19.1. Insospettabile dolcezza nella partita all'ultima frecciatina

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Ho appena finito di studiare,
vorrei crepare🔫
21:45

Tu sei a casa?
21:46

Marzia fissò la chat dopo aver inviato quei messaggi, lo sfondo con i cuoricini e il nome di Dušan in cirillico in alto a sinistra, accanto alla sua foto. Si era concessa di prendere il cellulare tra le mani soltanto dopo aver lavato i piatti, a seguito di una cena frugale con Giulia. Avevano passato praticamente tutto il pomeriggio a studiare, e Marzia era riuscita ad alzare la testa dai libri soltanto alle nove, gli occhi che le bruciavano e la voglia di staccare la presa al cervello.

"Non mi risponde" sbuffò, appoggiando il cellulare sulle ginocchia, seduta sul divano. Giulia stava facendo zapping alla tv, cercando qualcosa di decente da guardare prima di ripiegare su Netflix. Marzia la sentì sospirare, prima di lasciarsi andare a uno spazientito commento.

"Dagli tempo, Mar, che palle!" esclamò, sferzando l'amica con un'occhiata d'ammonizione. Marzia era cosciente di essere impaziente: dopotutto era a quell'ora che solitamente lei e Dušan avevano un pochino di tempo per parlare, scambiarsi qualche messaggio. Era quella la sua dose quotidiana di strette allo stomaco e sorrisi esasperati. Mi manca pensò in un attimo, prima che Giulia riprendesse parola, facendola voltare verso di lei.

"Ma poi scusa eh, ma se hai così tanta voglia di sentirlo, perché non gli vai a bussare alla porta?" domandò ovvia, la bocca andata a piegarsi in una smorfia perplessa mentre la squadrava. Marzia si sistemò contro lo schienale del divano, incrociando le gambe fasciate dai leggings da yoga. Poggiò il gomito destro sul ginocchio corrispondente e calcò il mento sul palmo, una smorfia di disappunto in viso.

"Perché non voglio disturbarlo" bofonchiò, la voce alla stregua di un lamento. Dopo quella serata mozzafiato, in cui erano stati avviluppati tra le lenzuola per un tempo indecente, Marzia lo aveva salutato la mattina successiva, tornando a casa mentre lui scendeva per andare agli allenamenti. Era stata l'ultima volta che lo aveva visto, prima della sua trasferta a Genova, e dell'inizio di quella settimana. Sette giorni senza farsi ammirare da quelle iridi scure. Un supplizio.

"Ma secondo me gli fai solo un piacere" le assicurò Giulia, tentando di spazzare via le croniche paranoie di Marzia. Sapeva Dušan ultimamente si allenasse fino a tardi. Le rispondeva sempre dopo le sette di sera, dicendole che stava uscendo dal centro sportivo. Tutti i giorni era chiuso alla Continassa, e lei riconosceva come uno come lui non volesse mai darsi per vinto. Soprattutto con le ultime altalenanti prestazioni, le sostituzioni dopo un'ora di gioco, e il nervosismo a fior di pelle.

Ne avevano parlato qualche sera prima, mentre Marzia era a letto, la sua maglia rossa addosso e la voglia di averlo affianco, accarezzargli i capelli, lasciarsi addormentare immersa nel suo profumo. Aveva cercato come sempre di confortarlo, raccomandandogli di allentare la presa, che sfasciandosi di palestra e restando fino a tardi a provare gli schemi con i preparatori non risolveva nulla. Era un gioco di squadra, da solo poteva farci poco.

"Giu' magari è stanco, ha avuto gli allenamenti oggi. O magari semplicemente vuole stare da solo" si ritrovò a rispondere all'amica, mentre i pensieri restavano incagliati sul numero sette, sulla sua testardaggine, e su quel voler sempre provare a sorpassare i limiti. A costo di tornare a casa senza riuscirsi a reggere in piedi. A costo di crollare a letto e scriverle di sentire i muscoli indolenziti. Ma era da quei particolari che Marzia capiva quanto fosse dedito a ciò che amava: la fatica, la voglia di provare e riprovare, l'aspirazione di puntare sempre più in alto.

Lei lo ammirava anche per quello, per la sua ambizione. Nonostante fosse già dannatamente bravo, Dušan trovava sempre qualcosa da migliorare: un particolare da limare, un movimento da affinare, un'intesa da coltivare. Era rapido nell'analizzare il gioco, veloce nell'aggirare i difensori, preciso nel rintracciare le falle nelle altrui difese. Ma sembrava che, in quella squadra, pochi gli andassero dietro, si applicassero come lui. Quindi Dušan restava con l'amaro in bocca, e la convinzione che la colpa fosse anche la sua. Solo la sua.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora