40. Un luogo per crollare, lo stesso per attaccare

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Non preoccuparti,
non sto così male.
Stiamo uscendo ora
dallo stadio, tu però
mettiti a dormire,
ne parliamo domani.
11:27

Okay, ma scrivimi
appena decollate
e appena atterrate.
Per favore, Dule
11:27

Stiamo partendo,
sono sull'aereo con
la squadra. A dopo,
stai tranquilla,
spero tu stia dormendo
00:14

Atterrato ora.
Tra poco sono a casa,
ma questo non lo
leggerai perché
starai dormendo.
Spero
02:47

Era appena arrivato quel messaggio quando Marzia aveva cercato di sistemarsi dritta contro lo schienale del divano e soffocare l'ennesimo sbadiglio. La lancetta dell'orologio si avvicinava inesorabilmente al tre, la stanza era buia, l'unica luce che la illuminava era quella proveniente dal televisore ancora acceso, l'ennesima replica di una partita di Serie A sullo schermo. Marzia non la stava guardando. Quella notte, tra il martedì appena terminato e il mercoledì che era iniziato con l'angoscia a fremerle sulla pelle, la casa era silenziosa, l'interno sette completamente vuoto se non per lei, raggomitolata su quel divano grigio, mezza sonnecchiante, eppure cercando di restare vigile per ridestarsi al minimo rumore.

Aveva letto e riletto quei messaggi fino a impararli a memoria, prima che l'ultima bolla verde comparisse nella chat. Prima che Marzia potesse far spirare dalle labbra un sospiro di sollievo. Così leggero e flebile perché non era vero sollievo, non aveva tolto il peso che le gravava sulle spalle da ore. Era solo stata certa che Dušan fosse atterrato, che fosse tornato in Italia, che nello spazio di qualche decina di minuti sarebbe tornato anche tra le sue braccia. Dopo la disfatta. Dopo la più atroce delle sconfitte.

Uscire ai gironi di Champions League era la peggiore delle figure per ogni tifoso bianconero. Dopo la terribile partita contro il Maccabi Haifa a cui era seguito il ritiro, di certo la situazione non era già delle migliori. Era stata la trasferta di Lisbona a dare il colpo di grazie alla Juventus che, pur avendo lottato, si era dovuta arrendere al Benfica. La peggiore delle disgrazie lo era davvero per tutti gli strisciati di Torino. Non per Marzia. Non per Dušan.

Si era fermato, improvvisamente. Marzia lo aveva visto inquadrato, a terra. Erano passati una manciata di secondi, aveva sperato che stesse fingendo, come faceva di tanto in tanto, ma quella non era di certo la partita più indicata per mettersi a fare sceneggiate. Così quando si era rialzato aveva visto dei movimenti in panchina, poi un paio di compagni di squadra pronti a entrare. Aveva seguito la sua andatura verso la fine del campo, lo sguardo basso, le labbra strette. Finché avesse potuto, finché le inquadrature glielo avessero consentito, Marzia aveva osservato, fino all'ultimo secondo, il suo ragazzo. Aveva guardato la partita attentamente soltanto per sperare che il telecronista dicesse qualcosa, che la telecamera lo inquadrasse in panchina.

Quando l'aveva fatto, quando lo aveva ritrovato con la borsa del ghiaccio sull'inguine e le braccia conserte, gli occhi così fissi sulla partita, eppure così lontani dal gioco, Marzia aveva perso il respiro. Un secondo, un solo istante in cui aveva dimenticato istantaneamente come facesse a far passare l'aria dai polmoni. Aveva riavvolto il nastro, pensato alla stagione precedente, a come fosse finita, a come lo avesse lasciato, prima che tutto precipitasse all'inizio di quell'estate. A quanto avesse sofferto per quell'infortunio, quanto volesse giocare. E poi la mente le volò al futuro, al Mondiale così vicino, al suo sogno di cui parlava in continuazione, gli occhi gli brillavano ogni volta che soltanto nominasse la Coppa del Mondo.

Marzia era rimasta immobile a guardare la partita fino al fischio finale e, quando i giornalisti da bordo campo avevano comunicato che Dušan avesse un problema agli adduttori, Marzia aveva capito immediatamente di cosa si trattasse davvero. Se quel ghiaccio era sull'inguine. Se il suo ragazzo aveva avuto, per tutti i restanti venti minuti di gioco più recupero, lo stesso sguardo distante, distaccato, vacuo. Marzia era rimasta stesa su quella penisola anche dopo, con gli occhi sul dopo partita, ma lo stesso sguardo vacuo che aveva avuto Dušan, tesa con la mente verso di lui.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora