15.2. Ostinazione a tinte scarlatte

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Appoggiò la testa sul bracciolo del divano e tirò la coperta fino al mento, gli occhi incollati sul televisore, che non riusciva a non fissare. Marzia aveva appena finito di sbocconcellare un supplì, la pizza avanzata per metà sul tavolo, lo stomaco chiuso. Non sapeva perché avesse obbedito a quella richiesta, ormai non cercava neanche di trovare una spiegazione a quello che il suo istinto le comandasse di fare.

Quindi stava passando quel sabato sera chiusa in casa, da sola, davanti alla tv, cercando con gli occhi le spalle del numero sette bianconero tra i ventidue sul campo dell'Allianz Stadium. Ogni volta che veniva inquadrato Marzia lo vedeva più nervoso, ed era soltanto il primo tempo.

Suo padre e sua madre erano usciti con degli amici di famiglia nel tardo pomeriggio, mentre sua sorella Lucrezia aveva lasciato casa poco prima, diretta alla solita piazzetta dove si vedeva con le sue amiche del liceo. Marzia si era ordinata una pizza e due supplì, e non aveva finito neanche la metà di quello squisito pasto.

Perché aveva lo stomaco chiuso, perché era iniziata subito dopo la partita e non riusciva a non pensarlo. Ce l'ho davanti agli occhi continuamente, come faccio a ignorarlo? aveva pensato durante l'inno della Serie A, quando la regia le aveva offerto il suo primo piano.

Marzia temeva il momento in cui avrebbe rimesso piede a Torino, tra le mura nemiche del loro pianerottolo, sulla distesa di cemento del terrazzo. Sapeva non potesse sfuggirgli a lungo, che prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo, che le avrebbe chiesto spiegazioni. Marzia aveva cercato di allontanarlo per tutta la settimana, sperando che si stancasse di lei, anelando la possibilità che la lasciasse andare per la sua strada, che quella brevissima parentesi si chiudesse nel modo meno doloroso possibile.

Non aveva fatto i conti con la caparbietà del numero sette, che sembrava non stancarsi mai di correre e acciuffarla. Marzia sbuffò, inondata da quei pensieri, prima che il telefono le vibrasse accanto, abbandonato sul bracciolo dove aveva appoggiato la testa. Diede uno sguardo di sfuggita al display, convinta fosse la notifica di un gol della Premier League. Invece si drizzò sul divano quando lesse il contenuto del messaggio, che la fece scattare come se dovesse correre per sfuggire a uno squalo alle sue calcagna.

Mar, vedi che ieri
Dušan mi ha scritto
su IG
21:05

La chat con Giulia, popolata da richieste di spegnere la luce e liste della spesa, aveva ospitato in quel momento uno dei messaggi più inaspettati che Marzia potesse immaginare. Prese l'iPhone con entrambe le mani e stette a rimirare quelle parole quasi fossero il testo di una poesia, alla ricerca di figure retoriche, della spiegazione di un significato che invece era lapalissiano.

Eh?
21:07

Ma che cazzo dici??
21:07

Si ritrovò a rispondere, l'ansia aveva già preso pieno possesso delle sue facoltà. Aveva iniziato a tormentare con i denti la pellicina sul pollice destro, le iridi azzurre che saettavano dalla chat con Giulia all'inquadratura del campo da gioco, la partita ancora bloccata a reti inviolate. Sussultò quando il cellulare le vibrò ancora tra le dita.

Ti giuro!
21:09

𝘐𝘯𝘰𝘭𝘵𝘳𝘢𝘵𝘰:
"Ciao Giulia, scusa se
ti disturbo, volevo
soltanto chiederti
di Marzia. Che tu sappia
le è successo qualcosa?
Perché mi risponde in
modo molto strano e
non vorrei aver fatto
qualcosa di sbagliato..."
21:09

Questo è pazzo fu la prima frase a venirle alla mente, mentre rileggeva spasmodicamente il messaggio inoltratole da Giulia. Era arrivato a scrivere anche a lei per sapere quale fosse il problema, per saltare a piè pari le risposte lacunose di Marzia, la freddezza di quei messaggi. Dušan perché ti importa così tanto di me? si domandò, poggiando le spalle sullo schienale del divano, animata ancora dall'angoscia che Giulia si fosse fatta scappare il vero motivo di quel repentino distacco.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora