Capitolo 17

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Non capivo come potesse essere possibile ma ogni volta che entravo nella casa della confraternita mi dicevo che non potesse esserci più gente di così e puntualmente mi sbagliavo. A quanto pare tutti volevano festeggiare la fine del semestre. E lo stavano facendo con musica a palla, alcool a fiumi e l'odore di erba era decisamene più forte in casa.

Strinsi la borsetta scintillante che si abbinava alla camicia-vestito a paillette argentata che arrivava a quasi metà coscia e copriva quello che doveva coprire. I tacchi dei miei stivali evitarono una fetta di pizza schiacciata a terra mentre seguivo Phoebe e Zara che mi stava trascinando.

«Sbaglio è c'è più gente del solito?» Urlai all'orecchio di Zara mentre guardavo infastidita qualcuno che mi aveva appena spinto.

Ovviamente era uno della squadra di football. Come lo sapevo? Oltre ad avere la giacca col numero stava giocando nel corridoio con un altro idiota, lanciandosi il pallone.

«L'importante è che non sia già finita la tequila!» Urlò Phoebe.

Ridacchiai.

Per gioia di Phoebe la tequila non era finita e brindammo la fine delle settimane infernali con uno shottino proprio di quella.

«Uh! Andiamo!» Zara afferrò la mia mano e quella di Phoebe. «Questa è la nostra!»

Iniziammo già ad agitare le braccia nel corridoio, per quanto possibile, e appena arrivammo nel soggiorno affollato ci buttammo tra la mischia per scatenarci sulle note della famosa canzone di Daddy Yankee. In quei mesi avevo scoperto che Zara andasse pazza per le canzoni spagnole.

Phoebe appoggiò mollemente le braccia sulle mie spalle e le appoggiai a quelle di Zara. Iniziamo cosi ad ondeggiare a ritmo in contemporanea e urlammo insieme ad altri ragazzi solo le parole che sapevamo dire.

Il rapporto che si era creato con le ragazze in quei mesi era qualcosa che mai mi sarei aspettata. Al liceo e al primo anno di college, avevo sempre fatto fatica a legare con nuove persone soprattutto per tutti i problemi che aleggiavano sopra alla mia famiglia. Winter era stata davvero l'unica amica che avessi mai avuto, finché non ero arrivata qui. Zara e Phoebe erano due ragazze molto solari e mi avevano accolto nel loro due fin da subito, senza dare peso alle tematiche familiari passate e senza essere invasive. Avevano sicuramente reso più semplice l'adattatore in questi mesi.

«C'è qualcuno che non riesce a non guardarti!» Urlò Phoebe al mio orecchio.

Continuai a muovermi ma feci vagare gli occhi tra i vari corpi attorno a noi finché un buco tra due teste non mi fece vedere Seth seduto al divano, una lattina di birra tra le labbra e gli occhi su di me.

Poi la vista mi venne ostruita da una persona ma io continuai a cercare quell'ossidiana pura. Quando il ragazzo si spostò non lo trovai più sul divano, non lo trovai proprio.

«Posso?» Sentii chiedere alle mie spalle.

Mi voltai. Phoebe aveva uno sguardo malizioso e per niente dispiaciuto.

«Tutta tua.»

Avrei voluto fulminare la mora con un'occhiataccia ma Seth mi stava fissando parecchio divertito.

Phoebe e Zara si allontanarono, almeno ci provarono in mezzo a quella folla, e io mi ritrovai davanti il diavolo in persona con una camicia semi trasparente nera, con le maniche arrotolate fino a metà avambraccio e i tatuaggi che zampillavano famelici sul suo corpo attiravano l'attenzione peggio del suo sguardo ammaliante.

Qualcuno mi spinse e andai a sbattere contro di lui. Non sembrò dispiacerci quella piccola inconvenienza perché avvinghiò la mia vita con un braccio e io deglutii per come i miei palmi si appoggiarono sul suo addome caldo e contratto.

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