Capitolo venti

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Quel giorno avevo in programma di passare il confine, superare il vigneto di quel nobile scontroso dai capelli rossi e finalmente sarei arrivato a Mondstadt.
Sarei dovuto essere felice, immagino; il mio viaggio era a buon punto e presto avrei potuto riposare in una bella stanza in hotel, uscire e bere una birra mentre qualcuno cantava, e invece... no. Lungo la strada per i Cancelli di Roccia, stringendo la mano di Xiao mentre risalivamo verso nord, fui triste come non lo ero stato da un bel po' di tempo. 
Dubito che lui ci fece caso, o se sì non chiese e non fece nulla per darlo a vedere. Fu un argomento intoccato, lasciato lindo e cristallino, rilegato a me ed ai miei stati d'animo.
Non che fossi col morale a terra, naturalmente; l'avrei rivisto presto. Nonostante ciò, la sola idea di salutarlo, seppur temporaneamente, mi spezzava il cuore.

Ad un punto, quasi per caso, il passo di Xiao rallentò fino ad arrestarsi di botto. Si fermò a caso, in mezzo al nulla e per nessun motivo.
<<Scusa un attimo>> mormorò, lasciandomi la mano e mettendola sulla lancia. La sfilò da dietro la schiena con molta precisione ma in un solo istante; se l'avessi fatto io, mi sarei mozzato un braccio solo provandoci al rallentatore. La lama gli percorse con eleganza la lunghezza del braccio fino al gomito senza ferirlo, tanto vicino alla pelle da farmi temere per lui mentre questa roteava per aria.
Ma no, era troppo abile, troppo abituato a compiere quel gesto per lasciarsi ferire dalla sua stessa arma.
Doveva essere un gesto naturalismo per lui da più di quanto potessi immaginare, e non l'avrebbe sbagliato mai più nemmeno una volta, nemmeno ad occhi chiusi. Di fatti, a ben pensarci, lo fece senza guardare cosa stesse facendo. 

Il suo sguardo era puntato ben più lontano di dove il mio potesse giungere, verso un punto non specificato della campagna; io, infatti, non ci vidi niente, neanche un puntino in movimento che indicasse qualunque cosa potenzialmente interessante.
<<Devo andare lì>> mi disse, indicando quel posto con la punta della lancia. <<Aspettami>>
<<Per..?>> chiesi, non capendone il senso. <<Che hai da fare, là?>>
<<Uccidere>> rispose, secco.
Non so da dove, Xiao tirò fuori una maschera da demone -da yaksha, per l'appunto-, se la mise in viso e mi ordinò di restare lì.
<<Non vuoi una mano? O meglio, posso aiutare?>> chiesi, affatto intenzionato a lasciarlo andate solo ovunque ci fosse una traccia di pericolo.
Sapevo non gli servisse, che non avesse bisogno di me specialmente in battaglia, ma... non potevo lasciarlo andare e basta.
<<No, ma non è per te>> disse. <<Non voglio che tu ti faccia male>>
<<Non succederà, so combattere>>
Fu inutile: prima che finissi di pronunciare quella frase lui si era già spostato, lontano, veloce, senza sentire storie.
Non lo vidi sparire; mi accorsi della sua lontananza solo quando non fu più là vicino a me. Si teletrasportò istantaneamente dopo avermi detto no, svanendo nell'aria con cui combatteva.

Rimasi lì nel bel mezzo della strada, impalato ed in parte offeso dal suo comportamento. Sapevo che lui, per lavoro, dovesse far fuori un sacco di esseri corrotti e che ciò faceva anche parte del suo contratto con il karma, e sapevo anche che fosse abituato a far tutto da solo, ma essere lasciato lì senza nessuna compagnia, senza quasi idea di dove fossi o quanto mancasse alla mia meta, che fossero pochi secondi o ore intere, mi aveva disturbato.
Ci rimasi male non solo per questo; avrei voluto aiutarlo, anche solo portandogli l'acqua. Era certo che il suo potere era temuto dagli stessi dei, ed il mio a confronto doveva valer quasi meno del peto di una zanzara, però...
Sospirai.
Mi spostai dalla strada, posizionandomi in un angolo di terreno libero sotto il fianco roccioso della montagna alle mie spalle. Mi ci sedetti scocciato come un bambino messo in punizione dalla maestra, lo zaino accanto e le gambe incrociate, la faccia appoggiata capricciosa sul palmo di una mano.

