39.1. Se l'affetto riuscisse a battere le conseguenze dell'ira?

3.2K 123 5
                                    

Marzia non credeva potesse esistere giornata peggiore della precedente; eppure, quando quel lunedì riuscì ad avere la forza di alzarsi dal letto, la colpì un capogiro e, istantaneamente, ricordò tutto ciò che era accaduto il giorno precedente. E quello prima ancora. Aveva trascorso una domenica chiusa nella sua stanza e, dopo l'infausta videochiamata con la sua relatrice, aveva fissato il display del computer per minuti e minuti cercando di studiare il piano più corretto per incominciare a riscrivere le parti del capitolo che la professoressa le aveva bocciato.

Non era stata sgarbata, o sgradevole, le aveva semplicemente suggerito qua e là come procedere. Da un commento erano diventati trenta. Alla fine Marzia avrebbe dovuto rielaborare quasi metà del capitolo. Da riscrivere interamente, in una settimana. La stessa settimana che avrebbe dovuto affrontare con la frustrazione ancora a fior di pelle, l'impegno del tirocinio, l'ansia che ciò che avrebbe scritto sarebbe stato di nuovo sbagliato. In teoria lo avrebbe dovuto consegnare dieci giorni dopo quella videochiamata. In realtà Marzia non sapeva neanche se fosse riuscita ad arrivare a quel giorno con qualcosa di diverso dai caratteri evidenziati di giallo con i commenti a lato.

Aveva approfittato del lunedì mattina libero per dormire, svegliarsi il più tardi possibile, evitare di fare colazione con Giulia e, quindi, scansare anche i suoi tentativi di cercare un chiarimento del perché avesse passato tutta la domenica nelle sembianze di un fantasma e si fosse palesata in salotto soltanto alle nove per guardare la partita della Roma. Marzia aveva sperato che almeno quella sfida con il Lecce avesse potuto farla distrarre dal disastro in cui la sua vita era caduta nel giro di una manciata di ore.

Invece, nonostante la vittoria, aveva dovuto assistere all'infortunio di Dybala, avvenuto proprio mentre calciava il rigore che aveva regalato i tre punti ai giallorossi. Marzia era rimasta immobile davanti al televisore quando lo aveva visto toccarsi la coscia, una smorfia in viso. Il pensiero le era volato a Diana. Per un millesimo di secondo, perché poi si era arenato sullo scoglio dove la sua mente aveva albergato per tutte quelle ore. Lo stesso, imponente centro dei suoi pensieri: Dušan.

Il nervosismo le aveva corroso lo stomaco per tutta la giornata. Non aveva mangiato null'altro che quadrucci in brodo, ne aveva preparata una pentola e continuava a scaldarli a ogni pasto. Aveva mal di stomaco continuamente, una morsa immaginaria che lo stringeva a intervalli regolari, un dolore continuo che la faceva innervosire ancora più di quanto facessero i pensieri. Non aveva ricevuto nessun messaggio, nessuna parola. E lei stessa era rimasta chiusa in quel mutismo, scevro da lacrime e da altro che non fossero martellanti e ridondanti pensieri.

Il nervoso e incessante pianto che l'aveva colta appena tornata a casa dopo quella lite non si era arrestato nel momento in cui aveva iniziato a sanguinare. Si era protratto quando era andata in bagno e aveva fatto scorrere l'acqua gelida sul pollice tremante. Marzia aveva continuato a sentire le guance bagnate anche quando si era seduta sul coperchio del water, si era costretta a medicarsi con l'acqua ossigenata, stringendo i denti dal dolore. Aveva visto gocce salate ricaderle sulla maglietta del pigiama, macchiata già dal rosso del sangue, anche nel momento in cui aveva tentato di isolare la ferita con una garza e due cerotti. E aveva continuato a piangere, con la vista annebbiata e la nuca appoggiata alle piastrelle del bagno, le ginocchia tirate al petto e la mano ferita abbandonata sulla ceramica del water.

Aveva singhiozzato, così forte da doversi portare la mano sinistra alla bocca, per arginare quel rumore ripetuto e sordo, per non svegliare Giulia. Aveva lasciato che ogni traccia di frustrazione, nervosismo, tristezza, inettitudine, rancore le fluisse dagli occhi. Così le lacrime le avevano incrostato di sale le guance. Così aveva sentito bruciare così forte le iridi che si era ritrovata a chiudere le palpebre e sperare di addormentarsi in quella posizione, che il sonno la cogliesse e le togliesse i pensieri dalla mente.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora