Capitolo 5

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Seth

Stavo scoprendo a mie spese che forse la dose ingerita da Nyxlie, anche se diluita, era stata troppo per il suo corpo minuto. L'aveva mandata ko in pochissimo tempo, diventando un peso morto tra le mie braccia. Avendo terminato le prove, e non potendo lasciarla in quella casa con gli altri, mi preoccupai di riportarla a casa.

Il breve tragitto in macchina fu silenzioso e atipico, per me. Non mi ero mai girato così tante volte per osservare una ragazza dormire nel sedile passeggero, ma qualcosa mi aveva spinto a farlo. Forse era colpa delle labbra piene e ben disegnate che avrebbero attirato l'attenzione anche ad un cieco.

Quando la tirai giù dalla macchina, la buttai come un sacco di patate sulla spalla e cinsi le sue cosce con un braccio. Nyxlie si teneva sicuramente in forma -le sue curve parlavano una lingua che nel profondo avrei voluto conoscere- ma rispetto a me rimaneva comunque una piuma che potevo ribaltare come volevo.

Ero riuscito ad entrare nel palazzo solo perchè un ragazzo stava uscendo. Gli avevo sorriso facendo finta di non avere una ragazza semi incosciente sulla spalla, ma lui lo aveva notato lo stesso. "Oggi ha alzato un po' troppo il gomito," avevo detto, sperando mi credesse e non chiamasse la polizia. Sapevo che sarebbe potuta sembrare una scena brutta. Poi, avevo approfittato della sua presenza per chiedergli in quale piano abitassero Nyxlie e le sue compagne, per fortuna le conosceva e seppe rispondermi altrimenti avrei dovuto fare tutti i piani come un coglione, suonando ad ogni porta.

Arrivato sul piano, mi abbassai e la lasciai cadere lentamente contro al muro. Il suo corpo si piegò su se stesso e le afferrai una spalla per tenerla bloccata contro la parete. Le sistemai i capelli, scoprendole il viso rilassato, e osservai le sue labbra piene e socchiuse mentre dormiva profondamente. Non volevo suonare il campanello. Sarebbe stato troppo complicato da spiegare alle sue coinquiline. Doveva svegliarsi.

«Nyxlie...» Le punzecchiai le guance. «Mi serve il codice della stanza.» Sussurrai.

Niente.

«Blake, andiamo.» Sospirai. «Non era così forte il drink.»

Toccai ancora le guance. Ad un certo punto arricciò il naso e mugugnò qualcosa.

«Brava. Svegliati, Peach. Mi serve il codice dell'appartamento.»

«S-Seth?» Borbottò sottovoce, ma aveva sempre gli occhi chiusi.

«Si.» Dissi. «Dobbiamo entrare nell'appartamento.»

«Mh, di chi?» Chiese, strizzando gli occhi.

Ridacchiai. «Il tuo, Principessa. Andiamo, svegliati.»

Mi ritrovai a strofinare il pollice sulla sua guancia e pian piano sbattè le palpebre. Quelle sfere di cristallo mi fissarono confuse.

«4...0...935.» Disse a memoria con fare assonnato.

«Bravissima.» Mi sollevai e il secondo dopo il suo corpo scivolò di lato. Picchiò la testa sul pavimento e si lamentò. «Scusa.» Borbottai prima di digitare i numeri che aveva detto sul dispositivo.

Sentii un click e abbassai la maniglia. La porta si aprì e tirai un sospiro di sollievo. Almeno quello ero riuscito a farlo. Se non fossi riuscito a portarla in stanza, l'avrei lasciata sul divano. Bloccai la porta e poi tornai da lei. Infilai un braccio sotto alle gambe e dietro alla schiena per poi tirarmi e su.

«Destra.» Disse.

Ottimo. Entrai di schiena e poi lasciai andare la porta senza farla sbattere. Approfittai della mia presenza per osservare l'appartamento. Non era molto grande. Una cucina con un tavolo per mangiare e in fondo un divano e una televisione. Andai nel corridoio di destra e c'era solo una porta con il lucchetto a codice, la porta di fronte doveva essere il bagno.

Avenging AngelsWhere stories live. Discover now