21.1. Un vodka lemon senza filtri, grazie

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Tirò una sottile linea nera di eye-liner e riaprì l'occhio destro, sbattendo le palpebre diverse volte prima di rimirarsi allo specchio di nuovo. La musica Lo-Fi proveniva dalla cassa Bluetooth sulla cassettiera bianca laccata, addossata al centro della parete opposta a quella dove sostava Marzia. Lei era in piedi davanti all'enorme specchio dalla cornice in metallo sottile. L'espressione soddisfatta in cui si trasfigurò il suo viso le fece abbandonare l'eye-liner in penna nel beauty case, per trarne il piegaciglia. Nel fresco della stanza di Giulia, in quell'inaspettato caldo maggio che stava volgendo al termine, la luce fredda dei faretti non faceva che evidenziare gli sgargianti colori dei vestiti delle tre che la popolavano.

"Mar, ma che cazzo ti è saltato in testa?! Non possiamo andare in un altro locale?" chiese per la trentesima volta Ilaria, le mani sui fianchi, mentre Giulia le sistemava i dispettosi capelli castani in due trecce alla francese. La bionda dietro di lei scosse la testa, sorridendo all'ennesimo sbuffo della compagna di università. Marzia non si azzardò neanche a voltarsi verso di loro, continuando a piegare le sue ciglia nerissime.

"Raga, inutile che fate così, ormai ho deciso" annunciò, con quel suo tipico modo di fare sbrigativo. Era stata una delle sue solite decisioni istintive. E quando lui gliel'aveva accennato, quando aveva sentito articolare quelle parole anche da altre bocche, quelle dei suoi compagni di squadra, Marzia non aveva avuto dubbi. Era quello che si meritava. Un'azione sconsiderata, vederlo avere a che fare con qualcosa di non stabilito, non premeditato. Ma pubblico, lontano dalle mura confortanti dell'edificio in cui si erano incontrati per la prima volta, in cui si erano baciati, toccati, sentiti.

"Io vorrei proprio sapere perché devi farlo" saltò su Giulia, smettendo di prestare attenzione alle tre ciocche che teneva tra le dita per rivolgerla a Marzia che, con il mascara in mano, si era finalmente voltata verso la sua coinquilina, dall'altra parte dell'enorme stanza da letto. Giulia non aveva mai compreso i suoi moti impulsivi, quel fare temerario che trascurava sempre le conseguenze. Perché Marzia sarebbe potuta andare in quel famoso locale poco lontano dal centro, sarebbe anche potuta riuscire a entrare, ma nessuno le garantiva di poterlo vedere. Di poterlo mettere alla prova.

Ma a lei non importava nulla delle conseguenze, quando le venivano in mente quelle sconsiderate azioni. Era come se all'improvviso tutte le sue paranoie si azzerassero e nel suo cervello campeggiasse solo l'enorme neon che recitava "vendetta". Una serata in cui non sarebbe dovuta essere lei a fare la parte della spettatrice, in cui anche lui si sarebbe calato nelle vesti della sopportazione. Una sciocca e insensata vendetta, quella che aveva pianificato Marzia. Una sciocca, insensata e divertente vendetta.

"Perché... voglio, non c'è un perché" annunciò così alle sue amiche, scuotendo le mani in aria per sottolineare le sue parole. Figurarsi se avrebbe mai ammesso che i perché c'erano, ed erano anche tanti. Erano passati soltanto tre giorni, e in tre giorni non avevano fatto altro che scambiarsi messaggi continuamente. Nonostante le pause per gli allenamenti, nonostante le sedute di fisioterapia sempre più frequenti, nonostante lo studio costante, Dušan la coinvolgeva in interminabili conversazioni sugli argomenti più disparati. E avevano finito spesso, a tarda notte, ad addormentarsi sui rispettivi cellulari, senza neanche darsi la buonanotte.

Era come se qualcosa fosse scattato, ma Marzia non aveva proprio compreso cosa. Sapeva si sarebbero visti, qualche sera di quelle. Nel fine settimana lui avrebbe avuto l'ultima partita della stagione a Firenze, e tutto sarebbe potuto andare per il peggio. O per il meglio. Dopo la partita di lunedì erano saltati tutti gli schemi, erano stati squarciati tutti gli scudi. Marzia era rimasta nuda davanti a lui, spiattellandogli le sue insicurezze come se gli stesse elencando quali esami dovesse dare.

E aveva visto accendersi la fiamma dentro agli occhi di Dušan, che l'aveva incendiata a ognuna delle parole che le aveva gettato contro; ogni sillaba di quelle frasi, frasi che solo lei riusciva a comprendere quanto gli fossero costate. Tra sobillazioni e frecciatine, tra battute e scrosci d'ira, in tutte quelle settimane non avevano fatto altro che alludere i loro sentimenti, come se la fisicità potesse soffocarli. Come se non nominandoli, neanche pensandoli, sarebbero potuti non esistere. Ma c'erano, Marzia li aveva visti. E ne voleva ancora, come un bambino goloso di cioccolata il giorno di Pasqua. Sei diventata quasi una dipendenza. Io voglio te, voglio te! Credimi sempre. Solo alcune delle parole che le rimbombavano continuamente in testa, come se quel lunedì notte non fosse già lontano, come se avesse ancora Dušan davanti, con quel fuoco negli occhi, con le dita su di lei, a stringerla, a lambirla.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora