Capitolo 24

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«Si...ti prometto che ti racconterò tutto, ora--Si, te la saluto. Devo andare, ciao.» Jace inspirò a fondo mentre rimetteva in tasca il telefono.

Quella mattina ci eravamo svegliati relativamente presto poichè dovevamo andare a trovare sua zia e Jace doveva passare dalla camera dell'hotel. Lo raggiungemmo con un taxi e lui si chiuse in bagno per farsi una doccia e nel mentre io l'avevo aspettato in camera.
Al momento stavamo facendo colazione in un bar non tanto distante dalla casa in cui sua zia -che avevo scoperto si chiamasse Nancy- abitava e lo aveva invitato.

«Mia sorella ti saluta.» Mi fece sapere con fare annoiato.

Sorrisi divertita. «Grazie, ricambio il saluto.»

Jasmine era una ragazza davvero adorabile, non avevamo moltissimi anni di differenza ma l'avevo trovata sempre più in gamba di me. Era molto furba e sapevo che faceva impazzire Jace col suo carattere peperino. Non sapevo cosa sarebbe successo a lei dato che era ancora minorenne e Jace non aveva un lavoro stabile, speravo che non li allontanassero l'uno dall'altra ma non era un argomento che volevo toccare al momento. Anche se non voleva darlo troppo a vedere, era nervoso. Aveva ordinato solo un caffè e stava facendo fatica a finire anche quello. Io, invece, stavo gustando con piacere i miei waffle al cioccolato accompagnati da una spremuta.

«Andrà bene.» Dissi.

Lui guardava fuori dalla vetrata al nostro fianco con fare perso. «Non so nemmeno cosa dirle.»

«Devi solo parlare di te e di Jasmine.»

Mi lanciò un'occhiata. «Devo dirle anche quante volte mi hanno arrestato?»

Feci finta di pensarci e poi schioccai. «Quello direi di lasciarlo per il secondo incontro.»

Riuscii a strappargli un sorriso ma non fu abbastanza per farlo rilassare. Uscimmo dal bar appena terminai il mio piatto e ci incamminammo a piedi verso l'indirizzo che lei gli aveva inviato. L'aria quel giorno era fredda e nascosi mezza faccia nel colletto del cappotto e infilai le mani in tasca. Non ci scambiammo molte parole perchè Jace era perso nei suoi pensieri e non volevo disturbarlo.

Arrivammo davanti ad una villetta grigia, era in una di quelle vie tranquille, con le casette tutte vicine e uguali. Attraversammo il vialetto e ci fermammo davanti alla porta blu. Guardai Jace che fissava il campanello come se potesse esplodere da un momento all'altro. Poi, prese un profondo respiro e trovò il coraggio di suonarlo. Poco dopo la porta si aprì e comparve una donna. Aveva dei capelli castani e mossi, grandi occhi verdi e la bocca sottile schiusa per la sorpresa.

«Sei Jace, giusto?» Chiese delicata, emozionata.

Lui tossì. «Si, sono io. Lei è Nyxlie, una mia amica.»

La donna mi guardò con un sorriso cordiale che ricambiai salutandola. Ci fece entrare e subito ci avvolse un forte odore di cannella. Io e Jace ci scambiammo un'occhiata.

«Ho preparato del te e biscotti.» Disse la donna, Nancy. «Ne volete un po'?»

I suoi occhi ci scrutavano speranzosi e parlai prima che Jace potesse rifiutare. «Certo, grazie mille.»

Lei si illuminò e ci disse di accomodarci sul divano in soggiorno. Lei sparì in un piccolo corridoio andando in cucina e noi ci sedemmo sul divano. C'era un grazioso camino nella stanza e sopra ad esso anche delle cornici.

«Ehi, guarda.» Diedi una gomitata a Jace. «Ha dei figli.»

Lui guardò le foto. C'era una ragazza e un ragazzo con delle toghe che erano al fianco della donna, tutti sorridevano verso l'obiettivo.

«Non c'è il marito.» Mormorò sottovoce.

«Forse si sono separati.» Dissi piano.

«O è morto.»

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