Uno

859 23 2
                                    

Quando arrivo alla scuola è già buio e mi sembra di essere in una favola. 
Appena scesa dal treno, ho già intravisto l'esterno: un immenso castello dall'immagine fiabesca con molte torri e torrette. Appollaiato in cima a un'alta montagna, con le finestre illuminate che brillano contro il cielo pieno di stelle. Maestoso e vissuto, mi trasmette sicurezza. 

Ho trovato uno strano tipo ad accogliermi, che si è subito accorto del mio accento francese. 
«Vieni dalla Beauxbatons?» mi ha chiesto. 
Ho annuito sorridendo. 
L'ho visto perso nei suoi pensieri per un po' e ha addirittura rallentato il passo tutto d'un tratto. Non ho fatto domande e mi sono limitata a guardarmi intorno, ammaliata da quella meraviglia. 
Si è anche offerto di portare i miei bagagli per me, ma ho declinato affermando che non sono particolarmente pesanti: una bugia, visto che gli ho riempiti di libri. 

Quando arriviamo all'ingresso, un altro strano tizio ci apre e, una volta dentro, sento un rumore assordante provenire dalla sala lì accanto. 
Sono le sette, forse gli studenti stanno cenando. 

Passiamo davanti ad una grande porta e faccio per superarla, ma il primo tizio strano mi dice di fermarmi, e lo ascolto. 

Improvvisamente si sente un silenzio quasi fastidioso, accompagnato da una voce femminile che dice parole che non riesco a distinguere. 

Facendomi sobbalzare, l'entrata inizia a spalancarsi. 

Sgrano gli occhi. 
Decisamente non pronta per un'entrata di scena. 
Non ho tempo di pensarci che l'omone al mio fianco mi accompagna all'interno. Mi fa sfilare in mezzo alle lunghe tavolate e sento gli occhi di tutti su di me. 
Inizio ad agitarmi e a sudare, ma fortunatamente Hagrid (così ha detto di chiamarsi) è al mio fianco. Ci pensa lui a sorridere e a salutare gli studenti al posto mio. 

Arrivo dinanzi alla preside, una donna molto composta, che mi fa cenno di accomodarmi su uno sgabello lì di fronte. 
Mi siedo e un'altra donna, che tiene in mano un cappello da strega, mi sorride. 

Il cuore mi batte all'impazzata, sento qualcuno che parla ma non capisco ciò che dice, non riesco a sopportare l'idea di essere lì, davanti a tutti. 
La mia gamba sembra una molla che fa su e giù ad una velocità impressionante. 
Cerco di scacciare i brutti pensieri analizzando l'ambiente: ci sono degli spiriti che vagano qua e là tra quattro lunghe tavolate. È ben illuminata con delle candele che pendono da delle arcate molto alte. Le pareti, oltre ad un grande camino posto a metà del muro di sinistra, presentano delle statue che sostengono altri luminari. Il pavimento è chiaro, sembra freddo, e per il soffitto è stato usato un incantesimo che lo faccia apparire come un cielo stellato. 

Dal niente, sento applausi ed urla. Sbatto varie volte le palpebre e la donna al mio fianco continua a sorridere. 
Le persone del terzo tavolo a partire da destra si alzano e applaudono. 

Capisco che è arrivato il momento di andare da loro quando non percepisco più il peso del cappello sulla mia testa. 
A passi lenti e poco decisi mi avvio verso di loro e cerco di sforzare un sorriso. 
Vedo una schiera di capelli rossi e vari ragazzi guardarmi eccitati. 
Non capisco il perché di tutta quella felicità ma riescono, in qualche modo, a trasmetterla anche a me, e finalmente mi esce un sorriso non finto. 

Mi presento e stringo varie mani. 
Solo un nome mi scuote dallo stato di trance in cui mi trovo dal momento in cui sono entrata. 

«Harry Potter» si presenta e rimango ammutolita. 
Colui che aveva ucciso il grande Signore Oscuro, il prescelto. Era diventato una star anche nel mondo magico francese negli ultimi tempi. 
Mi stupisce il fatto che sia ancora a scuola, sembrava più vecchio dalle foto nei giornali. 

Finalmente l'entusiasmo finisce e si siedono tutti, compresa me. 

Mi compare davanti un piatto colmo di cibo, che so già non riuscirò a finire. 

Un altro ragazzo, Ron mi pare, inizia a parlarmi. 
«Mia madre è una grande fan di tuo padre, ha letto tutti i suoi libri, era una brava persona» bofonchia con ancora del cibo in bocca. 
Mi blocco di scatto e lo guardo mentre, con tranquillità, afferra il bicchiere e se lo porta alla bocca per deglutire i tre chili di pollo che deve ancora finire di masticare. 
Una ragazza al suo fianco gli tira una gomitata nel fianco e lo fa quasi soffocare con l'acqua. 

Mi guardo intorno, smarrita. Non so come faccia a sapere chi sono o chi fosse mio padre, non ho il mio cognome scritto in fronte, ma forse la preside mi aveva preannunciato. 

«Mi dispiace» sussurra, imbarazzato, dopo essere stato insultato dalla ragazza. 
«Tranquillo» rispondo solamente. 

Mi è passata la fame. 

...

Mi ritrovo in stanza con la ragazza di prima, che scopro chiamarsi Hermione ed essere molto simpatica. 

Mi sbrigo a disfare i bagagli, visto che odio avere la valigia piena. 
Apro il trolley e inizio togliendo uno ad uno tutto i libri che avevo portato: un po' di classici babbani, come Orgoglio e pregiudizio, Cime Tempestose e Il ritratto di Dorian Gray. Anche qualche romance e un po' dei libri di mio padre.
Mi pento immediatamente di non aver portato anche Anna Karenina appena non lo vedo nella pila che ho costruito accanto al mio letto. 

«Ti piace leggere?» mi domanda Hermione osservandomi. 
Annuisco lentamente, passando un dito sopra uno dei libri trovati nello studio di mio padre. 
«Mi dispiace per prima» continua avvicinandosi «Ron a volte non sa quello che dice, però ti assicuro che non lo ha detto per ferirti» difende quello che ho intuito essere il suo fidanzato. 

Appoggio a terra il libro che tengo in mano accanto a me. 
«State insieme?» la guardo
Lei arrossisce e capisco che si tratta di una risposta affermativa.
«Ti piace proprio tanto, si capisce da come lo guardi» continuo. 
Riprendo il libro e lo sfoglio. 
«Mai letto?» glielo mostro. 
Fa cenno di sì con la testa. Si siede a terra con me e analizza un po' dei libri che ho portato. 

«Questo qui non l'ho mai letto» dice indicando Cime Tempestose
La guardo, sono scioccata. 
«E come hai fatto a vivere fino ad ora» rido. 
Sorride insieme a me. 
«Tieni» lo sfilo dalla pila e glielo porgo. 
«Non c'è bisogno, grazie, credo ce l'abbiano in biblioteca» 
«Oh non penso proprio, è babbano» preciso. 
La vedo inclinare leggermente il capo e sorridere nuovamente.
«Va bene, grazie mille, ti farò sapere che ne penso» afferma prendendolo. 
Si alza e lo appoggia sul suo comodino. 

Si avvia verso la porta e prima di uscire mi chiede se voglio unirmi a lei e ai suoi amici ma declino, devo ancora finire di svuotare la valigia. 

Deglutisco e ritorno con lo sguardo sui libri di mio padre. Prendo il mio preferito tra tutti quelli che abbia mai scritto: Una notte a Notre-Dame
Ricordo ancora quando lo stava scrivendo, circa una decina di anni fa. 
Credo di averlo letto almeno cinque volte. 
Una sensazione ormai familiare mi assale il petto e provoca un forte bruciore agli occhi e al naso. Stringo la mascella e porto una mano sotto le narici per trattenere il pianto. 
Per evitare di sciogliere il trucco, inizio a pensare ad altro, come per esempio a sistemare tutti i miei prodotti in bagno. 
Mi alzo e mi avvio verso esso, portando con me la mia trousse. Posiziono il mio shampoo e balsamo alla vaniglia nella doccia, il mio spazzolino nel contenitore apposito, tutte le mie creme, gli elastici e cose simili nell'armadietto collegato allo specchio. 
Mi assicuro di dividere con precisione i miei prodotti da quelli di Hermione per evitare confusione. 

Quando ho finito ritorno in camera e controllo che non sia rimasto nulla nel trolley, per poi infilarlo sotto il letto. 
Resta solo da recuperare il violino, quindi lo tolgo dalla custodia e lo appoggio a terra sopra l'apposito cavalletto. 
Mi siedo di fronte ad esso e lo osservo. 
Mi torna in mente mio padre, e riecco quella brutta sensazione. 




Twisted Hearts || Mattheo Riddle ||Where stories live. Discover now