Rifel'a

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Una settimana più tardi, Skye chiese a Yan di poter controllare le condizioni di Raven al posto suo. C'era una carenza sia di cibo da parte dei pazienti, sia di prede nel burrone, perciò lei doveva rimanere a occuparsi della caccia, in quanto la più abile.

Yan si propose di aiutare e di rimandare il controllo allo specchio all'indomani, ma Skye insistette affinché lui andasse.

Così si avviò da solo, sentendo lo sguardo incandescente di Xerxes pizzicargli la nuca.

Le due poverette non parevano essere migliorate. La mamma, ancora sola, rimaneva seduta sul sofà, avvolta nella coperta a leggere un nuovo libro che a malapena riusciva a tenere tra le mani; Raven invece era addormentata. Sembrava quasi morta, tanto respirava fiaccamente, e il corvo che la vigilava non migliorava il quadro...

Quando Yan uscì dalla tenda, non trovò né Yeru'a né Vow'a ad attenderlo.

Attraversò il sentiero principale dell'accampamento elfico, facendo veloci e distratti cenni di saluto alla tribù che lo salutava con allegria.

Si risvegliò soltanto quando percepì uno spostamento d'aria tra i capelli irsuti.

Si portò le mani sul capo, per scoprire sgomento che la compostezza dei ciuffi era stata disciolta da una specie di foro.

«Ti chiedo scusa!»

Un giovane elfo si avvicinò. Dimostrava vent'anni di età, dunque la sua mentalità doveva equivalere a quella di un umano sui quindici anni circa. Aveva una particolare macchia bianca sulla guancia destra, molto probabilmente corrispondente a un neo.

S'inchinò per chiedere ancora perdono, prima di recuperare la freccia conficcatasi nell'albero alle spalle di Yan. «Ti ho quasi trafitto...»

Lui ridacchiò isterico. «Fa niente!»

L'elfo gli scoccò un'occhiata interessata, poi prese a girargli intorno assiduamente, a occhi sgranati. «Hai un fisico robusto. Vow'a ci ha raccontato che una volta eri un cavaliere.»

«Soltanto un apprendista.»

«Beh, conoscerai qualche mossa interessante! Ti piacerebbe mostrarci come combattono gli esseri umani? Noi potremmo insegnarti qualche trucco elfico!»

Nonostante il brivido di eccitazione, Yan alzò lo sguardo per intercettare la luce del sole: era metà pomeriggio, se fosse riuscito a tornare presto al burrone, si sarebbe potuto fermare ad aiutare gli amici nella caccia.

«Magari un'altra volta» dichiarò educatamente, cercando d'ignorare l'espressione delusa dell'elfo e la propria fitta di rimpianto. «Mi spiace, ma devo cacciare.»

«Oh, giusto, l'inverno è molto duro per voi umani. Noi elfi del freddo invece riusciamo ad accontentarci anche delle radici e della neve, da cui traiamo nutrimento.»

«Sì, noi purtroppo non ci riusciamo. Dobbiamo mantenerci in forze con la carne.»

L'elfo gli balzò accanto. «Permettimi di accompagnarti per un breve tratto. È il minimo, dopo averti quasi trafitto la fronte. Piacere di conoscerti, mi chiamo Rifel'a.»

«Sono Yan, piacere. Il tuo nome finisce con la "a" dopo l'apostrofo, significa che sei imparentato con Vow'a e Yeru'a, giusto?»

«Esatto! Sono il secondogenito di Yeru'a. Perdona la domanda, umano, ma perché tu hai soltanto un nome? Credevo che quelli della tua razza possedessero almeno due nomi separati.»

«Stai parlando del cognome, che si tramanda nelle famiglie di padre in figlio. Ma io l'ho perduto quando mio padre mi ha disconoscouto.»

«Mi spiace. Immagino sia una delle conseguenze della tua malattia.»

I Flagelli: TradimentoWhere stories live. Discover now