Trentuno

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Perché menti, Maurice?

Ho creato una tabella, mentalmente. Più versioni della stessa tabella, in realtà, e in ognuna di esse c'era qualcosa che non quadrava e quel qualcosa era Smith. 
Un elemento che attira la mia attenzione è Connor Johansson, l'agente che ha indagato sulla morte di mio padre. 
Ieri ho fatto una cosa che forse non avrei dovuto fare: ho strappato la pagina di Connor e l'ho tenuta. L'avrò riletta una ventina di volte, chiedendomi se quel difetto della bacchetta di cui parlano sia quel difetto della bacchetta. 
Nonostante io sia abbastanza sicura che le mie congetture siano esatte, ho bisogno di confermarlo e l'unico modo è quello di ottenere il fascicolo sul caso di mio padre. Devo quindi chiedere ad Hermione di scrivere ai suoi 'agganci'. 

«Herm» la chiamo, cercando di produrre un suono abbastanza forte da viaggiare la distanza dal mio letto alla scrivania «ripensandoci, puoi scrivere comunque ai tuoi 'agganci'? Vorrei proprio vedere cosa hanno scritto nel fascicolo di mio padre». 
«L'ho già fatto» risponde «mi hanno anche risposto e mi hanno detto di andare lì appena possiamo per consultare alcuni documenti» 
«Ah, grazie...perché non me l'hai detto subito?» 
«Beh...pensavo fosse scontato che gli avrei scritto e la risposta è letteralmente appena arrivata, perciò...» mi mostra una busta aperta. 
«Ottimo» mi alzo dal letto. 
«Dove credi di andare?» domanda Hermione. 
«Al ministero, ovviamente» 
«Non ci penso nemmeno, dobbiamo studiare per gli esami finali e-» la zittisco con un cenno di mano. 
«Hermione» inizio prendendola e facendola alzare dalla sedia «sei la studentessa più brillante che Hogwarts abbia mai avuto e ti preoccupi degli esami che sono tra più di due mesi?»  

Con queste parole l'ho convinta, quindi ora mi sto mettendo il cappotto e la sciarpa, quasi dimenticando di portare con me la foto dell'agente Johansson. 

«Perché te la porti dietro?» chiede Hermione riferendosi alla pagina che sto accartocciando e mettendo in tasca. 
«Non si sa mai» 

Prendo la mano di Hermione e ci smaterializziamo proprio al centro di una grande folla . L'atmosfera è tetra e i colori sono troppo più scuri di quello che dovrebbero essere (non erano finiti i tempi bui?). Ad ogni modo, il via vai di persone non ti permette di concentrarti troppo sull'ambiente circostante -qualcuno potrebbe sempre venirti addosso-. E lo imparo a mie spese, beccandomi qualche spallata molto dolorosa. 
Hermione parte a passo spedito e costringo le mie gambe di muoversi più velocemente di quello che farebbero normalmente, per raggiungerla. 

Si ferma ad un ascensore e lascia entrare me per prima, guardandosi intorno prima di infilarsi in quello spazio angusto a sua volta. 
Appena quel marchingegno parte, il pranzo per poco non esce dal buco sbagliato. Mi aggrappo con forza alla maniglia che si trova in alto per evitare di essere sballottata. 
Quasi mi slogo una caviglia quando questo ferrame si ferma. 
Le porte si aprono ed Hermione esce, seguita da me. 

«Cristo» impreco. Mi gira la testa. 
«Prima o poi ti ci abituerai» continua rapida Hermione. 
«Sì, beh...spero di non dover tornare in questo poso molto spesso»

Ci avviamo verso un corridoio di mattonelle nere. Non capisco questa scelta di colori, così poco buongusto...

Arriviamo dinnanzi una porta in legno, pare di quercia, con una targhetta: 'Morris'. 
La mano di Hermione si chiude a pugno e batte uno, due, tre colpi prima di abbassarsi di nuovo. 

«E questo chi è?» domando indicando il nome sulla porta. 
«Il mio aggancio» risponde prima che la porta si apra. 

Apparentemente nello studio non c'è nessuno. 
La stanza è tutta bianca, e non scherzo. È tutto bianco: pareti, soffitto, pavimento e persino l'unico tappeto della stanza. Non ci sono finestre, ma comunque si respira un'aria fresca e pulita. La scrivania e le sedie sono di un design molto minimal, sembrano quasi fatte di plastica da quanto paiono sottili e leggere. 

Twisted Hearts || Mattheo Riddle ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora