18.2. ...e le promesse dell'altra

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Quando il maître di sala se ne andò, lasciandoli di nuovo da soli, Marzia si ritrovò a guardare la candela a tavola, ormai sull'orlo dello spegnimento. Alzando lo sguardo su Dušan, se lo ritrovò con il sorriso stampato in viso, i gomiti ormai sul tavolo, rimasto sgombro dopo il dolce, libero dal sottopiatto. Il maître era stato qualche minuto a parlare con loro, con Dušan in realtà. Marzia era rimasta perlopiù in silenzio, a contemplare il ragazzo di fronte a lei mentre era distratto.

"Ma quindi adesso dove andiamo?" gli chiese di getto, con l'ansia già ad attanagliarla. La cena era sorprendentemente volata, nonostante avessero attraversato uno slalom di argomentazioni, l'andirivieni della sincerità, lo stuzzicante terreno di gioco sempre presente. Quando Dušan ascoltò quelle parole si lasciò andare a una risatina, passandosi le dita tra i capelli, il tic che ancora non aveva esercitato quella sera.

"Che ti ridi?" lo riprese, e notò come non avesse fatto altro che spettinarsi: due ciocche di capelli gli erano finite sugli occhi. Marzia dovette veramente farsi forza per non sporgersi sul tavolo e prendergli il viso tra le mani.

"Sei più impaziente di me, devojčica" commentò Dušan, riconoscendo nel tono di voce di Marzia una certa irrequietezza. La stessa che lui cercava di celare dall'inizio di quella serata, da quando lei aveva aperto la porta di casa sua e se l'era trovata avanti con quel vestito, gli occhi vispi e il sorriso scarlatto.

"Volevo solo sapere" alzò le mani lei, che in realtà era stata bella che colpita dalla considerazione del ragazzo. Si sentiva costantemente osservata da lui, eppure ogni volta che lo beccava a guardarla non si trovava mai a disagio. La faceva sentire dannatamente desiderata.

"Tu dove vuoi andare?" fu la domanda sibillina di Dušan, accompagnata da un ampio e malizioso sorriso. Marzia non si lasciò irretire da quello sguardo intrigante, men che meno dai gesti plateali, che la invitavano a cedere, ad ammettere. Voglio andarmene a casa subito avrebbe volentieri risposto, se non avesse avuto a che fare con lui. Se Dušan fosse stato arrendevole, accondiscendente, pacato. Tutto quello che non era.

"Domani hai gli allenamenti" si scoprì a constatare, dando l'ultimo sorso d'acqua fresca per cercare di calmare i bollenti spiriti. Dušan non si fece scappare l'occasione di farle notare come quelle parole fossero suonate alle sue orecchie: "Era una constatazione?" Dimmi che mi vuoi e finiamola qua pensò lui; ma aveva a che fare con Marzia, che pur di non ammettere qualcosa si sarebbe fatta cavare le parole con la forza.

"Sì... non puoi fare tardi, no?" gli rispose, l'ennesima innocente domanda che lo mandò fuori controllo. Soffocò il sorriso che aveva sulle labbra, conscio che, se fossero andati avanti con quelle allusioni, a casa non ci sarebbero arrivati affatto.

"È forse una scusa per tornare a casa?" le chiese comunque, perché nonostante gli tremassero le dita al pensiero di toccarla, Dušan non riusciva a fare a meno di sentire le sue parole sibilline, di vederla animata da quella voglia di vincere, la stessa che aveva lui. La stessa che li faceva sembrare completamente andati.

"Rispondimi!" esclamò Marzia, con una verve che non aveva immaginato di far scaturire in quell'istante. E così la replica arrivò immediata, le braccia di Dušan ormai stese sul tavolo, a pochi centimetri dalle sue mani: "Non potrei, in effetti." Marzia finì per inumidirsi le labbra a quella constatazione, i suoi occhi fissi in quelli del centravanti, ormai troppo intensi per essere ignorati.

"Vuoi tornare a casa tua?" le chiese, approfittando di quel silenzio per pungerla di nuovo. Marzia sarebbe volentieri tornata tra le mura dell'interno otto, soltanto se a varcare la soglia con lei ci fosse stato anche Dušan. Meglio ancora se lo avessero fatto avvinghiati l'uno all'altra. Quanto cazzo ti piace provocarmi pensò Marzia, e quella constatazione le diede il coraggio per eguagliarlo.

Neighbourhood Romance | Dušan VlahovićDove le storie prendono vita. Scoprilo ora