32. Un corpo voglioso rende la mente nostalgica

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Un brivido lungo la schiena, quella volta era lo scorrere dell'acqua fresca sul corpo. Non quella di una piscina termale, quella della doccia di casa, i capelli incollati sulla schiena, e gli occhi chiusi. Ma il calore che Marzia sentiva sulla pelle non era imputabile all'afosa notte di fine luglio, quanto più ai ricordi di un pomeriggio passato, e di tutte le parole che l'avevano accompagnata in quei giorni, una lenta agonia e assieme il gioco al rialzo così entusiasmante da catturarla a ogni ora della notte e del giorno. E da quando la mattina di giovedì Dušan era decollato da Caselle insieme alla squadra, Marzia aveva trascorso ognuna di quelle giornate ad anelare quella manciata di minuti in cui riuscivano a incastrare le loro routine, complice il fuso orario, per ricadere ancora nella trappola dell'eccitazione. Non si era mai arrestata, non aveva fatto altro che pensare a lui, per interminabili minuti.

Mentre scuoteva i capelli per inumidirli totalmente prima di applicare lo shampoo, Marzia pensò a quanto avesse atteso un suo messaggio quel giovedì, mentre faceva di tutto per allontanare il pensiero da lui, da quel volo interminabile che lo avrebbe condotto in California, e dei chilometri che ogni minuto di più li separavano l'uno dall'altra. Quella notte aveva pensato che non sarebbe stato poi così male vivere quei giorni separati, sentirsi per messaggio, con qualche chiamata, e metterlo alla prova davvero. Marzia la sua fiducia non l'aveva ancora riacquisita totalmente, ma ciò che invece aveva riconquistato inaspettatamente era la necessità fisica di sentirlo vicino.

Non le era mai accaduto, nessuno era arrivato a tanto con la libera e volubile Marzia. Non si era mai ritrovata a desiderare così tanto di sentire il calore della pelle di qualcuno sulla sua, le carezze delicate lungo il collo, e quelle vogliose sui glutei, che l'avevano inchiodata contro la parete dell'ascensore. Nonostante di Dušan anelasse anche le parole, gli sguardi, i gesti, era il tocco ciò che le mancava incredibilmente. Forse perché la loro vicinanza era diventata, poco a poco, sempre più emblematica attraverso leggere carezze, sfioramenti di dita, fino a consci abbracci e deleteri baci. Forse perché Marzia percepiva un'inedita e impressionante reazione a quelle attenzioni di cui non aveva mai fatto esperienza, in tutta la sua vita. Bastava che le sue labbra le sfiorassero il collo, bastava che quelle dita affusolate le tracciassero la curva dei fianchi, e in Marzia si scatenava la tempesta dell'eccitazione.

E se non era eccitazione, allora diventava semplicemente la risposta positiva agli accorgimenti di un corpo che sembrava essere fatto soltanto per distruggere, annichilire, contrastare, ma che con lei diventava il corpo della complementarietà. Il fisico statuario ma inglobante, incredibilmente morbido se accarezzato con criterio, incredibilmente diverso da come tutti lo avrebbero immaginato, perché l'interezza era concessa soltanto a lei. E quella consapevolezza, di essere l'unica a poterlo toccare completamente, di essere l'unica a renderlo così instabile, e vulnerabile, ed eccezionalmente sensibile, rendeva Marzia orgogliosa di sé stessa, e le donava una consapevolezza nuova e straziante: sentirsi tanto giusta per qualcuno da non riuscire a pensare di tornare a privarsene.

La schiuma viaggiava sulle spalle nude di Marzia, mentre sciacquava i capelli dallo shampoo, e la mente le ricadde ancora a giovedì sera, quando finalmente Dušan le aveva detto di essere atterrato. Dopo che Marzia aveva trascorso tutto il pomeriggio indaffarata tra bollette da pagare e pacchi da spedire a Roma, prima di tornarvi il lunedì successivo per una settimana in famiglia. E non solo quello. Si era vista con Ilaria, per un doveroso sostegno psicologico dopo quello che sarebbe dovuto essere il suo ultimo esame. Se non fosse che la sua amica fosse la persona più ansiosa che conoscesse, e temesse che quello scritto fosse stato il peggior elaborato della sua vita. Marzia era sicura sarebbe passata con più di ventisette.

Appena Dušan aveva scritto di essere in autobus, il gioco di Marzia era tornato nel vivo. Non riusciva a restare neutrale, e soprattutto non riusciva a non mantenere le promesse. E quella che gli aveva fatto ancora lampeggiava nella sua mente, a distanza di giorni, mentre massaggiava il balsamo sulle lunghezze. La promessa che aveva accompagnato le loro ore di separazione, quella che aveva sobillato le parole di Dušan, e le risposte grafiche a quegli attacchi senza esclusione di colpi. Tutto era partito proprio da quella notte, da quell'impegno. Vedrai le foto che ti manderò io, allora l'aveva sobillata lui, di cui Marzia ancora ricordava lo sguardo sferzante. Mai come le mie gli aveva risposto, già pregustando a cosa avrebbero dato vita in quella chat, due fuochi mai sopiti, le scintille a corroborarli, la benzina a incendiarli.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora