Capitolo 26

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Quando mi ero offerta di pulire la scuderia del maneggio in cui stavo andando da settembre, non avevo controllato le previsioni del tempo. I proprietari erano momentaneamente a corto di personale e una delle ultime volte che ero andata in quella settimana per fare un giro con Stella, li avevo sentiti parlare dicendo di avere bisogno di un addetto alle pulizie per il weekend. Per me era un ottimo modo per rilassarmi e stare in compagnia di quei magnifici animali, in più mi avrebbero pagato.

Stavo pulendo l'ultima lettiera quando era scoppiato in cielo il primo tuono. Da lì il tempo non aveva fatto altro che peggiorare e io non mi ero portata dietro nemmeno un ombrello. Se fossi tornata alla fermata del bus a piedi, sicuramente mi sarei presa tutta l'acqua e alla festa di quella sera non ci sarei andata. E volevo andarci. Avrei risolto il problema con un taxi quando il telefono nella mia borsa aveva squillato e avevo fatto in tempo a rimettere nel suo box il purosangue e andare a rispondere.

«Ehi.» Mi morsi il labbro, guardando fuori dalla scuderia la pioggia che cadeva copiosa e fitta.

Era pomeriggio ma sembrava quasi sera con quel tempo.

«Le tue coinquiline hanno detto che sei al maneggio

Deglutii al suono roco della sua voce. «Dovrebbero imparare a tenere la bocca chiusa.»

«Sta diluviando

«Lo vedo.»

«Come pensi di tornare indietro?»

«Hai paura di non vedermi alla festa, Nixon?» Cantilenai.

«Effettivamente mi dispiacerebbe non vedere il tuo culo muoversi divinamente

Ruotai gli occhi. Non sapevo cosa fosse successo dopo quella sera che mi trovò sul ponte e dormimmo insieme nel suo appartamento ma qualcosa era cambiato.

«Ti vengo a prendere, Blake.» Disse. «Dimmi a che ora?»

«Se ti dico che non ce n'è bisogno?»

«Ti dico che non mi interessa

Sospirai e mi voltai, alla fine avevo terminato e dovevo solo sistemare ciò che avevo utilizzato.

«Se sei libero, puoi anche partire adesso.»

«Arrivo. Mandami la posizione esatta

Sorrisi anche se non poteva vedermi. «Grazie, Seth.»

Una volta finita la telefonata, gli mandai la posizione esatta. Dovevo sistemare i secchi e altri utensili cosi mi affrettai a recuperare davanti al box che avevo appena chiuso. Oscar, il purosangue, stava mangiando.

Presi i due secchi e mi girai. Ciò che si presentò ai miei occhi mi fece quasi venire un colpo al cuore. Il secchio mi scivolò dalle mani, sbattendo con un tonfo secco a terra. Il sangue defluì dal mio corpo. Non era possibile.

«Ciao, sorellina.»

Iniziai a sentire l'ossigeno mancare, nonostante il vento che anticipava un forte temporale entrasse da tutte le aperture della scuderia.

Non lo vedevo da tanto. Era più magro in volto, scavato, e aveva delle profondi occhiaie sotto gli occhi. Abbassò il cappuccio della felpa bagnato e notai che si fosse rasato; l'azzurro celeste dei suoi occhi spiccava con la pelle pallida. Avanzò mentre io non riuscii nemmeno a muovere un dito. Il mio cervello stava cercando di controllare la mia agitazione ma senza riuscirci.

«Ian.» Il suo nome mi scivolò con un sottile tremolio. «Come...cosa...»

Doveva essere un'allucinazione. Come poteva essere qui? Però più i secondi passavano e più mi rendevo conto che era reale. Ma vederlo davanti a me, trasandato, una leggera barba biondo scuro incolta, era qualcosa che non mi sarei aspettata di vedere. Non pensavo dicesse sul serio in quella chiamata ma evidentemente lo avevo sottovalutato, ancora una volta.

Avenging AngelsWhere stories live. Discover now