Da dov'ero stato mollato, di Xiao in battaglia non si vide nulla né si udì un singolo suono, urlo o botta che fosse.
Attesi, girandomi un po' i pollici ed un po' le pagine di un libro che avevo portato da casa, già letto in mare fra un pasto e l'altro, mentre Kazuha dormiva o era troppo fatto per averci a che fare.
Mentre attesi, dalla strada non passò un'anima soltanto. Solo qualche uccellino molto piccolo, qualcuno dal colorito azzurrino e qualcuno giallo, e una sorta di cucciolo di cinghiale che sembrava essersi perso il branco lungo il percorso.
Mi fece pena, tantissima; provai ad avvicinarlo e vedere se accettasse un pezzo di una di quelle mele raccolte a colazione il giorno prima. Tuttavia, appena tesi una mano verso di lui, il cinghialetto scappò e mi lasciò totalmente solo con me stesso.
Non passò null'altro per i successivi minuti sino al ritorno di Xiao. 

In sincerità, non posso dire l'opposto o sarebbe un'inutile cattiveria, lo yaksha fu di ritorno in meno di un quarto d'ora dalla partenza. Mi riferì di aver sterminato un piccolo branco di esseri corrotti, ma lo ascoltai a mala pena.
Questa volta percepì il mio malessere. <<Ho fatto qualcosa di sbagliato?>> mi chiese infatti, quando, ripresa la camminata, rifiutai casualmente di stringergli la mano.
Scossi la testa. <<No>> dichiarai, guardando dall'altra parte.
<<No?>> domandò lui, dubbioso fino all'osso.
<<...>> rimasi in silenzio.
<<Sì, vero?>> intuì allora. <<Che cosa?>>
Aggrottai le sopracciglia, non capacitandomi di ce non ci arrivasse con le sue millenarie capacità mentali e conoscenze varie. <<Te ne sei andato>> risposi con sincerità. <<Io volevo aiutarti>>
Spalancò gli occhi ed impallidì lievemente, realizzando. <<Non potevo portarti>> disse. <<Potevi morire>>
<<Esagerato..!>>
<<La sola onda d'urto del miei affondi basta per uccidere un umano>> spiegò. <<Ti saresti ferito>>
<<Ah>> feci, scioccato. <<Ma gravemente o..?>>
Annuì. <<Presumibilmente sì>>
Magicamente, la mia arrabbiatura mutò in pura e sincera gratitudine. <<E allora>> ripresi, volendo ora invece ringraziare lui e qualche altro dio per avermi concesso ancora un po' di tempo da vivere, <<non te lo chiederò più. Grazie, mannaggia alla miseria>>
Tese di nuovo la mano per farsela stringere, e questa volta non vi rinunciai. La afferrai al volo con entrambe le mie, la portai più vicina al viso e con tutta la tranquillità faccia tosta che avevo gli mollati un bacino di scuse sulle dita. <<Mi spiace se ho fatto un po' il bambino>> dissi. <<Ora che lo so non te lo dirò più, ovviamente>>
<<Sei un bambino, non lo fai>> convenne.
<<NON È VERO!>> sbottai, divenni lievemente rosso in viso e lui parve esserne divertito. Non rise ma tese la labbra, compiaciuto.
E ricominciamo a camminare, la mano bella stretta, e lui che ogni tanto andava a sfiorarsi con le dita quell'angolo di pelle che avevo baciato prima. Finsi di non accorgermene, ma in realtà lo vidi alla perfezione: successe almeno cinque o sei volte.
E così, fluttuando nel nostro generale buon umore, giunsi all'ultima tappa in territorio di Liyue; quella gola stretta fra due montagne apparve poco a poco davanti a noi in tutta la sua bellezza. Pareti di roccia altissime, una piccola strettoia in centro e quel piccolo laghetto a segnare il confine con Mondstadt.
Strinsi più forte la sua mano. <<Siamo arrivati>> osservai.
Era giunto il momento di salutarsi dissi, ed un filo di vento freddo si infilò fra i nostri capelli.

Il Sapore Di Un SognoWhere stories live. Discover now