29. Gli scontri generano le più luminose delle crepe

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Sospirò impercettibilmente quando si ritrovò a guardare di fronte a sé, le porte chiuse dell'ascensore. Il ronzio mentre saliva alimentava la stretta allo stomaco che Dušan sentiva da quando era entrato nel palazzo. Da quando aveva chiuso l'auto, e si era avviato verso l'interno. Quando aveva rimirato sé stesso in quello specchio, che in quel momento era alle sue spalle, e si era rivisto con le occhiaie e i capelli ancora umidi dalla doccia. Con lo sguardo perso che aveva sempre in quelle giornate afose e soffocanti. Piene di pensieri e piene di angoscia. Per una stagione senza certezze, per un salto che doveva compiere senza essere pronto fisicamente.

E soprattutto per le emozioni nel suo corpo che sembravano logorarlo più di quanto già fosse. Il batticuore ogni volta che lanciava uno sguardo all'interno otto. Il fastidio al petto quando andava su quella chat e si rendeva conto che Marzia avesse visualizzato ogni singolo messaggio. Letto tutte quelle parole. Sembrava essersi volatilizzata completamente in quella settimana, impalpabile e sfuggevole come uno spirito. Che ormai albergava soltanto la sua mente, senza riscontri reali. Che ormai gli infestava il corpo, perché Dušan ricordava la consistenza di ogni bacio, la delicatezza di tutte le carezze.

Sospirò sonoramente, quando le porte gli si aprirono di fronte, e fu costretto a uscire dall'ascensore per affrontare ancora la realtà. Un passo e atterrò sul pianerottolo, e il primo sguardo, come sempre, fu per la sua sinistra. Fu per Marzia. Ma lei non c'era, restava solo la risata dell'entità che popolava la sua mente, che aveva le sembianze della sua ragazza, modellata sui ricordi. Ma non aveva la prontezza delle sue risposte, o la rapida mutevolezza delle sue espressioni.

Era solo una copia e, per quanto potesse essere piacevole rivangare quelle memorie per sentirla vicino, Dušan sapeva che non avrebbe potuto mai neanche competere con la Marzia reale. Quella di cui sentiva la pelle fremere quando l'accarezzava, e che stringeva tra le dita il suo ciondolo quando era tesa e tentennante. La ragazza che aveva imparato a conoscere tra una ribattuta arguta e un azzurro sguardo deciso, proprio dove si nascondevano le carezze gentili e le rassicurazioni dolci. E tra manifesto e celato Dušan era caduto, beandosi di tutte quelle sfaccettature, assecondando i suoi cambi d'umore e le sferzate di ironia che spesso tentavano di occultare emozioni prorompenti e nuove.

Non avrebbe dovuto sostare nel bel mezzo del pianerottolo con lo zaino in spalla e le dita a tormentare l'orlo di quella t-shirt bianca che indossava; e soprattutto, non avrebbe dovuto farlo rivolto verso l'interno otto, a soltanto due passi dal campanello.

Ma la sua mente gli giocò l'ennesimo degli scherzi, quando Dušan chiuse per un secondo gli occhi e gli si parò davanti Marzia, com'era stata seduta su un letto estraneo, ginocchia contro ginocchia, e sullo sfondo le luci del Colosseo. Quando lo aveva guardato dritto negli occhi, con le guance rosse e le labbra tremanti, prima di pronunciare quelle parole. Ciò che gli rimbombò in testa mentre compiva un passo verso di lei, mentre si avvicinava a quella porta. È il potere di non farti mai volere male, neanche quando dovrei davvero.

Ricordò la carezza sulla sua mano, il tremore che aveva sentito pervaderla non appena l'aveva toccata, come se una scarica di brividi le avesse acceso ogni terminazione nervosa. E rammentò anche lo sguardo basso, caduta nei suoi pensieri, quando le aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andasse.

Nitido nel suo petto si ripropose il dolore sordo, il tepore familiare, che erano nati dalle parole successive di Marzia, quando l'aveva vista accennare un'occhiata verso di lui, aprire le labbra in un sorriso conscio, e lasciare che le sue orecchie potessero sentire quella voce esitante dipanarsi in parole certe, in un'affermazione che lo aveva lasciato con il cuore pieno e uno strano friccicorio alle dita. Nulla... sto bene, adesso.

Un altro passo gli fecero compiere quelle parole, e fu in un secondo che rammentò lo sguardo dolce della sua ragazza pochi secondi dopo quell'affermazione, quando si erano lanciati in discorsi sul passato, quando le aveva fatto capire quanto straordinaria fosse la sua presenza in una vita già fuori dalla normalità di suo. Fu la rincorsa a quello stesso sguardo, fu la eco di quelle affermazioni nella mente, fu il sorriso di Marzia che gli si apriva davanti agli occhi, ogni volta che li chiudeva, che gli fece premere il campanello. E il trillo si propagò per tutto il pianerottolo, fino a un altro cuore.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora