea volontà più di un'ora ad aiutarla a studiare cose che non avrebbe mai visto altrimenti, e che probabilmente neanche gli interessavano. Si era arresa all'idea che lo avesse fatto soltanto per passare il tempo, anche se una vocina nella sua testa le continuava a ricordare che, se avesse proprio voluto perdere tempo, avrebbe preferito farlo giocando alla Play Station.

Spinse un'anta del grande e imponente portone in legno scuro intarsiato, con dettagli dorati in stile liberty, per accedere all'androne del palazzo, come sempre tenuto ordinatissimo dal portiere. Salutò l'uomo sulla cinquantina, seduto dietro la scrivania, che la ricambiò con un sorriso: ogni volta che lo vedeva aveva qualche pacco di libri per lei. Fortunatamente quella settimana non aveva ordinato nulla online.

Si affrettò con passo svelto verso l'ascensore davanti a sé, oltre la porta a vetri che aveva appena sorpassato. Spinse il pulsante con lo zero in rilievo per chiamare l'ascensore, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Questa nella corsa si era liberata dal piccolo chignon con il quale aveva raccolto le ciocche che le finivano davanti agli occhi, lasciando l'altra metà di capelli sciolti. Marzia sbatteva il piede destro, fasciato dalle sneakers nere, sul pavimento in marmo del palazzo: non vedeva l'ora di entrare in casa e mettere il completo da yoga per una bella sessione. Ne aveva proprio bisogno, visto quanto si sentisse tesa. Si strinse ancora nel cappotto verde scuro, lasciandosi andare in uno sbuffo stizzito quando notò che si era accesa una freccia sopra l'ascensore, quella delle due che indicava che stesse salendo. Qualcuno lo aveva chiamato dal parcheggio privato sotterraneo.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora