Cinque

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«Un diario, Riddle? Davvero?»

Una delle conseguenze delle sue azioni, oltre alla vittoria dei grifondoro, è stata una punizione, aggravata dal fatto che io debba scontare la mia pena con Riddle. 
La punizione sarebbe quella di aiutare Madama Chips per due pomeriggi di fila in infermeria. 
Io sono qui che gironzolo, arrotolando qualche benda e che sistemo qualche cassetto, ma non c'è molto da fare, visto la mania dell'ordine di Poppy, così ci ha detto di chiamarla quando ci ha accolti. 

Riddle invece è steso su un lettino (non perché si sia fatto male, è solo uno scansafatiche) che scrive su un quadernetto di pelle nera. 

Lui allarga le braccia guardandomi. 

«Cosa ci fai? Ci scrivi i sogni che fai la notte?» continuo sistemando dei dischetti di cotone. 
«Ah no, aspetta, è lì che appunti tutte le tue fantastiche battute da sciupafemmine» tiro a indovinare. 
«Oppure lo usi tipo, che so, per descrivere mondi incantati con unicorni e arcobaleni»

Ora mi sta osservando con insistenza, offeso. 

«Sai che non sei per niente simpatica» mi ammonisce. 
Sbuffo. 
«Detto da te potrei anche considerarlo un complimento»

Seguono degli attimi di silenzio. 
Ora gli unici suoni che occupano la stanza sono i nostri respiri.

Non è da me portare rancore, ma senza difficoltà riesco ad immaginare le sue mani sporche del sangue di mio padre. 
Chi me lo assicura che lui non era lì? 
Che non sappia chi sia stato? 
O peggio, che non sia stato lui ad ucciderlo. 

Madama Chips non è qui. 
Potrei finirlo ora una volta per tutte, ma devo avere dei chiarimenti. 

«Cosa sai della morte di mio padre?» gli chiedo, non guardandolo negli occhi.

Il suo respiro cessa, e mi domando se non abbia fatto un infarto. Quasi spero di no, poi dovrei fare da testimone. 
A seguire, le molle del letto in cui era steso che cigolano, le quali mi vanno ad indicare che si è alzato. 
Continuo a giocherellare con una benda per evitare di fronteggiarlo. 
Lo sento camminare, e mi chiedo se stia venendo verso di me. 

«Nulla» risponde secco. 

Inevitabilmente, mi sfugge un sospiro di sollievo. Non so perché, potrebbe tranquillamente starmi raccontando una balla, ma gli credo, infondo sembrava molto sincero, per quanto sinceri si possa suonare con una parola. 

«Ma ero lì» 
Ecco, ora ha la mia attenzione. 

«Eri lì?». 
Mio padre è stato ucciso nel suo ufficio, nella nostra casa in Francia, mentre io ed Ivy eravamo a scuola.
È successo un anno fa; era inverno, faceva freddo, e quando è stato ritrovato la sua pelle era blu a causa del gelo entrato in casa per colpa di una finestra lasciata aperta dall'assassino. 
Era un omicidio di origine magica, si poteva capire dai segni lasciati sulla pelle, generati da uno dei tre incantesimi impronunciabili. 

In seguito alla sua morte ci siamo trasferite in Inghilterra, per dimenticare. 
Per scordarci di tutto, di lui, di chi eravamo, di chi siamo. 
La mia discesa con la musica è iniziata dopo la sua scomparsa. Non riuscivo più a suonare senza pensare a lui. Il violino me lo aveva regalato lui per il mio sedicesimo compleanno, gli spartiti che preferisco sono i suoi, tutto mi rimanda a lui. 
Era insostenibile.
È insostenibile. 

«Sì»
A riportarmi alla realtà è la voce di Riddle. 
«Perché?» mi sorge spontanea la domanda. 
«Non sono cazzi tuoi, francesina». 

Solo ora alzo lo sguardo verso di lui e non riesco a fare a meno di guardarlo con disprezzo. 
«Sei un cazzo di mostro» lo accuso, lasciando cadere la benda che tenevo in mano.

Lui abbassa lo sguardo, alzando leggermente le spalle.
«Non ti rendi conto? Hai rovinato la vita di decine di persone»  
Deglutisce. 
Ora gli occhi mi bruciano e quella sensazione ritorna in me. 
Le ginocchia mi tremano e ho bisogno di appoggiarmi al tavolo che ho di fronte per sostenere il peso di quella conversazione. 

«Te lo ripeto un'ultima volta, non-sono-cazzi-tuoi» mi scruta con uno sguardo gelido. 

Avanzo.
Ora lo sto fronteggiando con un palmo che separa i nostri visi. 
«E a me dovrebbe interessare quello che dici tu?» lo schernisco. 
«Sì, se non vuoi brutte, bruttissime, conseguenze» 

Dovrei aver paura?
Fa per voltarsi ma lo seguo. 

«Cosa si prova?» chiedo. 
Lui mi guarda come se non sapesse ciò a cui mi sto riferendo. 
«A uccidere» sussurro, ovvia. «Pentimento?» ipotizzo «Rimpianto? Oppure, piacere?» vado avanti «Sembri il tipo, sai»
«Che cosa?» ora è lui che parla con voce sommessa. 
«Che uccide per il gusto di farlo»

L'ho sparata grossa, e lo so. 

Fa un passo verso di me e incastra una gamba in mezzo ai miei piedi. 
Io, di riflesso, arretro. 

«Tu non sai un cazzo di me» ringhia. 
Come ho fatto l'ultima volta che i nostri volti si trovavano così vicini, soffio, per spostargli un ciuffo dagli occhi. 
Ora, scosso, sta quasi sorridendo. 
«Non lo fare» intima. 
«Te ne pentirai, francesina» 

Mattheo's Pov

Alla fine la mia lingua la parla, ma avrei preferito che non lo facesse. 




Twisted Hearts || Mattheo Riddle ||Where stories live. Discover now