Capitolo 33

444 45 5
                                    

Mi svegliai di soprassalto, una mano al petto per placare l'ansia improvvisa, gli occhi sgranati. Ero nella mia stanza, sdraiata sul letto, ancora vestita come la sera prima, le scarpe ancora ai piedi. La luce filtrava dalla finestra accanto al letto, tutto sembrava normale. Il telefono era sul comodino, lo afferrai e lo sbloccai, nessuno mi aveva cercato, c'erano solo alcuni messaggi di Winter di poche ore prima.

Avevo sognato?

Mi guardai i polsi, avevo ancora dei leggeri segni rossi dovuti a quei lacci di plastica. No. Non era stato un sogno.

Rimasi immobile a fissare il vuoto per dei buoni dieci minuti. La mia mente vorticava e vorticava ma andava sempre a finire su quello.

Passandomi una mano sul volto pensai di dover fare una doccia. Così, mi trascinai fuori dalla stanza ancora intontita. Il mio cervello continuava ad elaborare quanto successo.

«Ehi.»

Sussultai alla voce squillante di Zara. Ero talmente persa nei miei pensieri che non mi ero nemmeno accorta che si fosse avvicinata mentre aprivo la porta del bagno.

«Buongiorno.» Abbozzai un sorriso.

Lei mi scrutò con un cipiglio divertito. «Pensavo restassi da Seth.»

«Si, ecco io...»

«Sei tornata tardi.» Continuò. «Anzi, molto presto. Erano le cinque di mattina.»

E ora erano quasi le undici. Bene.

«Si, um, siamo stati in giro. Gli ho detto di portarmi a casa.» Mentii.

Lei ammiccò. «Siete carini insieme.»

Appena Zara mi lasciò andare, mi chiusi in bagno. Non avevo idea di come non avesse commentato la mia faccia che era oggettivamente distrutta. Avevo gli occhi gonfi per tutte le lacrime che avevo versato e le guance erano ancora incrostate.

Quando la realtà mi colpì, avvertii tutta l'ansia provata in quelle ore notturne risalire per il mio esofago. Mi inginocchiai rapidamente davanti al gabinetto e mi ritrovai a rimettere tutto ciò che avevo nel corpo dalla sera precedente.

Ero stata rapita dai Vendicatori.

Non potevo ancora crederci ma era proprio cosi. Non era stato un incubo, era successo veramente. Ero stata ingannata ed ero caduta nella loro trappola.

Mi asciugai la bocca col dorso mentre tiravo lo sciacquone e mi alzavo. Dio. Mi sentivo così scombussolata, sia mentalmente che fisicamente. Sembrava assurdo anche solo pensarlo, se l'avessi detto ad alta voce probabilmente sarei scoppiata a ridere. Nessuno mi avrebbe creduta, o forse si, ma avevo paura di cosa sarebbe successo a loro.

Mi avrebbero continuato a seguire?

Mi spogliai ed entrai in doccia con la speranza di poter rilassarmi e sentirmi un po' meglio ma ero talmente scossa che appena chiudevo gli occhi, rivivevo il tutto. Vedevo le loro maschere, sentivo il freddo della stanza in cui ero stata rinchiusa, vedevo la pistola, sentivo l'eco degli spari, le loro voci, l'ago che entrava nella mia pelle...

Non pensavo di averne ancora in corpo ma sentii quelle gocce calde bagnarmi le guance, all'inizio pensai fosse l'acqua della doccia ma quando sentii il loro sapore salato capii fossero ancora lacrime.

Mi avevano riportato in camera, oltre al mio numero di telefono sapevano i codici del mio appartamento, della mia stanza. Quante altre volte l'avevano fatto?

Avevo paura. Avevano detto che non avrebbero fatto niente a me, ma come potevo credere a quelle parole? Come potevo credere a degli psicopatici assassini?

Avenging AngelsWhere stories live. Discover now