45. Alla luce del sole, alla luce dell'amore

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Quella volta Marzia era sola, davanti a uno dei massicci tavoli della biblioteca universitaria. Sola se non si dovesse contare la montagna di volumi dalla rilegatura consumata accatastati accanto a lei, sullo stesso piano dove le sue dita si muovevano velocemente per sfogliare le pagine sottili del libro che aveva davanti agli occhi. L'incontro con la relatrice era stato proficuo, sebbene Marzia si fosse vista presentare un'altra cospicua mole di commenti sulla stesura del secondo capitolo e l'invito a consultare una lista di volumi che le sarebbero serviti per scrivere il terzo. Così, con suo massimo disappunto, aveva controllato che la gran parte fosse presente in biblioteca e quella fredda mattina aveva lasciato casa per recarsi proprio lì. Su quella stessa sedia su cui ormai sostava da tre ore, la biblioteca semivuota visto il lungo ponte che molti studenti e docenti si erano concessi a seguito della festività dell'8 dicembre, quella del giorno precedente.

Marzia non poteva permettersi troppe soste, invece, e dopo aver trascurato le ricerche per più di una settimana, complice la sortita a Doha e l'inaspettato viaggio per Belgrado, doveva tornare a fare i conti con le scadenze e l'ansia di star sbagliando tutto appena approcciava un nuovo argomento della lista che aveva sottomano. Erano passati solo due giorni effettivi da quando aveva lasciato casa di Dušan, lui e la sua famiglia per tornare a immergersi nella quotidianità. Era stata bene, troppo bene, stranamente serena, dopo la confessione che si era ritrovata costretta a fargli, davanti al Danubio. Invece allora, quando da ormai giorni non avevano notizie in merito, l'ansia aveva ripreso a corroderle lo stomaco.

Sapeva che di lì a poco Dušan sarebbe tornato a Torino, che avrebbe ripreso ad allenarsi con costanza nel centro sportivo dopo la pausa per il Mondiale, e che le restavano soltanto una manciata di giorni da vivere con l'angoscia che tutto da un momento all'altro potesse precipitare. Marzia, che stava giocherellando con la matita tra le dita mentre leggeva per la terza volta un paragrafo che non riusciva a terminare, aveva la mente così annebbiata dai pensieri che la concentrazione le abbandonava il corpo in un battito di ciglia.

Marzia aveva sempre odiato le zone grigie, il non detto, l'incertezza, quel limbo logorante in cui le persone si spingevano pur di non definire i contorni della propria vita, di non prendere una scelta definitiva. Marzia era la stessa che, piuttosto di schierarsi e scegliere immediatamente una strada, si era spinta fino a scoprirsi senza via d'uscita, a dichiarare un amore che l'aveva fatta soffrire e gioire, struggere e godere. Marzia era la stessa che si era gettata incontro alla guerra alla prima occasione, sfidando il proprio coraggio per cercare di squarciare quella parete grigia, di tirare fuori Dušan dallo stallo, da una situazione che lo imprigionava e lo rendeva impotente. Invece erano finiti insieme nel luogo dell'attesa, in cui il magone in gola cresceva ogni volta che i pensieri si infittivano intorno all'argomento, in cui lo stomaco si stringeva per qualsiasi paranoia che le passava per la mente, veloce come rapidi sono i pensieri dettati dall'angoscia.

E pure angoscioso fu il modo in cui Marzia adocchiò il cellulare, quando si illuminò improvvisamente sotto ai suoi occhi, alla destra del tomo rilegato in verde smeraldo che aveva aperto sul tavolo. Quel cellulare non avrebbe mai dovuto illuminarsi, perché Marzia aveva impostato la modalità Non Disturbare. Quel cellulare, per giunta, non avrebbe mai dovuto iniziare a vibrare, in quel preciso istante, mozzandole il respiro nel petto quando si rese conto chi fosse il mittente di quella chiamata.

Aveva abbassato la maniglia e già l'iPhone gli sostava accanto all'orecchio sinistro, prima ancora di aprire la porta, prima ancora di entrare nella sua stanza e chiudersi l'uscio alle spalle. Dušan si sedette ai piedi del letto, la felpa che Marzia aveva indossato qualche notte prima ancora appesa allo schienale della sedia della scrivania, si era rifiutato di sistemarla. Si era rifiutato di allontanarla dai suoi occhi, perché quando si era svegliato, la mattina dopo che era partita, aveva visto quel pezzo di stoffa di fronte a sé e aveva pensato a come Marzia lo avesse stretto, la mattina prima di andare in aeroporto. A come gli avesse sorriso, l'ultima volta, e alle parole con cui lo aveva lasciato. Non mi sognare troppo, bomber.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 16 ⏰

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Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora